venerdì 29 ottobre 2010

Il Sinodo per il MO e il Cammino neocatecumenale

Pubblico questo stralcio da Zenit, con la dichiarazione di Don Nicola Bux sul comportamento del cammino neocatecumenale in ragione della sua presenza in Terra Santa e negli altri paesi di Tradizione Orientale, [vedi anche] che ci ricollega a quanto da noi segnalato in thread precedenti sulla Proposizione n.39 e alla Lettera dei Vescovi di Terra Santa agli iniziatori del Cammino nc (ingrandendo l'immagine a lato è ben visibile la Channunkkiàh, il candelabro ebraico sulla enorme 'mensa' al posto della Croce)

ROMA, mercoledì, 27 ottobre 2010, (ZENIT.org).- Al di là delle polemiche che sono state sollevate da alcuni organi di stampa a favore o contro ebrei e musulmani, il Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente è stato un successo e porterà molti frutti. Questa la valutazione di don Nicola Bux, professore di Liturgia orientale e di Teologia dei sacramenti alla Facoltà Teologica Pugliese, presente al Sinodo in qualità di delegato nominato dal Pontefice Benedetto XVI.
Don Nicola Bux che ha insegnato anche a Gerusalemme e Roma è consultore delle Congregazioni per la Dottrina della Fede e per le Cause dei Santi e consulente della rivista teologica internazionale "Communio". E' anche consultore dell'Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice. ZENIT lo ha Intervistato.
[...]
Domanda: Mentre molti cristiani emigrano, cresce la presenza dei movimenti ecclesiali, come per esempio il Cammino Neocatecumenale...
Don Nicola: I movimenti sono una grande risorsa. La Chiesa li riconosce anche per lo slancio missionario delle famiglie che con abnegazione sacrificio lasciano tutto e vanno in missione in terre lontane e ostili per far conoscere Gesù Cristo.
Ma l’attenzione che alcuni movimenti devono avere è quello di sottomettersi umilmente alla Chiesa in quei luoghi, fare riferimento ai Vescovi e accettare di morire e rinascere. Devono conoscere la lingua e poi capire di inserirsi dentro l’alveo culturale, storico e liturgico.
I movimenti non possono esportare in Oriente usanze occidentali soprattutto quando queste usanze sono l’esito di una creatività liturgica non disciplinata dalla Chiesa romana. E questo potrebbe creare confusione e danni.
I movimenti devono incarnarsi nella liturgia locale e anche quando provenienti dall’Occidente celebrano la liturgia romana, lo devono fare senza stravaganze.

In queste parole ci sono condensate e confermate tutte le nostre denuncie sul cammino nc e quanto anche recentemente sostenuto e riportato sul Sinodo e sulla Lettera dei vescovi di Terra Santa, che su Wikipedia il Cammino esibisce nel suo incipit incoraggiante, omettendo tutta la parte prescrittiva; il che non appare altro che come un trofeo, peraltro falso, che diventa pubblicità ingannevole... Se poi la celebrazione di quel rituale comportasse solo delle stravaganze, mi pare che si usi un eufemismo. Ma già il fatto di rompere l'assordante silenzio della Curia su questo, appare un dato positivo.

Tra l'altro, a completamento della discussione del thread precedente, non sembra che lo statuto autorizzi l’uso di simboli e stili liturgici ebraici . Tanto più in riferimento alla Redemptionis Sacramentum, n.79 - Infine, va considerato nel modo più severo l’abuso di introdurre nella celebrazione della santa Messa elementi contrastanti con le prescrizioni dei libri liturgici, desumendoli dai riti di altre religioni. La domanda posta in merito viene regolarmente elusa, e questo già basta a qualificarla come tabù per molti nc. Speriamo non per tutti. E' però un nodo saliente dal quale non si può prescindere perché svela la natura vera del cn.

giovedì 28 ottobre 2010

Solo esagerazioni di stampo ebraico o giudaizzazione del cristianesimo?

In attesa di un thread più mirato al procedere dell'analisi comparata de facto e de iure del Cammino nc, approfitto per rispondere a questo intervento di ieri di chi si firma "Urlodeldrago" (!?) perché molto rivelativo di come viene vissuto il cammino stesso ed emblematico della mentalità e alla interpretazione banalizzante e deformante che viene data alle questioni che stigmatizziamo: in questo caso alla forte componente di giudaizzazione del cristianesimo che il cammino vive e inculca nei suoi adepti. In qualche modo oggi l'analisi comparata vien fuori comunque da questa angolazione.

Ero entrato qui perchè interessato ai rapporti tra cammino neocatecumenale (è minuscolo, va bene EMMA...???) e mondo ebraico. Infatti, pur seguendo questo cammino da una quindicina d'anni, anche io non condivido alcune esagerazioni di stampo ebraico (come dicevo ieri in un commento che non è stato pubblicato ad esempio non mi piace identificare la vita del cristiano nel cammino di abramo o del popolo di israele nell'uscita dall'egitto...) però non condivido nemmeno il non riconoscere le radici ebraiche al cristianesimo (soprattutto mi ha stupefatto il commento di mardunoldo).

Questa persona dopo quindici anni di cammino, recepisce gli elementi di giudaizzazione non nella loro vera portata di snaturamento del cristianesimo, ma soltanto come "esagerazioni di stampo ebraico".... Intanto ne riconosce l'esistenza; ma il suo tentativo di ridimensionamento del problema, molto usato dai nostri interlocutori, quando non possono negare l'evidenza, dimostra che egli sottovaluta il problema perché non riesce a coglierne le conseguenze, che sono tutte strettamente connesse alla Persona di Cristo Signore, ma soprattutto alla Sua Opera e conseguente rapporto personale con Lui, che risultano fortemente diluiti, deformati e alla fine vanificati in una identificazione impropria addirittura del cammino con Cristo. Ma con il paradosso che, per contro, nei contenuti e nelle prassi, si è fermi a suggestioni e persino usi veterotestamentari che del Signore sono soltanto pallide ombre lontane e da lui superate. Alcuni dei contenuti più propriamente cristiani vengono distorti (esempio lampante la "lavanda dei piedi", che sottende molto più di quanto non intuibile a prima vista; lo stesso rituale che sostituisce la croce con i simboli ebraici della channukiàh e del tallit (lo scialle di preghiera ebraico usato come copri-leggìo), nonché la danza finale intorno alla mensa, sorvolando sui simboli del pane e del vino attribuiti da Kiko; sul vero signficato del battesimo al Giordano che fa parte delle esperienze conclusive e più 'segrete'...)
"non gli piace identificare la vita del cristiano col cammino di Abramo o del popolo d'Israele nell'uscita dall'Egitto" e tuttavia non si rende conto di quanto una formazione spirituale dominante in questo senso snaturi il suo essere cristiano e non si pone nemmeno il problema, attribuendo a noi il non riconoscimento delle radici ebraiche del cristianesimo, solo per una estemporanea esternazione di Mardunolbo peraltro da me prontamente rettificata e senza aver recepito un'acca dei kilometri di parole da me scritte nei precedenti post sulle nostre radici ebraiche, ma anche sul modo autentico ed equilibrato di considerarle e viverne gli influssi spirituali.

Poi anche questo post è divenuto l'ennesima crociata contro il cammino, ma riconosco che alcune critiche sono fondate.
In particolare è vero, ad esempio, che la preparazione teologica di alcuni catechisti è insufficiente, al punto che essi non sanno fuoriuscire dai soliti schemi consegnati da kiko, ma è pur vero che una delle prime cose che si dice agli inizi è che lì non si fa cultura biblica ma solo si vuol provare una esperienza comunitaria di fede.
Lasciamo perdere poi l'accusa di essere comunisti, visto che nella mia parrocchia mi accusano che voglio far propaganda politica (anticomunista) mentre in realtà di politica lì non voglio proprio parlare (altrove si, mardonoldo, e ti assicuro che sono tutto fuorchè un comunista...).

Naturalmente fa comodo attribuirci 'crociate contro', quando non facciamo altro che mettere in evidenza le storture, non per essere 'contro' qualcuno, ma per amore della Verità, l'unica capace di far libere le persone e le coscienze anche se purtroppo è un termine abusato di cui si sono persi i connotati.

Il nostro ci informa che "si pone l'accento sull'esperienza comune di fede e che non si fa cultura biblica" e non può riconoscere: primo, di QUALE fede si fa esperienza, secondo, che non si fa cultura biblica, perché un autentico approfondimento e un'autentica cultura biblica secondo la Chiesa, non permetterebbero alle suggestioni ed alle contaminazioni kicarmeniane di far presa sulle coscienze e, quel che è peggio, sulle anime delle persone che si imbarcano in questa esperienza. Suggestioni e contaminazioni che sono le uniche con diritto di cittadinanza nel cammino, tanto che sono arrivati perfino all'ASSURDA affermazione che saremmo noi, cattolici doc fino al midollo, ad inventarci una nostra religione, quando non facciamo altro che citare il Magistero e viviamo della Tradizione da loro rinnegata da Costantino al Vaticano II con rare scorribande solo per quanto diventa strumentale alla rigida, intoccabile costruzione solo umana dei loro iniziatori.

Quanto al riferimento al comunismo (altra battuta sempre di Mardunolbo) neppure ha capito che tutto c'entrava tranne che la politica e che la definizione 'neocomunista' -che effettivamente ci si poteva risparmiare perché non è un linguaggio che contribuisce a veicolare il messaggio autentico che vogliamo dare- era solo un'analogia, perché ci si riferiva ai metodi e al regime totalitario e massificante proprio del cammino. Comunque era una battuta estemporanea, strumentalmente assolutizzata ignorando la parte 'succosa' e formativa della nostra discussione.


Vabbè, non voglio difendere il cammino nè fare spot sennò non mi pubblicate nemmeno questo commento.
Chiedo però a MIC: l'uso di simboli ebraici può davvero snaturare la chiesa? O non è invece un modo utile per tornare ad una chiesa di origine che ha portato frutti nei primi secoli del cristianesimo? Eppoi, la conversione di israele certamente non passerà attraverso i nostri sforzi (come il tentativo di dialogo che tu ben conosci); ma non pensi che la distanza incolmabile per gli uomini tra noi cristiani e loro ebrei sarà alla fine dei tempi colmata da Dio che farà dei due popoli un popolo solo?


