giovedì 24 novembre 2011

...per la Chiesa "Riforma della Riforma" (anche se non la chiamano così)...Kiko invece di che Chiesa fa parte?

Vaticano, ecco la commissione anti "chiese-garage"
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/architettura-architecture-arquitectura-10121/

Sarà istituita tra breve all’interno della Congregazione per il culto. Si occuperà anche della musica e del canto per la liturgia

Un’equipe per dire basta alle chiese-garage, a quelle ardite architetture che rischiano di snaturare tanti moderni luoghi di culto cattolici. E per promuovere un canto che aiuti davvero la celebrazione della messa. Nelle prossime settimane sarà istituita presso la Congregazione del culto divino la «Commissione per l’arte e la musica sacra per la liturgia». Non un semplice ufficio, ma una vera e propria squadra che avrà il compito di collaborare con le commissioni incaricate di valutare i progetti delle nuove chiese nelle diocesi, come pure di approfondire il tema della musica e del canto che accompagnano la celebrazione.

Il cardinale Antonio Cañizares Llovera, Prefetto del culto Divino, in accordo con Benedetto XVI, considera questo lavoro come «molto urgente». La realtà è sotto gli occhi di tutti: negli ultimi decenni, la chiese sono state sostituite da costruzioni che assomigliano più a saloni multiuso. E troppo spesso gli architetti, anche quelli di grido, nelle loro realizzazioni non sono partiti da ciò che è la liturgia cattolica, finendo per realizzare costruzioni d’avanguardia, che assomigliano a tutto, tranne che a una chiesa. Cubi di cemento, scatole di vetro, forme azzardate, spazi confusi, entrando nei quali si è richiamati a tutto tranne che al senso del sacro e del mistero, dove il tabernacolo risulta seminascosto e talora richiede una vera e propria caccia al tesoro, o dove le immagini sacre sono praticamente bandite. La nuova commissione, il cui regolamento viene redatto in questi giorni, darà indicazioni precise alle diocesi, occupandosi soltanto dell’arte per la liturgia, non dell’arte sacra in generale; come pure della musica e del canto per la liturgia. E agirà i poteri giuridici della Congregazione del culto.

Com’è noto, lo scorso 27 settembre, Benedetto XVI, con il motu proprio Quaerit semper, aveva trasferito alla Rota Romana, che è il tribunale d’appello della Santa Sede, la competenza su due materie fino a questo momento trattate dalla Congregazione per il culto. La prima di queste riguarda la nullità dell’ordinazione sacerdotale che, come accade per il matrimonio, può essere nulla a causa di vizi di materia e di forma, di consenso e di intenzione, sia da parte del vescovo ordinante sia del chierico che viene ordinato prete. La seconda materia è la dispensa nei casi di matrimoni contratti ma non consumati. Pratiche che impegnavano non poco il dicastero guidato da Cañizares.

Nel motu proprio il Papa spiegava: «Nelle presenti circostanze è parso conveniente che la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti si dedichi principalmente a dare nuovo impulso alla promozione della sacra liturgia nella Chiesa, secondo il rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II a partire dalla costituzione Sacrosanctum Concilium». Il dicastero deve dunque dedicarsi «a dare nuovo impulso» alla promozione della liturgia, secondo quella centralità sulla quale Papa Ratzinger insiste, anche e soprattutto con l’esempio. Da questo punto di vista, rispetto ai progetti iniziali, sembra tramontare l’idea di una «riforma della riforma» liturgica (espressione usata dallo stesso Ratzinger quando era cardinale), e prevale invece un progetto di ampio respiro che senza proporsi di introdurre modifiche nella messa, si occupi di favorire l’ars celebrandi, e la fedeltà ai dettami e alle istruzioni del nuovo messale [ipotesi più che opinabile. Ndr].

Vale la pena infatti di ricordare che gli abusi liturgici, verificatisi negli ultimi decenni e in qualche caso divenuti prassi comune, vengono compiuti non in accordo, ma in contrasto con le norme stabilite dalla riforma liturgica di Paolo VI. Non è quindi la riforma da ritoccare, ma è il senso della liturgia bene celebrata da approfondire e in qualche caso da recuperare [queste sono opinioni assolutamente personali, che contrastano con quello che afferma lo stesso Card. Ratzinger prima e Papa Benedetto poi. Ndr]. Per questo, la Congregazione del culto intende promuovere un lavoro di formazione dal basso, che coinvolga sacerdoti, religiosi e catechisti. Seguendo l’esempio e il magistero di Benedetto XVI favorisca il recupero del senso del sacro e del mistero nella liturgia.

Alcuni testi liturgici sono da rivedere, perché datati, come nel caso del rituale della penitenza, pubblicato nel 1974: negli anni successivi sono seguite infatti un’istruzione apostolica, un motu proprio, il nuovo Codice di diritto canonico e il nuovo Catechismo. Un aggiornamento e un’attualizzazione, in questo come in qualche altro caso, sarà necessario. L’idea alla quale lavora il cardinale Cañizare è quella di riaffermare il primato della grazia sull’azione umana, della necessità di dare spazio all’azione di Dio nella liturgia rispetto a quello lasciato alla creatività dell’uomo. Le occasioni per riflettere su questi temi saranno molteplici. L’anno prossimo, 2012, ricorrono i cinquant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II e l’anno successivo si celebreranno i cinquant’anni del primo testo conciliare approvato, la costituzione sulla liturgia Sacrosanctum Concilium.

sabato 19 novembre 2011

Il Papa e i suoi Vescovi fedeli approvano?

Chiedo scusa per questa "incursione". Ma le domande che si sono poste Michela e Jo, e non solo loro, riguardo la vicenda Nc (e non solo...) meritano di essere trattate e di avere una risposta. Tra l'altro in perfetta consonanza con gli argomenti fin qui trattati.

Vorrei inserire un articolo, perfettamente attinente sia con l'argomento del blog, che con l'ultima testimonianza inserita. Ebbene, l'argomento dell'articolo di cui sotto, è perfettamente inseribile e trasponibile alla situazione Nc. Leggiamolo insieme:

Il funerale latino negato

(di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro su “Il Foglio” del 17/11/2011) Storia di un prete zelante che non concede a un fervente cattolico la celebrazione nel “rito di sempre”

Qui si parla di un fatto personale, ma il lettore non tema importune ondate emotive. Il vantaggio di lavorare in due è che uno racconta quanto gli è accaduto e l’altro ci mette le opinioni, così si salvaguarda il necessario distacco professionale.Ci fosse stato il Peppone di Guareschi, mio padre avrebbe compiuto l’ultimo viaggio con la sua messa, quella in latino ricamata di oremus, dominusvobiscum e Kyrie eleison splendidi e secolari. Ma ci voleva giusto quel Peppone che, infischiandosene del Consiglio comunale al completo, in piena Repubblica, come capo dei comunisti ordinò di portare al cimitero la vecchia maestra del paese nella bara coperta dalla sua bandiera, quella ricamata con lo stemma del re. Purtroppo, mio padre non ha avuto la fortuna di morire sotto l’amministrazione del comunista Giuseppe Bottazzi.Mio padre è morto nella bianca e cattolica terra bergamasca, parrocchia di sant’Andrea apostolo in Villa d’Adda. E così si è imbattuto in un certo don Diego, il quale non ha saputo che farsene della volontà di un defunto e neppure di quella della sua famiglia. Che poi quella volontà fosse legittima e sostenuta da un Motu proprio del Santo Padre ha contato meno di zero. Eppure il Motu proprio, l’ormai celebre quanto inapplicato “Summorum Pontificum” che regolamenta la celebrazione della messa in rito gregoriano, all’articolo 5, paragrafo 3, parla chiaro: “Per i fedeli e i sacerdoti che lo chiedono, il parroco permetta le celebrazioni in questa forma straordinaria anche in circostanze particolari, come matrimoni, esequie o celebrazioni occasionali, ad esempio pellegrinaggi”.Onestamente, va riconosciuto che il parroco non poteva essere toccato dal documento del Santo Padre dato che, candidamente, ha confessato di non conoscerlo. Così come non era al corrente del fatto che il testo applicativo del Motu proprio, l’istruzione “Universae Ecclesiae”, in simili casi invita il parroco a lasciarsi “guidare da zelo pastorale e da uno spirito di generosa accoglienza”. Tutto inutile: “In curia mi hanno detto…”. E’ stato questo il filo conduttore delle discussioni con don Diego.Questi sacerdoti si riempiono il cervello e la bocca di parole come “libertà” e come “autonomia”, e poi non sono in grado di opporsi al palese sopruso ordinato dall’alto perché “in curia mi hanno detto…”. Si riempiono il cervello e la bocca di parole come “libertà” e “autonomia”, denigrano un passato a loro dire prepotente e clericale e poi si prestano a calpestare la volontà di un morto e della sua famiglia, quella della chiesa e del Santo Padre perché “in curia mi hanno detto…”.Da troppo tempo, nella diocesi di Bergamo, come in grandissima parte delle diocesi dell’orbe cattolico, comanda dispoticamente l’autorità più prossima, quella che mette paura perché minaccia di intervenire direttamente sulle persone. Roma, che sarebbe l’autorità suprema, non conta nulla. Da Bergamo a Piazza San Pietro ci vogliono un’ora di aereo e mezz’ora di taxi, ma è come se fosse su un altro pianeta.Il vescovo Francesco o chi per lui può ordinare ciò che vuole, in aperto contrasto con il Santo Padre, e non deve temere nulla. Così, anche nella bianca terra bergamasca, il parroco raccoglie una richiesta dei suoi fedeli, la trasmette al vicario generale, il vicario generale si confronta con chi ritiene opportuno, poi, in nome e per conto del vescovo decide come agire e il parroco esegue. E, se si fa notare all’esecutore materiale la palese ingiustizia a cui si sta prestando, rispunta la solita spiegazione: “In curia mi hanno detto…”.Il contrario sarebbe stato un miracolo troppo grande. Eppure don Diego, al primo incontro, aveva espresso una considerazione di assoluto buon senso e di naturale umanità: “Credo che davanti alla morte e per un funerale non ci siano problemi”. Ma, quando i problemi si sono manifestati in tutta la loro evidenza, ha tentato di dare veste teologica al sopruso con quanto gli hanno messo in testa in seminario sostenendo testualmente la seguente tesi: “Se ci fosse stata la richiesta, per esempio, di un rito bizantino, allora, in virtù dell’ecumenismo, si sarebbe fatto. Perché, in quel caso, io con il mio rito incontro te con il tuo rito e ci arricchiamo a vicenda. Ma voi chiedete un rito della chiesa cattolica e siccome non concorda con lo stile celebrativo della comunità si può dire di no”.A questo proposito, va detto che lo “stile celebrativo” della comunità in oggetto, in materia di funerali, ha toccato uno dei suoi vertici con l’esecuzione di “C’è un grande prato verde dove nascono speranze” accompagnata dalle chitarre. Naturalmente, su tutti i colloqui con il parroco aleggiava lo spirito del Vaticano II e la consegna di difenderlo a oltranza inculcata nell’animo dei poveri sacerdoti formati in questi decenni: “Perché voi dovete sapere che il Vaticano II…”, “Non vorrete mettere in dubbio il Vaticano II…”, “Dovete capire che la chiesa, a partire dal Vaticano II…”, eccetera, eccetera.Tutto quello che si è compreso da quello sproloquio sul Vaticano II è che mio padre, in nome del suddetto Vaticano II, non avrebbe avuto ciò a cui aveva sacrosanto diritto. Povero papà, troppo cattolico per usufruire almeno delle attenuanti generiche previste dall’ecumenismo, delle quali, oltre tutto, giustamente non avrebbe voluto saperne. Così come non avrebbe saputo che farsene della “messa con la condizionale” proposta in extremis dalla curia per interposto parroco: messa in latino sì, ma in una chiesa di Bergamo deputata a mezzo servizio a tale rito.Più che una mediazione, il tentativo di sgravarsi la coscienza potendo far ricadere la colpa di “aver preteso troppo” su una famiglia che invece non ha acconsentito a chiedere niente di meno del giusto. Un sopruso nel sopruso che avrebbe costretto mio padre a una messa semi clandestina, a venti chilometri dalla parrocchia per cui ha lavorato una vita intera e in cui avrebbe invece avuto il sacrosanto diritto che venisse concesso ciò che aveva chiesto.In tal modo, salvo pochi intimi, nessuno avrebbe visto nulla e la comunità, nuova divinità del pantheon neocattolico, non sarebbe lesa nel suo “stile celebrativo”. Perché la vera ragione pastorale del divieto l’ha spiegata bene don Diego: “Se la messa viene concessa qui, poi bisogna concederla anche dalle altre parti”. Insomma, bisogna evitare il contagio. Ma mio padre, anche se non ha compiuto l’ultimo viaggio con la sua messa, continua a essere contagioso: si chiama Vittorino Gnocchi e sono orgoglioso di lui.Le opinioni Andare contro le volontà di un defunto è atto che richiede argomenti fortissimi. Si può farlo, quando il morto chiede cose impossibili, o bislacche, o sconvenienti, o contro legge. Ma ci vuole sempre un motivo oggettivo per tradire le sue attese, un motivo che metta al riparo dal sospetto