OK. Che difenda il cammino ci pare normale data la convinta adesione nonostante dimostri di avere perplessità che sembrano riguardare cose del tutto banali. Il post non l'ho pubblicato ieri perché mi sembrava inutile e non dare alcun contributo alla discussione, dato che -come dimostrato- minimizza il problema e distorce e 'non vede' quel che abbiamo detto di 'sapienziale', mentre estrae col bisturi due battute negative che gli servono per costruirci intorno la sua diatriba... Ma il resto che abbiamo detto che fine ha fatto? Dipende dalla 'impermeabilizzazione' spinta al parlare cattolico che i nostri interlocutori hanno come denominatore comune? Oggi l'ho ripreso per le ragioni sopra indicate...

Faccio notare che queste non sono né ingiurie né accuse né calunnie, alle quali invece noi siamo quotidianamente sottoposti. Sono solo logiche constatazioni, che andrebbero semmai confutate con altrettanto logiche controdeduzioni nei confronti non di due battute, ma del nostro intero discorso, attivando un uso di ragione possibilmente non unidirezionale...

martedì 26 ottobre 2010

In pace con Israele, in nome di Kiko

La cittadella neocatecumenale affacciata sul lago di “Tiberiade”

Premessa

Il titolo di "Segni dei tempi" da cui è preso l'articolo, è "In pace con Israele in nome di Gesù" e, naturalmente non si rende conto di scrivere un paradosso, perché in nome di Gesù non ci può essere nessuna pace con Israele (ovviamente parlo dell'"Israele di Dio" e non dello stato Israeliano e la pace è riferita a comunione spirituale non ad altro), che ha rifiutato a che anche oggi non riconosce il Signore e ci disprezza... Sintomatico è il fatto che, mentre la Chiesa cattolica fatica a portare avanti le annose trattative col governo israeliano per l'attuazione dell'Accordo Fondamentale, che disciplina le sue proprietà e attività in Terra Santa, il cammino necatecumenale percorre una corsia preferenziale con la benedizione dei rabbini, come emerge anche dalla testimonianza del responsabile della Domus.
Ma è ovvio e noto che ciò avviene grazie alla marcata giudaizzazione del cristianesimo ed alla pletora di simboli ebraici usati dal Cammino e molto presenti nella Domus: la Torah vestita esposta nella Biblioteca, la Torah nel Tabernacolo insieme alle Sacre Specie ricoperte da un conopeo nero, la channunkkiàh sulla 'mensa' che non è un altare, al posto della Croce, gli insegnamenti basati prevalentemente sull'Antico Testamento, midrashim ecc., il rituale che ricorda più l'uscita dall'Egitto e l'haggadah ebraica che l'Ultima Cena e in altri dettagli sia teologici e formali contamina il rito cattolico (e quindi la fede: lex orandi= lex credendi)...

Testo dell'Articolo-intervista di Rodari con alcune chiose:

Roma. “All’apertura della Domus Galilaeae moltissimi ebrei hanno cominciato a visitarci e a tornare. Solo l’anno scorso ne sono passati più di centomila… Noi sentiamo che dobbiamo accoglierli e servirli come fratelli”. Lo ha detto, intervenendo al Sinodo sul medio oriente, padre Rino Rossi, dal 2003 responsabile della Domus Galilaeae, il centro per la formazione dei missionari del Cammino neocatecumenale che sorge sul Monte delle Beatitudini, non lontano dal lago di Tiberiade. Era stata benedetta nel 2000, mentre era ancora in costruzione, da Giovanni Paolo II, e da allora non ha mai smesso di essere un simbolo di amicizia tra il movimento fondato dallo spagnolo Kiko Argilello e il popolo ebraico (a partire dal progetto, opera dell’architetto di Haifa Dan Mochly e dell’argentino padre Daniel Cevilan). Al punto che alla Domus, affrescata dallo stesso Argüello, qualcuno ha ritenuto di dover rimproverare un eccesso di contaminazione, con l’esposizione di una Torah del XV secolo, del candelabro di Hanukkà, o per il canto-preghiera “Shemah Israel” che accoglie i visitatori.
Al Foglio, padre Rossi spiega che il Cammino neocatecumenale “è in contatto stretto sia con le chiese locali sia con la realtà ebraica, che ci ha offerto una buona accoglienza. Naturalmente è stata fondamentale la visita di Papa Wojtyla, e l’opportunità che ci fu data di organizzare la grande messa sul Monte delle Beatitudini, a fianco della Domus. Per la prima volta tutte le televisioni israeliane trasmisero una cerimonia cristiana di quell’imponenza, con più di centomila persone riunite”. I simboli ebraici nella Domus Galilaeae, spiega ancora padre Rossi, “dicono che dobbiamo andare alle nostre radici e mettere al centro la parola di Dio, come ha raccomandato il Concilio Vaticano II. Questo ci porta a riscoprire la nostra fondamentale connessione con il popolo ebraico e con le sue tradizioni. Gesù Cristo è ebreo e non possiamo capire la sua predicazione nel Nuovo testamento se non conosciamo l’Antico. Il Cammino neocatecumenale si inserisce nella scia del Concilio, e poi del magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI”.
E’ capitato qualche fraintendimento, racconta padre Rossi: “Alcuni arabi si sono scandalizzati per il decalogo di Mosè scolpito in ebraico su marmo all’ingresso della nostra biblioteca. Ma quello è un richiamo al momento cruciale che stiamo attraversando. La nostra cultura europea nasce da radici giudaico-cristiane, mentre oggi il nuovo ordine europeo vuole dimenticare quella radice [veramente abile questa giustificazione: il nuovo Decalogo dei cristiani è il Discorso della Montagna e tutto il Nuovo testamento, illustre sconosciuto, se non per gli usi sporadici e strumentali che se ne fanno], e cerca di introdurre norme che le sono completamente contrarie (sulla famiglia, per esempio). [anche questo discorso sulla famiglia diventa un cavallo di battaglia, ma del tutto ingannevole, per chi conosce, per esperienza diretta i risvolti della medaglia. Vedi anche il parere di uno psichiatra].
Il cammino della vita, rivelato da Dio sul Sinai con i dieci comandamenti, è stato ripreso da Gesù sul Monte delle Beatitudini, con quello che è il cuore della sua predicazione: il sermone della montagna”. In quella circostanza, conclude il responsabile della Domus Galilaeae, “Gesù riprende la Torah, non la abolisce ma la porta a compimento: amate coloro che vi odiano, ci dice. Nella Domus è stato messo in evidenza qualcosa che abbiamo in comune con l’ebraismo: il compito di realizzare quel contenuto, questione di vita o di morte per il mondo futuro”. [Chi non conosce il cammino non sa che nella Domus non è stato messo in evidenza quello che abbiamo in comune con l'ebraismo, ma gli elementi giudaici introdotti da Kiko e Carmen al posto di insegnamenti fondanti del Cristianesimo (il link ne riporta solo un accenno ed una parte, ma significativa).]
(da IL FOGLIO del 23/10/2010)

sabato 23 ottobre 2010

Si confermano i 'venti' di innovazioni Liturgiche al Sinodo per il Medio Oriente

Per benevola decisione del Santo Padre Benedetto XVI la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi è autorizzata a rendere nota la versione non ufficiale delle Proposizioni dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi sul tema La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola” (At 4, 32).

E, quindi abbiamo la possibilità di verificare che i nostri timori di partenza avevano ragion d'essere: è stata partorita da quel Consesso la seguente proposizione, che purtroppo ha recepito quei i 'venti' d'innovazione, che sanno di "riforma" da noi riconosciuti in alcuni interventi iniziali.

Proposizione n.39
La ricchezza biblica e teologica delle liturgie orientali è al servizio spirituale della Chiesa universale. Ciononostante sarebbe importante e utile rinnovare i testi e le celebrazioni liturgiche laddove ce n'è bisogno, perché rispondano meglio ai bisogni e alle attese dei fedeli sulla base di una conoscenza sempre più approfondita della tradizione [Persistono gli echi dell'"insano archeologismo liturgico", già stigmatizzato da Pio XII nella Mediator Dei, che col pretesto di un improbabile 'ritorno alle origini' ha prodotto innovamenti e abusi proprio in campo liturgico] e adattata al linguaggio di oggi e alle diverse categorie d'età.
[Quando mai la Liturgia, che è un unicum sacro e intoccabile può essere adattata ai vari tipi di età (!?)]

Dunque è confermata l'intenzione di riformare i riti orientali per adeguarli all'uomo di oggi; ma non è l'uomo che deve adeguarsi all'autentico culto a Dio, reso dal Vero e Unico Sacerdote, Il Signore Gesù?

Avevamo già riscontrato in questa proposta una visione che sembra voler sostituire alla viva tradizione della Chiesa e agli elementi identitari e particolari dei singoli usi liturgici delle Chiese Orientali, una omologazione liturgica che, se compiutamente attuata, rischia di minare l'esistenza stessa delle suddette Chiese, aggregandole così definitivamente ed uniformando anche i loro sacramenti.

Torniamo ancora una volta a ricordare che, solo 3 anni fa, tutti i Vescovi Cattolici di Terrasanta, stufi di sopportare abusi liturgici e colonizzazioni parrocchiali, si erano rivolti così ai Neocatecumenali: "Il principio al quale dobbiamo tutti insieme restare fedeli e informare la nostra azione pastorale dovrebbe essere "una parrocchia e una Eucaristia". Il vostro primo dovere perciò, se volete aiutare i fedeli a crescere nella fede, è di radicarli nelle parrocchie e nelle proprie tradizioni liturgiche nelle quali sono cresciuti da generazioni. In Oriente, noi teniamo molto alla nostra liturgia e alle nostre tradizioni. E' la liturgia che ha molto contributo a conservare la fede cristiana nei nostri paesi lungo la storia. Il rito è come una carta d'identità e non solo un modo tra altri di pregare. Vi preghiamo di aver la carità di capire e rispettare l'attaccamento dei nostri fedeli alle proprie liturgie."

Parole forti che sembrano contraddire gli auspici di riforma liturgica, aggiornamento pastorale e inclusione di comunità e gruppi carismatici allogeni, che invece emergono prepotentemente dal Sinodo.

giovedì 21 ottobre 2010

Uso della Scrittura nel Cammino neocatecumenale. la "scrutatio"

Partiamo da questa testimonianza:

La Scrittura è molto usata nel cammino: all'inizio si fanno i temi usando il Dufour

Dopo il primo passaggio si incomincia a leggere l'A.T. Finchè si resta sui libri storici, (storia di Abramo, Mosè, e anche Davide) la lettura e il seguente riporto alla comunità è relativamente semplice.

Quando si arriva ai profeti iniziano i problemi: una lettura puramente 'cronologica' dal primo all'ultimo capitolo, e senza conoscere lo sfondo storico a cui questi testi fanno riferimento, fa sì che si capisca poco.

Poi si leggono i salmi. L'uso dei paralleli della bibbia di Gerusalemme, secondo me, può essere molto utile per comprenderli. Però da un po' di anni è diventata di gran moda la scrutatio, la quale è un aggrovigliamento interiore, una introversione psicologica in cui alla scrittura posso far dire di tutto e il contrario di tutto, a seconda dell'umore del momento.

La scrutatio si fa anche sui salmi.
Sono state costruite le jeshivah nei seminari per far fare scrutatio ai seminaristi.
Si fa nelle convivenze.

Poi c'è la parola dei passaggi (letture quaresimali dell'anno A), che viene strumentalizzata a favore del cammino.
I baal della samaritana sono gli idoli che ti impediscono di fare il cammino
La guarigione del cieco nato rappresenta l'incontro con Cristo che hai fatto nel cammino, e così via.

Poi ci sono le interpretazioni aneddotiche/kikiane della scrittura, per cui Abramo dubita, ha più fede Isacco di lui.
E in generale la scrittura viene usata per mettere in evidenza le debolezze dell'uomo: la paura di Abramo, di Mosè, i peccati di Davide che gli impediscono di essere un buon genitore, e così via.

Ho scritto rapidamente quello che mi veniva in mente sulla manipolazione della scrittura che si fa nel cammino.
Per non parlare della lettura moralistica che si fa del discorso della montagna, dell' amore al nemico, che diventano dei martelli in mano ai catechisti per farti vedere che non sei convertito.

I catechisti nc che si occupano di iniziazione cristiana commettono il grave errore di usare quasi esclusivamente l'A.T. perchè è quello che conoscono meglio, perchè si può tradurre in storie facilmente raccontabili. Ma siccome la figura di Gesù Cristo è poco compresa - perchè ci si è fermati al sola scriptura, trascurando il magistero successivo al 105 d.C., si finisce per parlare poco di Gesù ai bambini, e molto più di Mosè e Pesah varie. [tutto ciò non meraviglia, tenendo conto anche di tutti gli altri elementi di giudaizzazione contenuti dal cammino]

La Parola non viene accostata per cercare la Verità, essi non cercano la verità, ma piegano alla loro formazione tutto quello che ascoltano, compresa la Parola, che non è più "lampada per i passi" ma arma da brandire

e non è più nemmeno il cesello del Vasaio, quello vero, ma la frusta e lo scalpello del padrone delle loro anime

Omne quod recipitur ad modus recipientis recipitur

questo significa che, se il recipiente è deformato, quello che entra risulta deformato ed ecco perché non riusciamo ad intenderci
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E' certamente un'invenzione di Arguello quella della "scrutatio
Dallo statuto nc - art.20, c.1), 2° capoverso:
I neocatecumeni, scrutando i salmi in piccoli gruppi, sono iniziati alla pratica assidua della “lectio divina” o “scrutatio scripturæ”, «nella quale la Parola di Dio è letta e meditata per trasformarsi in preghiera». Infatti, «l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo».

Nella prassi cattolica la ‘scrutatio’ è solo un momento della lectio, che insieme a meditatio, oratio, contemplatio, (e successiva ruminatio: il lasciarla risuonare costantemente nel proprio intimo, cogliendone sempre più le luci e i significati profondi) segna le fasi di approfondimento della Parola che consentono di assimilarla sempre di più e di tramutarla in nostra vita con l'aiuto della Grazia del Signore presente e operante in essa.

Scrutatio poi, non significa meditazione, ma ha la funzione di approccio di capire dal punto di vista storicistico il senso delle scritture. Invece Kiko e i catechisti con fare misterioso un bel giorno ti dicono adesso facciamo la "scrutatio"....E' una cosa che si rifà, appunto, alla Lectio divina ma non vi assomiglia neanche lontanamente. Per comprendere in modo corretto le scritture c'è chi fa anni di seminario o altrimenti di esperienza guidata... la Lectio è certamente riservata ad ogni credente, ma occorre all'inizio esservi guidati da un sacerdote e comunque da chi conosce l'esegesi e ha già maturato un'esperienza profonda e consolidata di questa pratica che consente di accostarsi alla Scrittura con gli atteggiamenti interiori adeguati ed anche con gli strumenti conoscitivi che permettono di andare oltre la "lettera". Essa non è altro che la porta d'accesso per tutti gli altri momenti di approfondimento e di assimilazione. Da quel che dice lo statuto vi si accenna solo in parte; ma poi in realtà accade tutt'altro.

Invece nel cammino accade che dai catechisti viene data una parola, si prende il Dufour che è un dizionario di teologia biblica e la si cerca lì. In genere i commenti del Dufour risultano molto lunghi e non mancano le persone che si rifiutano addirittura di leggerlo perché, dicono, è troppo complicato. Capita che i più svogliati se lo preparano a parte su un pezzo di carta. Questo non è concesso perché la "preparazione della parola" dovrebbe essere comunitaria. Qualcuno deve fare l' "ambientale" cioè l'introduzione , ma c'è chi non vuol mai farla o la fa in modo goffo o strampalato, in genere perché incapace di riassumere i concetti desunti dal Dufour. Il risultato: davvero pietoso.

Anche perché non sempre, anzi raramente è presente il sacerdote e il tutto si risolve in una interpretazione spesso letterale, del tutto personalistica e quindi approssimativa e, neppure si insegna l'atteggiamento di venerazione, rispetto, attesa amorosa di quel che la Parola vuol dirci, anche perché in essa irrompe il Soprannaturale se siamo capaci di vero ascolto e Adorazione; invece la si tratta con banalità, con superficialità, alla pari di uno strumento materiale, circondato di cure tutte esteriori: la copertina di Kiko, gli ammennicoli vari da lui introdotti (ricordate la Torah vestita messa in primo piano? Vedere immagine sopra, riferita agli elementi di 'giudaizzazione', cui fanno ala un rabbino e un vescovo, con Kiko gongolante al centro).

Peccato che non abbia introdotto il dato fondamentale, che ricordiamo alla scuola di Don Nicola Bux: «È necessario ribadire che la presenza di Cristo nella Parola c’è, a due condizioni: quando la lettura si fa “nella chiesa”, non privatamente, e quando “si legge” la Sacra Scrittura. Dunque non basta che ci sia il libro sacro sull’ambone o sull’altare, perché ci sia la presenza.». Questo oltre a rappresentare un’altra delle serie contaminazioni neocatecumenali alla fede cattolica (la pari dignità della Parola e delle S. Specie, rappresentata dai tabernacoli “a due piazze”) dimostra come la ‘scrutatio fai da te’ del cammino, sia ben lontana dal leggere ed interpretare la Sacra Scrittura nella Chiesa e, soprattutto, con la Chiesa.

Completa la riflessione il contributo di Larus:

Dall’Interpretazione della Bibbia nella Chiesa – Documento della Pontificia Commissione Biblica:

La Chiesa accoglie la Bibbia come Parola di Dio che si rivolge ad essa e al mondo intero nel tempo presente. Questa convinzione di fede ha come conseguenza uno sforzo di attualizzazione del messaggio biblico e di elaborazione di diversi modi per l’uso di testi ispirati.

- L’attualizzazione di un testo biblico, nell’esistenza cristiana, non può realizzarsi correttamente se manca la relazione con il mistero di Cristo e della Chiesa e presuppone una corretta esegesi che ne determini il senso letterale.
Se la persona che attualizza non ha personalmente una formazione esegetica, deve ricorrere a buone guide di lettura che permettano di ben orientare l’interpretazione per restare in accordo con la verità salvifica espressa nella Bibbia e di rispettare certi limiti evitando così possibili deviazioni.
Benché ogni lettura della Bibbia sia necessariamente selettiva, sono da evitare le letture tendenziose cioè quelle che invece di essere docili al testo, non fanno che utilizzarlo per i loro fini limitati (come nel caso dell’attualizzazione fatta da alcune sette, per esempio i Testimoni di Geova).
Le deviazioni saranno evitate se l’attualizzazione parte da una corretta interpretazio­ne del testo e si effettua nella corrente Tradizione vivente, sotto la guida del magistero della Chiesa.

- Un modo che si è elaborato per l’uso dei testi ispirati è la lectio divina, prassi attestata nell’ambiente monastico già dei primi tempi ed estesa a tutti i chierici (secolari e religiosi) per mezzo dell’istruzione “De Scriptura Sacra” del 1950.
Ai nostri giorni, la costituzione conciliare “Dei Verbum” (ed è questa la novità), invita tutti «i fedeli di Cristo» ad apprendere «la sublime conoscenza di Gesù Cristo».
La lectio divina sotto il suo duplice aspetto, comunitario e individuale, è quindi divenuta attuale con lo scopo di suscitare ed alimentare «un amore effettivo e costante» per la Sacra Scrittura, fonte di vita interiore e di fecondità apostolica.
Numerose associazioni movimenti e comunità di base, che mettono al primo posto la lettura della Bibbia in una prospettiva di fede e di impegno cristiano, centrano le loro riunioni sulla Bibbia e propongono un triplice obiettivo: conoscere la Bibbia, costruire la comunità e servire il popolo.
E’ motivo di gioia vedere la Bibbia presa in mano da gente umile e povera, che può fornire una luce più penetrante dal punto di vista spirituale ed esistenziale, di quella che viene da una scienza sicura di se stessa ma, a passare dalla lettura del testo biblico al suo significato di salvezza per il tempo presente, si corre il rischio di limitarsi a un commento superficiale causato dalla mancanza di preparazione specifica ed ha come conseguenza la tentazione di rinunciare ad approfondire le letture bibliche limitandosi a moraleggiare o a parlare di questioni attuali, senza illuminarle con la luce della Parola di Dio. Occorre quindi l’aiuto di esegeti per evitare attualizzazioni poco fondate.