di compiere una prevaricazione irreparabile e particolarmente odiosa. Il sopruso consumato dai vivi contro i morti. Infatti, il de cuius non può difendersi, non può ricorrere in appello, non può chiedere aiuto. Ciò basta a spiegare perché di norma le ultime volontà siano eseguite con particolare fedeltà: esse sono sacre.Ora, si tratta di capire se un cattolico che chiede un funerale con la messa antica, stia pretendendo qualche cosa di impossibile, o di bislacco, o di sconveniente, o contro legge. La risposta è molto semplice: il Papa felicemente e faticosamente regnante ha scritto di sua iniziativa, in totale libertà e in pieno possesso delle sue facoltà mentali, che un cattolico può eccome chiedere e ottenere un rito funebre che è ancora pienamente legittimo nella chiesa, e che nella chiesa è stato utilizzato per accompagnare al camposanto milioni di fedeli per centinaia di anni.Il Motu Proprio Summorum Pontificum non lascia scampo ad alcuna interpretazione di segno opposto. Sotto il profilo del diritto della chiesa cattolica, il diritto canonico, non si capisce come sia possibile rifiutare di adempiere a una simile richiesta, soprattutto quando sia perfettamente possibile adempierla. Nel caso specifico, il sacerdote in grado di celebrare in quella forma era stato subito trovato – ché molti preti oggi non sono più capaci di celebrare secondo il rito antico – e i familiari non avevano espresso la benché minima riserva sull’argomento, ma anzi condividevano l’istanza del defunto. In questa tristissima storia c’è un lato grottesco e insieme paradossale: il dispregio dimostrato dal clero interpellato nei confronti dell’autonomia del singolo.A partire dal 2008, la Conferenza episcopale Italiana ha “aperto” la strada – per voce del suo autorevole presidente – alle cosiddette Dichiarazioni anticipate di trattamento, le ormai famose Dat: un documento scritto nel quale la persone dice quali trattamenti sanitari intende o non intende ricevere, qualora cada in stato di incoscienza. A noi (e anche al direttore di questo giornale) queste Dat non piacciono, perché offrono un comodo scivolo alla cultura eutanasica. Ma ai fini del nostro ragionamento, la “svolta” della Cei sulle Dat serve a dimostrare che nella cultura contemporanea tutti – e la chiesa stessa – riconoscono un valore molto importante alla volontà espressa da ogni singola persona.Questa volontà non può essere arbitraria, ma se è conforme al bene deve essere assecondata. Ora, il paradosso del “caso Gnocchi” sta in questo fatto: se un fedele chiede, attraverso la voce di suo figlio, un funerale secondo il rito tridentino, non viene esaudito. Se invece redige le Dat rifiutando magari certe cure, agisce in conformità alla Conferenza episcopale italiana.Che cosa deve fare, allora, un cattolico, per ottenere quello che il Papa ha stabilito come suo pieno diritto? Forse deve chiedere le esequie in forma antica redigendo le Dat e consegnandole al parroco finché è in grado di farlo. Dunque, nel “caso Gnocchi” è stato consumato un sopruso. Ma il movente qual è? Niente di personale: non c’era l’intenzione di nuocere alla persona e alla famiglia.Il punto è un altro: fare resistenza all’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, ostacolando in ogni modo le celebrazioni nella forma antica. In questo, come in molti altri casi, si è voluto colpirne uno per educarne cento. Ciò che fa paura a certi ambienti cattolici non è la celebrazione sporadica della Messa di san Pio V: si potrebbe in fondo tollerarla come folkloristica manifestazione di nobili decaduti un po’ snob e vecchie dame velate di nero.La preoccupazione è un’altra: e cioè che, cedendo nel singolo caso, la prassi dilaghi. E che, a quel punto, non il signor Vittorino Gnocchi di Villa d’Adda, ma decine, centinaia di fedeli mettano nero su bianco le loro Daf, le Dichiarazioni anticipate di funerale. E che parrocchie e diocesi, per rispetto verso i fedeli defunti e per ossequio verso il Papa vivente, siano costrette ad abbozzare e a lasciar celebrare. A questo punto, il “contagio” sarebbe incontrollabile: altri fedeli, partecipando a funerali esteticamente belli e dignitosi, resterebbero colpiti favorevolmente, e direbbero: “lo voglio anche io”.Altri fedeli, incuriositi dall’originale stile liturgico, si avvicinerebbero alla Messa di San Pio V, e alcuni magari inizierebbero a frequentarla. Sarebbe la realizzazione su scala planetaria di quella “democrazia dei defunti” di cui parla G.K. Chesterton, in base alla quale hanno diritto di voto anche i morti, quando si deve decidere qualcosa di veramente importante. Insomma: un vero disastro. Un disastro, s’intende, dal punto di vista di chi vuole seppellire per sempre l’antico rito.
Quello che abbiamo appena scritto non appartiene al genere letterario della dietrologia o della complottistica, ma nasce dalla constatazione che esiste nella chiesa cattolica un ampio fronte che non ha mai digerito le decisioni di Benedetto XVI sulla Liturgia. E che non ne fa mistero. Il Papa celebra il nuovo rito sempre con un crocifisso sull’altare e una fila di candelabri, e distribuisce la comunione sulla bocca di fedeli inginocchiati, affiancati da chierichetti con il piattino.Bene: nella quasi totalità delle chiese del mondo il clero fa esattamente il contrario, altari (e chiese) senza Crocefisso, particole nelle mani dei fedeli, inginocchiatoi al rogo e piattini chiusi negli armadi. E buona notte al Primato di Pietro. Sul fronte della messa antica, le barricate sono ancora più alte e il fuoco “amico” – si fa per dire – è fitto e spietato. Al punto che non poche diocesi si sentono autorizzate ad agire in spregio alle indicazioni che provengono da Roma.Nel “caso Gnocchi”, il parroco è stato raggiunto tempestivamente da una telefonata dell’Ecclesia Dei, organismo istituito in Vaticano per occuparsi della spinosa materia. Una volta si diceva: Roma locuta, causa soluta. E invece non è bastato l’intervento telefonico dal Vaticano a sgomberare il campo dagli ostacoli opposti alla celebrazione del funerale vecchio stampo: i motivi pastorali, la volontà del vicario episcopale, e via cavillando in un crescendo ben più intricato del latinorum di don Abbondio.Dove si vede un ulteriore paradosso della chiesa post conciliare: le diocesi agiscono in una sorta di semifederalismo dottrinale e gerarchico, nel quale Roma non comanda più. E dove un qualunque prete di provincia conta di più della Commissione pontificia ecclesia dei. Così può accadere, come è accaduto a Napoli qualche giorno prima del “caso Gnocchi”, che un fedele chieda il funerale in rito antico e si senta rispondere che no, non potrà averlo in quella parrocchia perché non frequentava la tal parrocchia.Dal che si potrebbe desumere che allora la Chiesa stia per escludere dal funerale tutti i cattolici che, a suo insindacabile giudizio, ritiene tiepidi e non praticanti: cosa che, nei fatti, grazie a Dio non risulta. E anzi, assai ampia si è fatta la porta che oggi accoglie chiunque richieda esequie religiose, in nome del dialogo e della tolleranza. Gli unici che sembrano non meritare tale attenzione pastorale sono i cattolici pacelliani, quelli insomma che amano la tradizione e che vorrebbero un funerale nel rito di sempre.Tutto qui.

Ancora testimonianze. Univoche: non è cambiato nulla

Si firma Life e scrive oggi su un vecchio thread, da cui estraggo la testimonianza che rispecchia una situazione immutata ed immutabile, completamente sottovalutata e disattesa da chi, avendo la responsabilità delle anime, dovrebbe curarsene...


Ho fatto il secondo passaggio per la seconda volta nel giro di 10 mesi dopo 5 anni di cammino! e vi dico la verità è stata una tortura!

Mi rendo conto che c'è una influenza psicologica da fare paura, e non capisco come una persona per raggiungere Dio debba essere costretta a confessare le propie cose più intime davanti un gruppo di laici e di "fratelli" di comunità!!

Ho visto con i miei occhi figli di supercatechisti comportarsi in maniera a dir poco riprovevole (ma ahimè cadrei in giudizio mi limito a constatare, il giudizio non mi spetta) alla faccia dei propri genitori troppo impegnati con il cammino tanto da non rendersi conto di ciò che il figlio combinava, e anche quando venivano a coscenza di qualcosa che non andava, egli veniva giustificato!(non entro nel merito perchè dovrei scrivere molto)

Come tanti anch'io sono entrato tramite amici (non l'avessi mai fatto!!) e pian piano il cammino mi ha preso tempo, vita, soldi, affetti, hobby, passioni, ma in particolare si è preso la mia essenza, il mio io, per vomitarmi distrutto al secondo passaggio!

Dice bene kiko che nel 2° passaggio si porta il neocatecumeno a SVUOTARSI DEI FALSI CONCETTI DI SE'!!! ti devono svuotare, annientare gli affetti, distruggere le tue relazioni interpersonali per poter innestare il loro modo di vedere il mondo!!!

Un mio "fratello" di comunità di cui eravamo ottimi amici, è cambiato talmente tanto che non lo ricosco più!! è un'altra persona che vive solo come il CN gli dice di fare, privo di un io personale (e con un sacco di problemi psicologici).

Sono sempre più convinto di lasciare il CN per il fatto che sta influenzando in modo non positivo la mia vita, secondo loro non ho il diritto di avere un lavoro gratificante,una vita normale, non posso fare sport, andare al cinema o a teatro, non posso andare a cena con gli amici che non siano di comunità ecc (sarei borghese).
sarò salvo solo se sono NC? E se non lo faccio? brucerò nel fuoco della Geenna?