La novità della Lectio nel popolo di Dio richiede una formazione illuminata, paziente e continua, tra i presbiteri, le persone di vita consacrata e i laici, in modo da giungere ad una condivisione delle esperienze di Dio motivate dalla Parola ascoltata. [cfr. Lineamenta “LA PAROLA DI DIO NELLA VITA E NELLA MISSIONE DELLA CHIESA” – Sinodo dei Vescovi, XII assemblea generale ordinaria]
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http://www.teologiabenedettine.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1070:approfondimenti-bibbia-parola-di-dio-e-teologia&catid=97:archivio-approfondimenti-bibbia&Itemid=130

  • la scrutatio necocatecumenale non aderisce alla lectio divina perché non rispetta i suoi 7 momenti
  • la preparazione della parola, anche se orientata dal dtb, non permette una attualizzazione ben fondata perché esso non implementa la Tradizione, non fa alzare lo sguardo dalla “pagina scritta”, non è sufficiente!
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2008/october/documents/hf_ben-xvi_spe_20081014_sinodo_it.html

Art. 11,c.2) Nella celebrazione della Parola di Dio, prima dell’omelia, il presbitero invita chi lo desidera tra i presenti ad esprimere brevemente ciò che la Parola proclamata ha detto alla sua vita. Nell’omelia, che ha un posto privilegiato nell’istruzione del Neocatecumenato, il presbitero prolunga la proclamazione della Parola, interpretandola secondo il Magistero e attualizzandola nell’oggi del cammino di fede dei neocatecumeni.
[Bene, per fare ciò il Sacerdote deve presiedere ad ogni riunione di ciascuna comunità presente in parrocchia e quindi, se ci sono 5 comunità, visto che le stesse celebrano rigorosamente separate l’una dall’altra, si può dire che da lunedì fino al venerdì è impegnato con la celebrazione settimanale, sabato con la celebrazione eucaristica, domenica con la convivenza mensile di ciascuna comunità ... ma il resto dei servizi parrocchiali quando li dovrebbe garantire? E se invece di 5 comunità ne fossero 6 o 7 o 13 o anche molte di più (così come è) come potrebbe aderire al c.2) dell’art.11? Chiamando altri 5 presbiteri? Anche se ci fossero, sarebbero a piena disposizione dei capricci NC?]
Continuiamo...

Art. 11,c.3) Ogni celebrazione della Parola è preparata accuratamente, a turno, da un gruppo della comunità, con l’aiuto, quando possibile, del presbitero. Il gruppo sceglie le letture e i canti, prepara le monizioni e dispone la sala e i segni liturgici per la celebrazione, curandone con zelo la dignità e la bellezza.
Benissimo! Oltre agli impegni di cui sopra il presbitero dovrà, quando possibile, essere presente alla preparazione della Parola che normalmente si fa a turno in casa di qualche fratello. Ma quando non è possibile che si fa? Chi potrà garantire una giusta attualizzazione? Forse altri presbiteri che non ci sono perché già impegnati per quanto detto prima?
... andiamo avanti!

4. Per approfondire la Scrittura «con l’intelligenza ed il cuore della Chiesa», i neocatecumeni si avvalgono soprattutto della lettura degli scritti dei Padri, dei documenti del Magistero, in particolare del Catechismo della Chiesa Cattolica, e di opere di autori spirituali.
Questa poi … Solo la mano benevola di chi sa il fatto suo ha potuto scrivere ciò. Chi l’ha scritto (voglio essere buono) non è stato informato che i NC dalla ‘nascita’ della comunità fino al secondo passaggio, passano a volte anche più di 7 anni e, durante questo tempo gli unici testi dei quali si avvalgono i NC sono il dizionario di teologia biblica Léon-Dufour ed un testo dalla copertina blu, ormai non più spacciato dai catechisti, dal titolo “le tappe della storia della salvezza”. Ambedue i testi traggono gli argomenti esclusivamente dalle pagine della Bibbia senza integrare e attualizzare in alcun modo la Tradizione bi millenaria della Chiesa cattolica, condizione essenziale per una corretta esegesi che attualizzi fondatamente le letture bibliche.

martedì 19 ottobre 2010

Le vie per trovare la Verità…

Di recente è iniziato il Sinodo per il MO. Alcuni interventi dei padri sinodali hanno portato alla ribalta l’espansione della Comunità Nc, a margine dell’espansione dei movimenti in genere. C’è comunque un fatto bene augurante. Il CnC è definito, ormai in modo ufficiale, “movimento”. Quindi anche nel linguaggio ufficiale, facendo seguito alla definizione Canonica (Cfr. Statuto del CnC, art 3, nota 3), il CnC è ben identificato come una aggregazione laicale. Sembra questione di lana caprina ma non lo è affatto. Nel linguaggio comune il CnC era l’unica aggregazione che rifiutava la definizione di “movimento”, ma si auto-dotava della definizione di “iniziazione”. Invece il CnC, è concepito sia giuridicamente che oggi anche nel linguaggio (Cfr. anche Lettera del Papa a Cordes, per il suo compleanno, 18/12/09) come un eventuale strumento di attuazione della pastorale di iniziazione diocesana (movimento) che può avvenire per mezzo dell’aggregazione laicale.

Uno dei Padri Sinodali, il Card. Rylko, ha citato nel suo intervento quanto segue:

[..]Nell'ambito della formazione del laicato si apre un vasto spazio di azione per le diocesi e le parrocchie, ma anche per le scuole e le università cattoliche, chiamate a ricercare le vie e i metodi educativi sempre più rispondenti alle reali esigenze dei fedeli, seguendo gli insegnamenti della Christifideles laici, magna charta del laicato cattolico.
[…]Nella nostra epoca, uno dei grandi segni di speranza per la Chiesa è la “nuova stagione aggregativa dei fedeli” (Christifideles laici n. 29), che, dopo il Concilio Vaticano II, vede la nascita di tanti movimenti ecclesiali e nuove comunità. Un vero dono dello Spirito Santo! Questi nuovi carismi danno origine ad itinerari pedagogici di straordinaria efficacia per la formazione umana e cristiana dei giovani e degli adulti, e sprigionano in loro uno stupefacente slancio missionario di cui la Chiesa oggi ha particolarmente bisogno. Queste nuove comunità non sono, ovviamente, un'alternativa alla parrocchia, ma piuttosto un sostegno prezioso e indispensabile nella sua missione. In spirito di comunione ecclesiale, aiutano e stimolano le comunità cristiane a passare da una logica di mera conservazione ad una logica missionaria.
[…]È, dunque, davvero auspicabile che le Chiese del Medio Oriente si aprano con crescente fiducia a queste nuove realtà aggregative.

Subito salta agli occhi un linguaggio che rende visibile un sottinteso. Questo intervento è volto alla “pubblicizzazione” di uno specifico “cammino”? Sembra di sì, per chi lo conosce bene. Gli è che, la genericità del testo, che parla di “movimenti e comunità”, che attuano percorsi pedagogici (e a dire il vero il percorso pedagogico non è usato solo dal CnC), permette di analizzarlo anche in senso più globale, appunto (perché così si presenta). E soprattutto, poniamoci la domanda se il Cammino che non vi è citato direttamente, ma che vi è compreso, in che senso e in che modo possa e debba essere accreditato come reale strumento pedagogico ecclesiale. Il Card. Rylko mette alla base del suo intervento la Christifideles laici, chiamandola addirittura “magna charta” del Laicato cattolico. Mi viene da chiedere: il Laicato Cattolico, più precisamente il Laicato NeoCat, conosce questo Documento magisteriale che dovrebbe costituire addirittura la sua “magna carta”? Questa è la prima domanda. La seconda domanda è: è vero che le aggregazioni laicali, ivi compresa il CnC, agiscono in “spirito di Comunione”, senza porsi come alternativa alla parrocchia? Infatti qui abbiamo due elementi: la Christifideles laici, come fondamento dei percorsi pedagogici, e la non “alternatività” alla Parrocchia delle aggregazioni. In che misura queste due affermazioni corrispondono al vero?

Cerchiamo di dare una risposta alla prima domanda (la Christifideles laici), estrapolando i brani che citano direttamente ciò a cui fa riferimento il Card. Rylko:

I CARISMI
[…]I carismi vanno accolti con gratitudine: da parte di chi li riceve, ma anche da parte di tutti nella Chiesa. Sono, infatti, una singolare ricchezza di grazia per la vitalità apostolica e per la santità dell'intero Corpo di Cristo: purché siano doni che derivino veramente dallo Spirito e vengano esercitati in piena conformità agli impulsi autentici dello Spirito. In tal senso si rende sempre necessario il discernimento dei carismi. In realtà, come hanno detto i Padri sinodali, «l'azione dello Spirito Santo, che soffia dove vuole, non è sempre facile da riconoscere e da accogliere. Sappiamo che Dio agisce in tutti i fedeli cristiani e siamo coscienti dei benefici che vengono dai carismi sia per i singoli sia per tutta la comunità cristiana. Tuttavia, siamo anche coscienti della potenza del peccato e dei suoi sforzi per turbare e per confondere la vita dei fedeli e della comunità»(81).Per questo nessun carisma dispensa dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della Chiesa. Con chiare parole il Concilio scrive: «Il giudizio sulla loro (dei carismi) genuinità e sul loro esercizio ordinato appartiene a quelli che presiedono nella Chiesa, ai quali spetta specialmente, non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cf. 1 Tess 5, 12 e 19-21)»(82), affinché tutti i carismi cooperino, nella loro diversità e complementarietà, al bene comune(83).
[…]
CRITERI DI ECCLESIALITA' PER LE AGGREGAZIONI LAICALI
30. E' sempre nella prospettiva della comunione e della missione della Chiesa, e dunque non in contrasto con la libertà associativa, che si comprende la necessità di criteri chiari e precisi di discernimento e di riconoscimento delle aggregazioni laicali, detti anche «criteri di ecclesialità».Come criteri fondamentali per il discernimento di ogni e qualsiasi aggregazione dei fedeli laici nella Chiesa si possono considerare, in modo unitario, i seguenti:
-Il primato dato alla vocazione di ogni cristiano alla santità, manifestata «nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli»(109) come crescita verso la pienezza della vita cristiana e la perfezione della carità(110). In tal senso ogni e qualsiasi aggregazione di fedeli laici è chiamata ad essere sempre più strumento di santità nella Chiesa, favorendo e incoraggiando «una più intima unità tra la vita pratica dei membri e la loro fede»(111).
-La responsabilità di confessare la fede cattolica, accogliendo e proclamando la verità su Cristo, sulla Chiesa e sull'uomo in obbedienza al Magistero della Chiesa, che autenticamente la interpreta. Per questo ogni aggregazione di fedeli laici dev'essere luogo di annuncio e di proposta della fede e di educazione ad essa nel suo integrale contenuto.
-La testimonianza di una comunione salda e convinta, in relazione filiale con il Papa, perpetuo e visibile centro dell'unità della Chiesa universale(112), e con il Vescovo «principio visibile e fondamento dell'unità»(113) della Chiesa particolare, e nella «stima vicendevole fra tutte le forme di apostolato nella Chiesa»(114).
La comunione con il Papa e con il Vescovo è chiamata ad esprimersi nella leale disponibilità ad accogliere i loro insegnamenti dottrinali e orientamenti pastorali. La comunione ecclesiale esige, inoltre, il riconoscimento della legittima pluralità delle forme aggregative dei fedeli laici nella Chiesa e, nello stesso tempo, la disponibilità alla loro reciproca collaborazione.
[…]
L'opera educativa di Dio si rivela e si compie in Gesù, il Maestro, e raggiunge dal di dentro il cuore d'ogni uomo grazie alla presenza dinamica dello Spirito. A prendere parte all'opera educativa divina è chiamata la Chiesa madre, sia in se stessa, sia nelle sue varie articolazioni ed espressioni. E' così che i fedeli laici sono formati dalla Chiesa e nella Chiesa, in una reciproca comunione e collaborazione di tutti i suoi membri: sacerdoti, religiosi e fedeli laici. Così l'intera comunità ecclesiale, nei suoi diversi membri, riceve la fecondità dello Spirito e ad essa coopera attivamente. In tal senso Metodio di Olimpo scriveva: «Gli imperfetti (...) sono portati e formati, come nel seno di una madre, dai più perfetti finché siano generati e partoriti per la grandezza e la bellezza della virtù»(217), come avvenne per Paolo, portato e introdotto nella Chiesa dai perfetti (nella persona di Anania) e diventato poi a sua volta perfetto e fecondo di tanti figli.
Educatrice è, anzi tutto, la Chiesa universale, nella quale il Papa svolge il ruolo di primo formatore dei fedeli laici. A lui, come successore di Pietro, spetta il ministero di «confermare nella fede i fratelli», insegnando a tutti i credenti i contenuti essenziali della vocazione e missione cristiana ed ecclesiale. Non solo la sua parola diretta, ma anche la sua parola veicolata dai documenti dei vari Dicasteri della Santa Sede chiede l'ascolto docile e amoroso dei fedeli laici.
La Chiesa una e universale è presente nelle varie parti del mondo nelle Chiese particolari. In ognuna di esse il Vescovo ha una responsabilità personale nei riguardi dei fedeli laici, che deve formare mediante l'annuncio della Parola, la celebrazione dell'Eucaristia e dei sacramenti, l'animazione e la guida della loro vita cristiana.
Entro la Chiesa particolare o diocesi si situa ed opera la parrocchia, la quale ha un compito essenziale per la formazione più immediata e personale dei fedeli laici. Infatti, in un rapporto che può raggiungere più facilmente le singole persone e i singoli gruppi, la parrocchia è chiamata a educare i suoi membri all'ascolto della Parola, al dialogo liturgico e personale con Dio, alla vita di carità fraterna, facendo percepire in modo più diretto e concreto il senso della comunione ecclesiale e della responsabilità missionaria.
All'interno poi di talune parrocchie, soprattutto se vaste e disperse, le piccole comunità ecclesiali presenti possono essere di notevole aiuto nella formazione dei cristiani, potendo rendere più capillari e incisive la coscienza e l'esperienza della comunione e della missione ecclesiale. Un aiuto può essere dato, come hanno detto i Padri sinodali, anche da una catechesi postbattesimale a modo di catecumenato, mediante la riproposizione di alcuni elementi del «Rituale dell'Iniziazione Cristiana degli Adulti», destinati a far cogliere e vivere le immense e straordinarie ricchezze e responsabilità del Battesimo ricevuto(218).

La Christifideles laici merita di essere letta e meditata, tutta. Per questo rimandiamo al sito della Santa sede, dove è facilmente reperibile. Per ciò che concerne il nostro discorso, vale la pena soffermarci sui tratti citati. Il Documento parla di “aggregazioni laicali” (o associazioni), chiamate “movimenti”, tenendo in alta considerazione l’eventualità che possano essere fondati mediante un Carisma particolare. Interessanti sono i criteri per riconoscere l’utilità e la autenticità di un carisma! Anche alla luce della frase che chiude il periodo logico riguardo la necessità del discernimento: "Tuttavia, siamo anche coscienti della potenza del peccato e dei suoi sforzi per turbare e per confondere la vita dei fedeli e della comunità." Da cui si capisce, senza fare troppo sforzo deduttivo, che i Doni possono anche non provenire da Dio. O comunque, anche in presenza di un Dono di Dio, l’Uomo ne può fare cattivo uso! Non vi è, in ogni caso, nessun “automatismo” di “giudizio” in presenza di un Dono. Anche se giudicato come Dono di Dio! Non esiste l’equazione: io ho il Dono, ergo lo esercito (a modo mio) perché Dio è superiore agli uomini! Questo è indizio evidente del peccato e quindi della dannosità di ciò che da esso deriva! Ancora più interessante la richiesta impellente di sottomissione al Papa, addirittura alla sua parola, come anche e soprattutto alle sue decisioni e al suo magistero! Intressantissima, anche, la richiesta che le aggregazioni si fondino su una collaborazione reciproca, interna ed esterna! Una intercomunione associativa che, ovviamente, si fonda sulla Comunione Parrocchiale! Infatti, il documento ribadisce continuamente la necessità della Comunione Parrocchiale delle aggregazioni, riferendosi al dovere del servizio per essere più inseriti nella Parrocchia!

Arriviamo al punto dolente. Il riferimento, nella Christifideles laici a quegli itinerari postbattesimali di tipo “catecumenale”. Ma leggendo questo riferimento, cosa troviamo? Troviamo forse la Prassi del CnC? Di cosa parla la Christifideles laici? Parla di itinerari catechistici che si possano avvalere di alcuni elementi del RICA, adatti alla realtà di Battezzati. Ebbene, si guardi il RICA stesso. Chi potrà vederci la prassi del CNC?

Insomma, ad un primo esame vediamo che la “magna charta” su cui Rylko ha fondato il suo intervento e che Egli stesso definisce come il fondamento di questi “itinerari pedagogici”, probabilmente tanto “magna charta” non è. Perché la prassi di questi itinerari, svolti per mezzo di aggregazioni laicali, ma soprattutto dal CnC che vi è incluso, sembra non considerare il fondamento su cui dovrebbe basarsi? Dunque? Cosa comporta un fatto di questo tipo? Lo chiedo ai Sacri Pastori a mo’ di lettera aperta? Cosa comporta, Reverendi Padri, disattendere ai fondamenti? Ditecelo voi.

Proviamo a rispondere alla seconda domanda. Le aggregazioni sono davvero parte integrante della parrocchia? Dal quantitativo di interventi correttivi diretti ad alcuni settori del movimento carismatico cattolico e al Cammino Neocatecumenale, ad esempio, inerenti proprio questo fatto specifico, sembra proprio di no! Il Cammino ha ricevuto più volte, sia durante il pontificato di Giovanni Paolo II, sia durante quello di Benedetto XVI, richiami espliciti alla Comunione Parrocchiale ed ecclesiale. Non ultimi quelli espressi nella Lettera del Papa consegnata dal Card. Arinze, che si riscontrano nel loro Statuto, e quelli espressi in varie occasioni nei discorsi di Benedetto XVI (Cfr. Discorso del 12 Gennaio 2006 e del 10 gennaio 2009). Comunione intesa soprattutto riguardo alla fedeltà al Rito Cattolico (il quale consta di due forme, lo ricordo: quella Gregoriana e quella Paolina), primo e fondamentale fondamento per la Vera Comunione Cattolica. Poi intesa come integrazione nella Parrocchia. Anzi! Addirittura chiedendo che il CnC sia strumento di integrazione! Noi abbiamo riscontri che il CnC sia “strumento di integrazione”, che usi lo stesso Rito della Chiesa Latina in tutto, che applichi la stessa pastorale? E se sì in che modo?

Da quello che vediamo, usando solo gli occhi (!), il Cnc (come altri movimenti) ha caratteristiche identitarie proprie. Ha una propria prassi, un proprio Rito (corretto dalla Chiesa più volte, e corretto anche dal proprio Statuto), una propria pastorale, un proprio catechismo (segreto). Questo si riscontra semplicemente documentandosi sul CnC. Guardando alla sua struttura (la Parrocchia “atomica”, formata da “comunità di comunità” parallele). Come è possibile dunque, affermare che il Cnc è specchio delle affermazioni del Card. Rylko?

Stefano

EPPUR SI MUOVE… QUALCHE CRITICA AUTOREVOLE AI NEOCATECUMENALI


Le recenti richieste emerse nel Sinodo sul Medio Oriente circa presunte necessità di rinnovare e riformare la liturgia o, addirittura, il modo di eleggere il successore di Pietro hanno lasciato sgomento gran parte del mondo cattolico e abbiamo potuto vedere anche su questo blog quale e quanto interesse abbiano suscitato , dando luogo a discussioni ricche e vivaci. Lo stesso thread sull’uso del denaro nel microcosmo neocatecumenale – degno corollario dei threads precedenti – ha riaperto un altro fronte di discussione, che potrà senz’altro continuare in questo nuovo tema.