Io credo che Dio ci ha fatto ognuno diverso dall'altro, con pregi e difetti, bianchi o neri, e ognuno nella sua diversità è espressione di un progetto Divino ed assolutamente non credo che nessun uomo abbia il diritto e la facoltà di imporre idee e filosofie di vita!
Mi fermo anche se avrei ancora molto da dire!!

lunedì 14 novembre 2011

Pubblicità neocat sui banchi di ogni parrocchia italiana

Ieri è andato in onda in quasi tutte le parrocchie italiane l'ennesimo spot pubblicitario neocatecumenale. Il testo è firmato da tale Paolo Maria Floris ed è comparso ieri nella quarta pagina del diffusissimo foglietto illustrato La Domenica delle edizioni San Paolo.

Il suo discorso è articolato più o meno così:

1. siccome la delinquenza minorile cresce, la "frattura generazionale" parrebbe incolmabile;

2. in un mondo che cambia, nel solco del Vaticano II, è evidente il primato educativo della famiglia cristiana che ha come "esemplare punto di riferimento" la Famiglia di Nazareth;

3. la famiglia cristiana "è chiamata a far propria l'esperienza del Risorto per essere veicolo privilegiato della missione".

Chi ha avuto a che fare col Cammino Neocatecumenale avrà subito notato la strabiliante somiglianza di tale spot pubblicitario con le tipiche omelie del signor Kiko Arguello.

Parte infatti da un dato allarmante per poi chiuderlo di colpo con un grosso parolone inutile (cosa c'entra esattamente la "frattura generazionale" con la delinquenza minorile?) Proprio come fa Kiko: nominare un problema concreto per attirare l'attenzione degli ascoltatori e poi coprirlo subito con un parolone astratto e inutile in modo da passare avanti.

Catturata l'attenzione, il nostro eroe annuncia la direttiva da seguire: il primato educativo della famiglia è evidente (come se nessuno lo sapesse) e la famiglia cristiana deve far propria... uh... l'esperienza del Risorto... beh... per essere veicolo privilegiato della missione...

Si tratta di una citazione di un discorso di Giovanni Paolo II del 1988 indirizzato alle famiglie neocatecumenali che si erano autoinvitate da lui per andare in missione per conto di Kiko. Citazione riversata addosso a tutti gli altri cattolici sotto forma di spot pubblicitario sui foglietti sui banchi per la Messa. Come se le famiglie in missione inventate da Kiko per far espandere il Cammino all'estero fossero norma definitiva e urgente per tutte le famiglie cattoliche, pena il ritrovarsi la "frattura generazionale" di figli affetti da "delinquenza minorile".

Chi non può andare in missione, ebbene, si dia da fare per finanziarle: la citazione dell'esempio della Famiglia di Nazareth sembra fatta apposta per far pensare alla Fondazione Famiglia di Nazareth verso i cui lidi veleggiano le offerte obbligatorie dei neocatecumenali.

E che dire poi della conclusione? Ecco reperita dal Catechismo della Chiesa Cattolica una frase sulla famiglia contenente la parola «iniziazione», tanto cara agli «iniziatori» Kiko Argüello e Carmen Hernàndez.


È solo l'ennesima conferma che per promuovere il Cammino Neocatecumenale occorrono i soliti mezzucci e trucchetti, e che il Cammino racimola adepti solo nelle parrocchie, nonostante le leggende kikiane che raccontano di tanti presunti "atei" e "lontani".

Ironia della sorte, nonostante sia ovvio che una parrocchia "neocatecumenalizzata" non ha alcun bisogno di La Domenica, la sua redazione ha fatto (ingenuamente?) un bel regalo al Cammino. Che, ricordiamolo, sarà pure un "dono dello Spirito", ma tale dono è ostacolato dagli stessi neocatecumenali a suon di dottrine ambigue, di strafalcioni liturgici, di disobbedienze conclamate, di dolorose divisioni nelle parrocchie in cui si è incistato...

sabato 12 novembre 2011

Proteste dei fedeli di una parrocchia spagnola che rifiutano il presbitero neocatecumenale

Pubblico la seguente notizia, a seguito della segnalazione di un lettore NC. Non è la Lugo italiana già teatro di problemi, anche qui, sormontati dal vescovo connivente... [vedi] - [vedi anche] - [vedi anche]

Il Vescovo di Lugo, Spagna, non vuole attuare cambiamenti nella Parrocchia del Sacro Cuore, come evidenziato da una breve dichiarazione rilasciata ieri. Domenica scorsa, i residenti hanno continuato la loro protesta, andando a messa in altre parrocchie e radunandosi di lato alla chiesa del quartiere al momento della Messa alle ore 12.00. La ragione è che non concordano con l’arrivo di un prete del Cammino Neocatecumenale.

Il testo pubblicato ieri dal vescovato di Lugo afferma che “in merito alle notizie apparse sui media sulla situazione pastorale che esiste nella parrocchia del Sacro Cuore”, il vescovo vuole chiarire quattro aspetti. In primo luogo, assicura che i sacerdoti già in precedenza responsabili di quella parrocchia, “Don Guglielmo, Don Miguel e Don Josè, restano al loro posto, con l’aggiunta al team dallo scorso ottobre di un nuovo sacerdote, don Augusto”.

Il vescovo dichiara anche “che sono tutti responsabili in comune della parrocchia del Sacro Cuore nella quale sono incardinati, e inoltre liberamente possono attendere ad altri compiti personali”.

Poi il testo ufficiale della diocesi, afferma che “il rifiuto e la squalifica del Cammino Neocatecumenale è in contraddizione con le decisioni della Chiesa cattolica in quanto è stato approvato dal Papa ed è presente in molte diocesi del mondo.”

Inoltre, il Vescovo ha affermato il suo status di autorità massima all’interno dell’organizzazione ecclesiastica . “L’unico modo giusto per la vita di una comunità parrocchiale è l’esercizio dell’amore fraterno e della comunione con la Chiesa, rappresentata in ogni diocesi dal Vescovo”.

Nei giorni precedenti i rappresentanti di alcune associazioni di quartiere avevano annunciato manifestazioni per cercare la collaborazione di altri gruppi.

La verità è che la nota della diocesi nega molte delle accuse fatte dalle associazioni di quartiere, che nega che nessun sacerdote sia uscito dalla parrocchia e spiega che l’arrivo del nuovo sacerdote è stata una condivisione doveri pastorali con l’accordo di tutti i sacerdoti.

Il gruppo di parrocchiani ha detto giorni fa che finché Miguel Fernandez non sarà Parroco, colui cioè che organizza i compiti della parrocchia, nessuno parteciperà alle Messe officiate nella chiesa. Essi ritengono che il nuovo sacerdote, Augusto Alvarado, sia lontano dalla realtà sociale vissuta dal quartiere e che le sue dottrine non hanno nulla a che vedere con il modello cristiano che la parrocchia ha vissuto per decenni con Guillermo Mendez che considerano positivo.

Non così, evidentemente, la pensa il Vescovo.
Fonte : http://www.camineo.info/news/153/ARTICLE/17670/2011-11-09.html

La cosa non ci meraviglia per nulla, conoscendo quante pressioni e unzioni, oltre che promozionali inviti e dimostrazioni con tecniche del più avanzato marketing unite al più gasato "carismatismo", preti e vescovi ricevono da parte di zelanti 'promoter' del cammino. Per di più forte dell'approvazione nonostante la persistente segretezza delle sue catechesi "non pubblicate".

Non facciamo fatica ad immaginare che è tutta questione di "numeri" e di "mezzi": c'è da chiedersi perché il vescovo di Lugo, al pari di moltissimi altri, si distingua in una obbedienza al Papa "a geometria variabile": indiscussa e indiscutibile, riguardo al Cnc, del tutto ignorabile nei confronti della Tradizione e del Summorum Pontificum...

lunedì 7 novembre 2011

E l'inganno, avallato dai vescovi, continua.

Ogni anno eravamo abituati a vedere le nuove catechesi NC annunciate dagli striscioni sulle porte delle chiese, a costituire il primo passo per la costituzione di una comunità neocatecumenale. La serie di incontri si conclude infatti con un ritiro di tre giorni al termine del quale chi lo volesse potrà scegliere di entrare a far parte di una comunità del Cammino, iniziando un percorso di fede caratterizzato dalla riscoperta del proprio Battesimo e del suo significato.
Ora, con l'approvazione e l'opera di mimetizzazione già dappertutto ampiamente portata avanti, nelle parrocchie diffondono a tappeto avvisi più discreti, come questi, che noi riconosciamo a prima vista dall'immagine; ma che chi non conosce il cammino può attribuire a qualunque iniziativa ecclesiale.

Chi riceve e risponde ad avvisi come questo non sa che inizierà un cammino che lo porterà in orizzonti diversi, con impegni che fagociteranno la propria vita e la propria storia, prassi che scarnificheranno le coscienze, impegni economici che non vengono resi noti da subito e indotti con un condizionamento che pilota la scelta attraverso le parole della Scrittura in tal modo strumentalizzate come mai si dovrebbe, insegnamenti segreti e blindature propri delle sette piuttosto che dell'universalità del cattolicesimo.

E il grande inganno di accesso al Cammino neocatecumenale travestito da catechesi per adulti, con l'avvallo di alcuni (per fortuna non tutti) pastori, continua... E il CNC, travestito da Chiesa cattolica, continua a fare proseliti nonostante tutto quello che è stato scoperto e denunciato. Se poteva aver senso quando certe cose non si conoscevano, oggi è assolutamente intollerabile nella Chiesa di Cristo, se è ancora la Sua Chiesa!

giovedì 3 novembre 2011

Testimonianza: dubbi sul Cammino

La seguente testimonianza è comparsa recentemente sul forum Cattolici Romani (in un'area messaggi infestata da esperti propagandisti neocatecumenali), testimonianza firmata "In Hoc Signo". Chi vorrà consultarla vi riconoscerà alcune parti che suoneranno molto familiari a chi ha letto almeno qualche pagina di questo blog.

Facciamo notare in particolare che chi torna ad una vita cristiana normale, uscendo dal "lugubre" Cammino Neocatecumenale, si ritrova necessariamente a "rimettere in discussione praticamente tutta la sua vita", poiché il Cammino è stato totalizzante e invadente.

Salve a tutti.
Ho 23 anni e sono in comunità da quasi 10 anni. Abbiamo concluso da poco il 2° passaggio. Ho 6 fratelli, ma di questi quasi nessuno è più in cammino. Neanche i miei genitori sono più in cammino.

Ultimamente ho qualche problema con questo cammino, e ora sono in una fase di riflessione. Ho letto le molte critiche rivolte al CN che si trovano su internet, e le drammatiche esperienze di ex. Se scrivo qui è perché ho bisogno di confrontarmi, in verità, sia con altri Neocatecumeni che con altri fratelli in Cristo. Sarò grato a chi avrà la pazienza di leggere queste righe e di lasciare una risposta o un commento. [...]

Mi fermo qui, perché penso non sia rispettoso per la persona che ha affidato a quel contesto la sua cocente domanda e sentita testimonianza, spiattellarla qui. Tuttavia, poiché sulla rete è normale il travaso di informazioni, vi invito a leggerla nel contesto originale, dal link di cui alla premessa, che contiene anche la dinamica di vari interventi neocatecumenali e non (questi ultimi decisamente più obiettivi) e notizie sulla problematica riguardante i suoi familiari non più in cammino.