Si tratta infatti di un tema quasi obbligato : proprio oggi è stato dato l’annuncio del prossimo concistoro nel quale la porpora dovrebbe eser data , tra gli altri, a Monsignor Ranjiith, arcivescovo dello Sri Lanka, come in molti credo ci si augura. Proprio su questa bella figura di pastore nei giorni scorsi Sandro Magister scriveva un lungo articolo che vale la pena non lasciar passare inosservato e che in qualche modo fa da contraltare ai recenti trionfalismi di Mons. Rylko a proposito dei suoi pupilli ncn.
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I più bravi allievi di Ratzinger sono in Sri Lanka e Kazakhstan.

Sono i ves
covi Ranjith e Schneider. Seguono l'esempio del papa in campo liturgico più e meglio di tanti loro colleghi in Italia e in Europa. Un test rivelatore: il modo di dare la comunione nella messa .(di Sandro Magister)


ROMA, 14 ottobre 2010 – Nello Sri Lanka i vescovi e i sacerdoti cattolici vestono tutti di bianco, come si può vedere nell'insolita foto qui sopra: con l'intero clero della diocesi di Colombo, la capitale, in diligente ascolto del suo arcivescovo Malcolm Ranjith, probabile nuovo cardinale nel prossimo concistoro. Nella sua diocesi, l'arcivescovo Ranjith ha indetto uno speciale anno dell'eucaristia. E per prepararlo ha riunito tutti i suoi sacerdoti in tre dense giornate di studio a Colombo, dove ha fatto arrivare da Roma due oratori d'eccezione: il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della congregazione vaticana per il culto divino, e padre Uwe Michael Lang, membro della medesima congregazione e consultore dell'ufficio delle celebrazioni liturgiche pontificie. Lang, tedesco di nascita, oratoriano, è cresciuto in Gran Bretagna alla scuola del grande Henry Newman, fatto beato da Benedetto XVI lo scorso 19 settembre a Birmingham.

È autore di uno dei libri che più hanno fatto discutere negli ultimi anni, in campo liturgico: "Rivolti al Signore", nel quale sostiene che l'orientamento giusto nella preghiera liturgica è verso Cristo, sia da parte dei sacerdoti che dei fedeli. Il libro era introdotto da una prefazione partecipe di Joseph Ratzinger, scritta poco prima della sua elezione a papa.
L'arcivescovo Ranjith, che prima di tornare in Sri Lanka era segretario della congregazione vaticana per il culto divino, è stato ed è un entusiasta estimatore e propagatore della tesi del libro di Lang, oltre che persona di fiducia di Benedetto XVI. Così come lo è il cardinale Cañizares Llovera, non a caso definito in patria "il Ratzinger della Spagna". chiamato a Roma dal papa per far da guida alla Chiesa in materia liturgica, obiettivo centrale di questo pontificato.

Non solo. Per offrire ulteriori lumi ai suoi sacerdoti nelle tre giornate di studio, l'arcivescovo Ranjith ha fatto arrivare dalla Germania uno scrittore cattolico di primo piano, Martin Mosebach, anche lui autore di un libro che ha fatto molto discutere: "Eresia dell'informe. La liturgia romana e il suo nemico". E l'ha chiamato a parlare proprio sugli sbandamenti della Chiesa in campo liturgico.

Tutto questo per quale finalità? Ranjith l'ha spiegato in una lettera pastorale alla diocesi: per ravvivare la fede nella presenza reale di Cristo nell'eucaristia e per educare a esprimere tale fede in segni liturgici adeguati. Ad esempio col celebrare la messa "rivolti al Signore", col ricevere la comunione nella bocca invece che in mano, e col riceverla in ginocchio. Insomma con quei gesti che sono tratti distintivi delle messe celebrate da papa Ratzinger.

Ciò che colpisce, di questa come di altre notizie analoghe, è che l'azione di Benedetto XVI per ridare vitalità e dignità alla liturgia cattolica sembra meglio capita e applicata nella "periferia" della Chiesa che nel suo baricentro europeo. Non è un mistero, ad esempio, che il canto gregoriano è oggi più vivo e diffuso in taluni paesi dell'Africa e dell'Asia che in Europa.

Tra le indicazioni date dall'arcivescovo Ranjith per l'anno eucaristico nella diocesi di Colombo c'è infatti anche quella di educare i fedeli a cantare in latino, nelle messe, il Gloria, il Credo, il Sanctus, l'Agnus Dei.
Allo stesso modo, la decisione di Benedetto XVI di liberalizzare l'uso del messale antico accanto a quello moderno – per un reciproco arricchimento tra le due forme di celebrazione – pare essere compresa e applicata in Africa e in Asia meglio che in talune regioni d'Europa. Un'ulteriore prova di ciò riguarda il modo con cui la comunione è data ai fedeli: in mano o nella bocca, in piedi o in ginocchio. L'esempio dato da Benedetto XVI – comunione in bocca e in ginocchio, in tutte le sue messe a partire dal Corpus Domini del 2008 – trova pochissimo seguito soprattutto in Europa, in Italia e nella stessa Roma, dove si continua quasi ovunque a dare la comunione in mano a chiunque si avvicini a chiederla, nonostante le norme liturgiche lo consentano sono in casi eccezionali.

A Palermo, dove il papa si è recato lo scorso 3 ottobre, alcuni sacerdoti del posto hanno rifiutato di mettersi in fila per ricevere la comunione da lui, pur di non sottostare a un gesto che non condividono. Si è inoltre diffusa la diceria che nelle messe celebrate dal papa ci si inginocchia perché si è davanti a lui, e non per adorare Gesù nel santissimo sacramento. Una diceria che trova ascolto nonostante da qualche tempo diano la comunione in bocca e al fedele inginocchiato anche i cardinali e i vescovi che celebrano su mandato del papa.

Non sorprende che il servizio che www.chiesa ha dedicato a metà settembre al significato dell'inginocchiarsi in adorazione davanti a Dio e all'eucaristia abbia sollevato le proteste di vari lettori, tra i quali dei sacerdoti. L'argomento principe portato contro l'inginocchiarsi alla comunione è che la messa ha come suo modello e origine l'ultima cena, dove gli apostoli stavano seduti e mangiavano e bevevano con le loro mani. È il medesimo argomento addotto dai neocatecumenali per giustificare il loro modo "conviviale" di celebrare la messa e di fare la comunione, "nonostante le autorità della Chiesa – tra cui vantano però dei sostenitori, come il sostituto segretario di stato Fernando Filoni – abbiano loro comandato di rispettare gli ordinamenti liturgici generali." [versione presente ancora al 15.10, anche da noi ripresa in un primo tempo e confermata da chi dispone della stampa del testo] "al quale continuano ad attenersi grazie al permesso che le autorità della Chiesa – tra cui vantano dei sostenitori, come il sostituto segretario di stato Fernando Filoni – hanno dato loro di "ricevere la comunione in piedi restando al loro posto" (articolo 13.3 del loro statuto). [versione attuale che risulterebbe rettificata. La prima era corretta nella sostanza, la seconda lo è negli elementi formali -ndR]
Anche qui, per trovare le parrocchie, le diocesi, i sacerdoti e i vescovi che agiscono e insegnano in piena sintonia con Benedetto XVI è più facile cercare nella "periferia" della Chiesa: ad esempio nel remoto Kazakhstan, nell'Asia centrale ex sovietica. Lì, nella diocesi di Karaganda, i fedeli ricevono tutti la comunione in bocca e in ginocchio. E lì c'è un giovane vescovo, l'ausiliare di Karaganda Athanasius Schneider, che ha scritto sul tema un libretto splendente come una pietra preziosa, dal titolo: "Dominus est. Riflessioni di un vescovo dell'Asia centrale sulla sacra comunione". Il libretto è in due parti. La prima racconta le vite eroiche di quelle donne cattoliche che negli anni del dominio comunista portavano in segreto la comunione ai fedeli, sfidando le proibizioni. E la seconda spiega la fede che era all'origine di quell'eroismo: una fede così forte nella presenza reale di Gesù nell'eucaristia da offrire per essa la vita. Ed è su questo sfondo che il vescovo Schneider rivisita i Padri della Chiesa e la storia della liturgia in occidente e in oriente, illuminando il nascere e il consolidarsi del modo adorante di ricevere la comunione in ginocchio e nella bocca.

Quando papa Ratzinger lesse il manoscritto del vescovo Schneider, subito ordinò alla Libreria Editrice Vaticana di pubblicarlo. Il che fu fatto, in italiano e in spagnolo, nel 2008.
L'edizione in lingua inglese del libro ha la prefazione del vescovo di Colombo, Ranjith.

lunedì 18 ottobre 2010

Reclutamento fondi in ambito neocatecumenale. Ancora uno sguardo agli elementi giudaizzanti

In attesa dell'articolo di Stefano, se ne avrà il tempo e se vorrà, aggiorno la discussione con queste riflessioni. Le precisazioni di Larus sono molto eloquenti per mostrare la dinamica interna al cammino e il metodo per coartare gli adepti strumentalizzando la parola di Dio. Tra di noi c'è ancora chi ricorda i pressanti appelli a tutte le comunità ai tempi della costruzione della Domus... (nell'immagine notate l'eloquente presenza dell'esposizione della Torah nella Biblioteca: al centro Kiko gongolante, ai lati un rabbino e un vescovo!)

Dice Tripudio:
“Un seminario di Kiko (non voglio chiamarli utilizzando abusivamente uno dei titoli più belli della Madonna) viene invece aperto come struttura autonoma, pianificato dall'alto, di cui poi i vertici del Cammino si incaricheranno di riempirlo (credete forse che basti aprire un seminario per attirare vocazioni? credete forse che le vocazioni non neocat desiderino entrare in un seminario neocat piuttosto che in uno normale?)”

Replica Larus:
I camminanti, quando qualcosa non va come avrebbero desiderato, ricevono da parte dei catechisti i soliti rimbrotti:
“vuol dire che il Signore non vuole che si compia questo..."
"vuol dire che ciò non è buono per te..."
"vai avanti e continua ad accettare la tua storia!!!”.