Mi piacerebbe poter interloquire direttamente con quel ragazzo; ma purtroppo non posso farlo perché in quel Forum censurano i miei interventi a monte. Vuol dire che lo faremo da qui, sperando che abbia l'opportunità di leggerci, anche se forse non ci considera un contesto "amico". Ma la nostra, se proprio vogliamo chiamarla "inimicizia" non è con le persone, ma con gli errori dei quali purtroppo abbiamo riscontrato e dimostrato anche la gravità.

La mia impressione è che si tratti di una persona con buone capacità critiche, ma tuttora 'catturato' dalla dipendenza e, soprattutto, timoroso di perdere quello che lui sente come sostegno della comunità. Sembra consapevole del prezzo da pagare; ma la dipendenza appare più forte, almeno finora.

Penso di far cosa utile proponendo l'analisi del problema, confrontato anche con la dinamica avvolgente e subdolamente accattivante e sorprendentemente soft di molti interventi di camminanti.

Ci sono tanti altri "fratelli di comunità" (anche su quello stesso forum) che, pur timidamente, affermano di essere in una situazione "simile alla sua". Cominciano a rendersi conto che il Cammino, anche se "dono dello Spirito", contiene troppe storture umane che annullano lo Spirito.


Per loro e per tutti coloro che vengono danneggiati dal Cammino Neocatecumenale io prego ogni giorno.

Sì, il Cammino è ormai davvero sul lungo "viale del tramonto".

mercoledì 2 novembre 2011

Un'altra comunicazione emblematica.

Si firma AndreadeAmicis:

Ho letto un po' di fretta (me ne rammarico) il botta e risposta riguardo varie eresie (o presunte tali) del Cammino Neocatecumenale. In primo luogo, vi invito a riflettere se state veramente amando l'altro come voi stessi: leggendo le vostre parole, non mi sembra proprio, e non sono io che vi invito ad amarvi, ma qualcuno un pelino più importante.
In secondo luogo, in 16 anni di cammino (getto la maschera), non ho mai sentito un catechista o un sacerdote approvare l'uso di qualcos'altro oltre farina e acqua per la preparazione del pane: io stesso sono ostiario (cioè chi si occupa dei segni liturgici e della preparazione degli azzimi) e non ho mai usato nient'altro, come indica bene il Messale Romano.
Inoltre, viene sempre usata estrema attenzione a non perdere la minima briciola del Corpo di Cristo e goccia del Sangue di Cristo: è un menzogna ffermare che la prassi del Cammino Neocatecumenale sia diversa.
In terzo luogo, se non vi piacciono i canti del Cammino, o quelli normalmente utilizzati da Azione Cattolica, Scout, etc.., il problema è nella vostra conversione. Il canto è uno dei modi che Dio ci ha dato per invocarlo, lodarlo, benedirlo e per innalzare a lui il nostro dolore o la nostra gioia: non vi piace come io canto? Non mi piace come voi cantate? Cercate piuttosto il regno di Dio, e capite che Lui si manifesta dove voi non lo aspettate.
In quarto luogo, le chiamate durante le GMG: ne ho fatti alcuni di pellegrinaggi, e MAI ho sentito un catechista dire a qualcuno di alzarsi, promettere cifre o quant'altro. Ho visto molti alzarsi; di questi, molti non avevano una vera vocazione (vagliata da sacerdoti), altri hanno intrapreso un cammino in seminario o in convento, ed ora sono presbiteri o monaci o monache, felicissimi della vita che Dio aveva pensato per loro fin dal principio.
Io sono sposato, e un mio catechista mi disse, quando gli chiesi se una ragazza poteva essere la moglie giusta per me : "non potrei mai rispondere affermativamente a questa domanda, perché, se lo facessi, il vostro matrimonio potrebbe essere nullo". E' il singolo che deve discernere, con l'aiuto infinito di Dio, la sua vocazione. Catechisti, sacerdoti, vescovi, il papa possono solo essere un aiuto.
Un abbraccio a tutti voi.
Ha letto un po' in fretta il nostro amico camminante e allora si è fermato solo al fatto che contestiamo gli aspetti deleteri del cammino; il che lui evidentemente non accetta e non 'vede' e non pensa che 'amare gli altri' non significa lasciarli perseverare nell'errore. La correzione fraterna non esiste solo all'interno del cammino; ma bisogna avere le orecchie del cuore aperte, e non assordate da canti che svegliano l'emozionalità e metodi massificanti e coinvolgenti che scarnificano le coscienze, [vedi anche] per coglierla... E, di conseguenza, non ha preso in considerazione i contenuti, che forse non è riuscito neppure a comprendere, ma è partito in quarta per difendere il suo 'idolo', quod maius cogitari non potest.

Avrei potuto non pubblicarla, perché in fondo si tratta del solito stereotipo confezionato. Ma esso è stato confezionato da un'anima che è entrata in pieno nell'ingranaggio e vede la realtà solo con quella griglia e, quindi, ci snocciola tutte le esperienze positive riguardanti la sua persona.

Ovvio che la percezione che chi ha trovato un equilibrio interiore, a che prezzo lo sa solo chi è riuscito a sottrarsene, è che a decidere sia il singolo. E credo che purtroppo il nostro amico difficlmente sarà in grado di riconoscere quanto le sue decisioni siano in realtà 'pilotate' e condizionate dalle prassi incalzanti alle quali è sottoposto. Prassi peraltro neppure previste dallo statuto, ma contenute nelle catechesi tuttora segrete; il che continua a rimanere un grosso scandalo perché nella Chiesa cattolica, cioè universale, non dovrebbe esserci posto per una setta che applica il 'segreto', metodi gnostici, insegnamenti eretici, un rito sincretistico che profana il vero culto a Dio.

martedì 1 novembre 2011

A domanda seria, risposta seria

Vittorino ha detto...

Cara MIC sono contenta per te che sei già nella terra promessa...
io invece come dice sant'Agostino sono nel deserto del cammino terreno. Vedi anche liturgicamente la Chiesa c'insegna che siamo sempre in cammino. E' vero che Cristo è la nostra terra promessa, ma la raggiungeremo solo nella vita eterna. Ora, come dice s. Paolo camminiamo nella speranza...

Cerchiamo di uscire dal pressappochismo e approfondiamo questo discorso.

Il cammino terreno non è un deserto: è un luogo di prova e di impegno e di fatica e di speranza e soprattutto di possibilità di entrare nella Vita Vera che comincia già qui in Cristo Signore, che si è Incarnato, condividendo la nostra sorte (tranne che per il peccato) e insegnando con gesti e parole durante tutta la sua vita terrena. Infine è morto Crocifisso, versando il suo sangue in espiazione dei nostri peccati, è Risorto, ricostituendo nella sua purezza originaria la nostra natura ferita dal male e dal peccato. Infine è Asceso al Cielo, per ricondurre al Padre, alla cui destra siede Signore ora e per sempre, l'uomo che si era tragicamente allontanato dal suo Creatore e Signore. E, quindi, ha inviato il Suo Spirito: un "altro" Consolatore (v. Giovanni), perché è lo Spirito del Signore Risorto che è anche Uomo oltre che Dio. E' questo e solo questo Spirito che ha fondato e continua da allora e per sempre ad animare la Sua chiesa, che è il Suo Corpo Mistico e la Sua Sposa.

E dunque, chi vive già e non ancora fin da quando accoglie il Signore, la gioia del perdono e della vita ritrovata, a partire dal dono del Battesimo alimentato nella Fedeltà della vita di Fede, come può dire di non essere già nella Terra Promessa, che è il Signore e niente e nessun altro?

Si potrà, parlando metaforicamente, dire che si attraversano momenti di 'deserto' in occasioni di particolari prove e difficoltà, ma sappiamo che è solo una metafora e che il nostro Signore Vivo e Vero è sempre con noi fino alla fine dei tempi perché così ha voluto e così è. Ormai nel nostro DNA spirituale c'è Lui, come si può parlare di deserto, che è un luogo inospitale per la vita?

Puoi dire che solo nella vita eterna raggiungeremo la pienezza di questa nostra meravigliosa realtà di creature amate e Redente e ricostituite dal Padre, nel Figlio, per opera dello Spirito Santo; ma se sei un vero credente in Cristo non puoi non assaporare già qui le primizie della gioia e dei frutti del Regno, che non è di questo mondo nel senso che non viene da questo mondo, ma il Signore è venuto a portarlo qui per fare cieli nuovi e terra nuova e non per lasciare tutto com'era. A vedere come ci siamo ridotti si potrebbe anche essere tentati di dubitarlo; ma ci fidiamo e ci affidiamo a Colui che ci ha consegnato le Sue promesse, che non manca di sostenerci e rafforzarci secondo la Sua volontà per ognuno di noi.

Certo che camminiamo nella speranza; ma è una speranza che rinvigorisce e ci proietta in orizzonti di libertà e non ingabbia in schemi precostituiti, inventati a tavolino e non ci fa passare per le forche caudine di scrutini e passaggi scempio di anime perché sono opere di uomini e non di Dio... Il nostro Signore, Colui che fa nuove tutte le cose, ci fa liberi nella Verità che la Chiesa custodisce e di cui è portatrice attraverso i Sacramenti e non attraverso prassi anomale e segrete, che appartengono piuttosto ad una realtà settaria che ha perso il sigillo dell'universalità, proprio dell'autentica identità cattolica.

Puoi citare S. Agostino e S. Paolo quanto ti pare; ma se non vivi l'Annuncio, quello autentico, che ho espresso sopra, resterai nel 'deserto' che assomiglia tanto a quello degli ebrei erranti, eredi dello spirito di Elia, invece che di quello di Cristo. Purtroppo questo, insieme al famigerato "carro di fuoco" la merkavàh, ricorre in troppe circostanze, perfino nell'ultima inquietante tappa del Battesimo al Giordano...

Infine la Chiesa liturgicamente non solo ci insegna, ma compie l'Azione di Cristo, che è il vero culto a Dio: la ripresentazione al Padre del Suo Sacrificio di espiazione per noi. Solo questo atto e fatto dal Signore avvenuto una volta per tutte sul Calvario, ma rinnovato ogni giorno su tanti suoi Altari, può coinvolgerci nella sua dinamica di Salvezza ormai presente e operante nel mondo, inserirci nella sua Offerta al Padre e introdurci nella Creazione Nuova inaugurata dal suo "fiat" preceduto dal "fiat" di Maria la nostra Madre Santa e Benedetta. Solo in Lui con Lui e per Lui possiamo essere rivestiti della "veste nuziale" che ci introduce nel banchetto escatologico, che è sul monte del Signore, il 'luogo' in cui egli si rivela, che non è una mensa posticcia per quanto infiorata e illuminata dal simbolo dei Maccabei.

Ma non vi accorgete di quanto siete estranei a tutto questo? La preghiera, l'Adorazione la vita Sacramentale soprattutto Eucaristia e Penitenza è tutto quel che c'è da sapere e da vivere nella Chiesa, di Cristo. Nella sobrietà e nella preziosità di quello che è davvero, senza bisogno di annunci sensazionali o di tecniche da marketing, ma nella Luce della Verità che, quando la mostri, si impone da sola. Non ha bisogno di corifei, ma di "veri Adoratori in spirito e verità"...