Ma guardate un po’ cosa accade quando quel che non riesce a realizzarsi è qualcosa che tocca la storia di Kiko ...

Tutti sappiamo le difficoltà del R-M di Cosenza, tanto che su internet è pubblicato un volantino pro-seminario molto eloquente con l’indicazione dei numeri di c.c.bancario, c.c.postale e cod.fisc. per il 5x1000.

Ma ciò che non si conosce è ‘il segno concreto in denaro’, proposto (a mezzo di una tessera azzurra da compilare) a tutti i fratelli della Sicilia e Calabria; un vero impegno formale della durata di un anno, dove la ‘destra’ sa perfettamente ciò che fa la ‘sinistra’.

E guardate con quanta ‘umiltà’ (???) vengono guidati i fratelli perché aderiscano all’iniziativa:

“oggi più che mai il mondo ha bisogno di sacerdoti umili (docili alle direttive NC), santi (che sopportino le equipe dei catechisti con le loro carte ‘riformatrici’) e missionari (per l’Europa da salvare con le comunità NC)” [PAROLA DI KIKO]

“Costoro (I seminaristi di CS) giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: egli (Kiko) merita che tu gli faccia questa grazia (mantenere la promessa fatta al Vescovo), dicevano, perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga (con le ‘offerte non libere’ dei fratelli di Sicilia e Calabria)” [PAROLA DI SAN PAOLO]

E che sia una sinagoga più che un seminario lo dimostra la bimah dell'immagine pubblicata a lato. Si tratta dell'aula di studio, la yeshivà, del seminario di Macerata (ma ogni seminario è esattamente identico a tutti gli altri: negli arredi nei colori nei simboli, nel 'santuario della Parola' al posto della 'cappella dell'Adorazione', col Tabernacolo a due piazze e con i sedili rivolti alla comunità e non al Signore, nonché in tutto quanto lo assimila più a una sinagoga che a un seminario cattolico. A prescindere ovviamente dallo stile e dai contenuti interiorizzati: ma anche le immagini dell'ambiente hanno una loro eloquenza.

Del resto non dipentichiamoci che "lo stile sinagogale" è quello che viene proclamato in tutte le pastorali diocesane di nuovo conio (neocat naturalmente)

Potenza del ‘carisma’ di Kiko!
Larus

sabato 16 ottobre 2010

Sviluppi del Sinodo per il Medio Oriente

A questo link, chi è interessato, troverà il discorso del direttore della domus Galileae: (ho inserito l'immagine del 'giudizio universale' che kiko ha dipinto per la Domus e non solo, con l'inferno VUOTO: il grande spazio rosso in basso a destra popolato solo dal diavolo)

Rispetto al resto delle eresie neocatecumenali e alla giudaizzazione del cristianesimo, questo appare un dettaglio pressocché insignificante. Tuttavia, prima del concilio, sarebbe bastato per non inserire nella Chiesa una 'entità' così estranea, tra l'altro molto gradita agli ebrei; ma proprio in quanto giudaizzante; il che significa diluire il cuore profondo del cristianesimo e espungere le Sorgenti della nostre Fede travestite da un insano archeologismo liturgico ed altro... ne abbiamo parlato a iosa. Chi vuole, non ha che sfogliare il nostro sito o questo blog

Nel discorso linkato, chi è interessato leggerà i soliti argomenti, la solita propaganda neocatecumenale, vedrà come gli ebrei si sentono a casa loro in quella Domus, farcita di segni e simboli ebraici, e saprà come i ncn fondano e presentano l'unicità del loro cammino:

" I Padri orientali nei primi secoli di fronte alle sfide del loro tempo, in un mondo pagano, hanno elaborato un itinerario di iniziazione cristiana: il Catecumenato. La Chiesa come una madre, in un percorso lento con tappe, gestava nei suoi figli la Vita Eterna. Oggi è necessario offrire ai nostri cristiani un catecumenato adattato alla loro condizione di battezzati.

I pastori della Terra Santa sono coscienti delle sfide che ci attendono oggi e lo posso testimoniare anche con l'iniziativa del Patriarca Latino di Gerusalemme, che in comunione con gli arcivescovi Greco-Melchita e Maronita, ha aperto un seminario missionario Redemptoris Mater, per preparare presbiteri missionari per la Nuova Evangelizzazione. "


E così la "chiesa di Kiko" si diffonderà, e si diffonde già, anche in quei luoghi santi, verrà a sostituire il patrimonio spirituale e liturgico, le tradizioni, di quel popolo già martoriato. E noi possiamo solo assistere impotenti e affranti a questo nuovo scempio in atto.

Aggiungo, per completezza di informazione e comodità di consultazione di chi legge, i link già inseriti in quello precedente: ecco alcuni dei nostri interventi sul rischio delle comunità di più antica tradizione a causa dell'indiscriminato e aggressivo proliferare del Cammino NC :
[vedi ] - [vedi] - [vedi]

Mentre questo è il link sugli attuali sviluppi del Sinodo.

venerdì 15 ottobre 2010

Forti 'venti' di riforme liturgiche dal Sinodo per il Medio Oriente

Avevo pensato di accennarvi soltanto; ma è un argomento troppo importante per non riprenderlo integralmente e dargli quindi maggiore risonanza. E' l'articolo di Francesco Colafemmina apparso già ieri su Fides et Forma, che ha colto i 'venti' di innovazione provenienti dal Sinodo per il MO tuttora in corso. Poiché, purtroppo, la corrente egemone, nella Chiesa, è quella che rischia di prevalere anche in questo caso (notare l'intervento di Rylko e quello di Carballo), non ci resta che informare e pregare. E che il Signore e la Sua Santa Madre preservino la Chiesa da nuovi gravi scempi e ulteriore oscuramento della Verità.
Vi ricordo, nei link di seguito, alcuni dei nostri interventi sul rischio delle comunità di più antica tradizione a causa dell'indiscriminato e aggressivo proliferare del Cammino NC : [vedi ] - [vedi] - [vedi]
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Tutti hanno parlato delle fortissime parole pronunciate a braccio da Papa Benedetto nell'ambito del Sinodo dei Vescovi delle Chiese Orientali. Una testimonianza in più di come il Papa spesso senta l'esigenza di uscire dall'astruso meccanismo degli scribi curiali, per donarci parole autentiche e personali.
Nessuno però ha ancora parlato di quello che i relatori - specie quelli più influenti - stanno affermando nel corso del Sinodo. Mi riferisco in particolare alle questioni riguardanti la liturgia, la catechesi e l'ecumenismo.

Partiamo dai Lineamenta del Sinodo, presentati nel dicembre dello scorso anno. Qui l'accenno alla riforma liturgica (avete capito bene!) dei riti orientali è breve e aspecifico: "60. C’è un ambito che meriterebbe una collaborazione su base regolare tra cattolici ed ortodossi: è quello della liturgia. Sarebbe auspicabile uno sforzo di rinnovamento, radicato nella tradizione e che tenga conto della sensibilità moderna e dei bisogni spirituali e pastorali attuali. Tale lavoro dovrebbe essere realizzato, per quanto possibile, congiuntamente."

Nell'Instrumentum Laboris ultimato nel giugno del 2010, invece, il riferimento diventa dettagliato. Al paragrafo 70 e seguenti, dopo un'evocazione del Vaticano II, si afferma: "in modo particolare, in tutte le Chiese orientali la divina liturgia esprime la sua centralità, tra l’altro, attraverso un’ampia e ricca varietà rituale. La ricerca dell’armonia dei riti, che il Concilio Vaticano II raccomanda vivamente, può illuminare l’attenta considerazione di questo tema così importante nell’Oriente cristiano."

Si tratterebbe quindi di "armonizzare" i riti orientali. Ma a quale scopo? Perché "non può sottovalutarsi oggi la capacità (del rito) di mantenere viva la fede dei credenti e anche di attirare l’interesse di coloro che si sono allontanati o addirittura di quelli che non credono." [linguaggio ben riconoscibile come neocat]

Dunque è chiara l'intenzione di riformare i riti orientali per attrarre i non credenti o i cristiani non praticanti: quasi che l' "attrazione" del "pubblico" dei fedeli si basi soltanto sull'incontro fra la liturgia e le esigenze del mondo contemporaneo. Una visione che sembra voler sostituire alla viva tradizione della Chiesa e agli elementi identitari e particolari dei singoli usi liturgici delle Chiese Orientali, una omologazione liturgica che se compiutamente attuata, rischia di minare l'esistenza stessa delle suddette Chiese, aggregandole così definitivamente ed uniformando anche i loro sacramenti.

Andiamo avanti. Come dev'essere attuata questa riforma, questo "rinnovamento"? L'Instrumentum Laboris risponde: "non poche risposte auspicano uno sforzo di rinnovamento, che, pur rimanendo fermamente radicato nella tradizione, tenga conto della sensibilità moderna e dei bisogni spirituali e pastorali attuali. Altre risposte presentano qualche caso di tale rinnovamento attraverso l’istituzione di una commissione di specialisti per la riforma della liturgia."[Rabbrividisco al solo pensiero di chi potrebbero essere questi cosiddetti "specialisti". Non è un timore infondato, visto quel che viene dopo]

Commissione per la riforma della liturgia! Ecco la soluzione. E cosa dovrebbe fare questa commissione? "L’aspetto più rilevante del rinnovamento liturgico finora portato avanti consiste nella traduzione in lingua vernacola, principalmente in arabo, dei testi liturgici e delle preghiere devozionali perché il popolo possa ritrovarsi nella partecipazione alla celebrazione dei misteri della fede." [E' raccapricciante! Ricordo celebrazioni in rito siriaco del vescovo Sfeir in Aramaico, la lingua parlata da Gesù, e ardirebbero togliere di mezzo perfino queste! Ma le altre antiche Tradizioni non sono da meno...]

Traduzioni in lingua vernacola per garantire l'actuosa partecipatio. L'Instrumentum aggiunge, quasi per spegnere sul nascere i riottosi tradizionalisti orientali: "a questo proposito è doveroso segnalare che mentre sono pochi coloro che preferiscono mantenere la lingua originale, la stragrande maggioranza è dell’idea di aggiungere alla lingua originale quella vernacola."

Ma non è finita qui. Si parla anche di "necessità d’impegnarsi, in un secondo momento, in un lavoro di adattamento dei testi liturgici che dovrebbero essere usati per le celebrazioni con giovani e bambini. In questo senso, lo scopo sarebbe quello di semplificare il vocabolario adeguandolo convenientemente al mondo e alle immagini di queste categorie di fedeli. Perciò, si tratterebbe non semplicemente di tradurre i testi antichi ma di ispirarsi ad essi per riformularli secondo una profonda conoscenza del patrimonio cultuale ricevuto, tenendo conto di un’aggiornata visione del mondo attuale. Come opportunamente viene segnalato, questo compito dovrebbe essere assolto da un gruppo interdisciplinare al quale siano convocati liturgisti, teologi, sociologi, pastori e laici impegnati nella pastorale liturgica."

Quindi abbiamo il rito ad personam. Quello per i bimbi e quello per gli adulti.

Ancora una volta le innovazioni non finiscono qui. Demolita la liturgia, bisogna passare a demolire le devozioni popolari, grande ostacolo nei Paesi meridionali non protestantizzati: "Le opinioni in favore del rinnovamento liturgico si estendono anche all’ambito della pietà popolare. Infatti, alcune risposte avvertono la convenienza di rivedere le preghiere devozionali in modo tale da arricchirle con testi teologici e biblici, sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento. In questo senso potrebbe essere di grande aiuto la ricca esperienza e lo sforzo compiuto al riguardo nella Chiesa latina."

Sarà finita qui? No, manca l'ecumenismo: "Infine, un’eventuale riforma della liturgia dovrebbe tener conto della dimensione ecumenica. In questo senso, come accennato da diverse risposte che fanno eco al testo dei Lineamenta, la liturgia potrebbe diventare un fecondo luogo di collaborazione su base regolare tra cattolici ed ortodossi. In particolare, sulla spinosa questione della communicatio in sacris, qualche risposta suggerisce la formazione di una commissione mista cattolico-ortodossa per cercare una via di soluzione."

Detto questo, vorrei sottoporvi l'analisi di alcuni importanti passaggi dei discorsi che si svolgono nell'assemblea sinodale.

Si parte dalla sintesi di Sua Beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti, in apertura della Prima Congregazione Generale dell'11 ottobre. Naguib ribadisce le esigenze di una riforma e di un rinnovamento liturgico "ampiamente auspicato". Passiamo quindi ai due "pezzi forti". L'intervento del Cardinal Sodano e quello del Cardinal Rylko. Sodano, in qualità di Decano del Collegio Cardinalizio, si sente in dovere di rammentare che non bisogna resistere ai rinnovamenti, ma tutto va omogeneizzato in un mix fra passato e futuro. Per giustificare meglio la sua posizione estrapola un brano di un discorso di Papa Benedetto, preparato dalla Congregazione dei Vescovi e pronunciato dal Papa il 13 settembre scorso.

Sentiamo Sodano: "Talora le discussioni nelle nostre comunità nascono anche da diversi atteggiamenti pastorali, fra l'uno che preferisce privilegiare la custodia dell' eredità del passato e l'altro che richiama maggiormente alla necessità del rinnovamento. Sappiamo però che, alla fine, occorrerà sempre tener presente il criterio datoci da Gesù, il criterio del "nova et vetera" (Mt 13,52), e cioè del nuovo e del vecchio da estrarre dal tesoro della Chiesa. Lo ricordava pure recentemente il nostro amato Santo Padre Benedetto XVI, parlando ad un gruppo di Vescovi di recente nomina, dicendo loro: "Il concetto di custodire non vuole dire soltanto conservare ciò che è stato stabilito - benché tale elemento non debba mai mancare, - ma richiede nella sua essenza anche l'aspetto dinamico, cioè una concreta tendenza al perfezionamento, in piena armonia e continuo adeguamento delle esigenze nuove sorte dallo sviluppo e del progresso di quell 'organismo vivente che è la comunità"".

Il culmine lo si raggiunge però con l'intervento del Cardinale Neocatecumenale Rylko. L'intervento di Rylko mette un dito in una piaga presente in Terrasanta che si chiama Cammino Neocatecumenale. A dire il vero potremmo definirla una piaga dell'intero cattolicesimo vista la sua eccentricità teologica, liturgica, ecclesiologica e catechetica.

Dice Rylko: "Nella nostra epoca, uno dei grandi segni di speranza per la Chiesa è la “nuova stagione aggregativa dei fedeli” (Christifideles laici n. 29), che, dopo il Concilio Vaticano II, vede la nascita di tanti movimenti ecclesiali e nuove comunità. Un vero dono dello Spirito Santo! Questi nuovi carismi danno origine ad itinerari pedagogici di straordinaria efficacia per la formazione umana e cristiana dei giovani e degli adulti, e sprigionano in loro uno stupefacente slancio missionario di cui la Chiesa oggi ha particolarmente bisogno. Queste nuove comunità non sono, ovviamente, un'alternativa alla parrocchia, ma piuttosto un sostegno prezioso e indispensabile nella sua missione. In spirito di comunione ecclesiale, aiutano e stimolano le comunità cristiane a passare da una logica di mera conservazione ad una logica missionaria. Papa Benedetto XVI, in continuità con il servo di Dio Giovanni Paolo II, non si stanca di sollecitare una sempre maggiore apertura dei Pastori a queste nuove realtà ecclesiali. Nel 2006, il Papa, rivolgendosi ai vescovi in visita ad limina, ha affermato: “Vi chiedo di andare incontro ai movimenti con molto amore. Qua e là devono essere corretti, inseriti nell'insieme della parrocchia o della diocesi. Dobbiamo però rispettare lo specifico carattere dei loro carismi ed essere lieti che nascano forme di fede in cui la parola di Dio diventa vita” (L'Osservatore Romano, 19 novembre 2006). È, dunque, davvero auspicabile che le Chiese del Medio Oriente si aprano con crescente fiducia a queste nuove realtà aggregative. Non dobbiamo aver paura di quella novità di metodo e di stile di annuncio che portano: è una "provocazione" salutare che aiuta a vincere la routine pastorale che è sempre in agguato e rischia di compromettere la nostra missione (cfr. Instrumentum laboris n. 61). Il futuro della Chiesa in questa regione del mondo dipende proprio dalla nostra capacità di dare un ascolto docile a ciò che lo Spirito dice alla Chiesa oggi, anche mediante queste nuove realtà aggregative."

Il Cardinal Rylko, ricorrendo ad un linguaggio tipicamente "carismatico", fa del suo intervento una esortazione alle Chiese Orientali, perché accettino al loro interno la penetrazione di "comunità che danno origine ad itinerari pedagogici". E' evidente che Rylko si riferisce al Cammino Neocatecumenale. Esorta pertanto i Vescovi a non guardare (ai neocatecumeni) come ad "alternative alle parrocchie" (i membri del Cammino infatti sono soliti costituire gruppi a se stanti), ma a percepirli come un "sostegno prezioso" nella missione parrocchiale. Aggiunge che (i neocatecumeni) non hanno una visione "conservativa", ma "missionaria".

Si intrufolano infatti in ogni diocesi, in particolare in Terrasanta. Lì sono presenti con almeno 30 comunità. E come attestato da Kiko Arguello lo scorso maggio 2009 (nella solita adunata che organizza il giorno successivo alle partenze del Papa dai luoghi in cui si reca in visita apostolica - consiglio di guardare tutto il filmato presente nel link), il Cammino Neocatecumenale in Medio Oriente costituisce un elemento di comunione ecumenica.

Rylko conclude ribadendo - quasi fosse una minaccia - che il futuro della Chiesa in Medio Oriente dipende dall'obbedienza dei Vescovi allo Spirito Santo (ossia alla diffusione delle comunità Neocatecumenali)!

Il 12 ottobre l'intervento del Ministro Generale dei Cappuccini ha aggiunto altra carne al fuoco, con alcune proposte tra le quali spicca quella di elaborare: "un catechismo unico per tutti i cattolici del Medio Oriente." Speriamo che Padre Carballo non abbia in mente il catechismo neocatecumenale! D'altra parte come potrebbe? Di quel catechismo non v'è traccia. Giace ancora in qualche ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede.
E come sempre si ripropone il quesito: come può Roma auspicare riforme liturgiche nelle chiese orientali, se continua a tollerare le aberrazioni liturgiche neocatecumenali?
E come può consigliare l'adozione di nuove prassi catechetiche, se accetta un "cammino di iniziazione cristiana" il cui fondamento catechetico non è nè noto nè approvato?

Ma Carballo è andato oltre. Ha addirittura proposto l'indizione di un "anno giovanneo" analogo a quello paolino da estendere "se possibile, anche alle altre Chiese non cattoliche". A questo punto è chiaro che le preoccupazioni più insistenti di eminenti padri sinodali, riguardo alle azioni di Israele e le crescenti conflittualità esterne alle comunità cristiane del Medio Oriente che finiscono per ritorcersi proprio contro tali minoranze, sembrano passare in secondo piano rispetto all'agenda dei riformatori curiali. E probabilmente questi ultimi hanno ragione.
Senza le decime e le masse dei Neocatecumenali le Chiese Orientali del Medio Oriente rischiano di scomparire. La nuova evangelizzazione neocatecumenale passa però attraverso l'uniformità dei riti. Finora l'unico a difendere l'indipendenza liturgica delle Chiese Orientali è stato Mons. Dimitri Salachas, Esarca dei Cattolici di rito greco-bizantino
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Solo 3 anni fa, però, tutti i Vescovi Cattolici di Terrasanta, stufi di sopportare abusi liturgici e colonizzazioni parrocchiali, si erano rivolti così ai Neocatecumenali: "II principio al quale dobbiamo tutti insieme restare fedeli e informare la nostra azione pastorale dovrebbe essere "una parrocchia e una Eucaristia". II vostro primo dovere perciò, se volete aiutare i fedeli a crescere nella fede, è di radicarli nelle parrocchie e nelle proprie tradizioni liturgiche nelle quali sono cresciuti da generazioni. In Oriente, noi teniamo molto alla nostra liturgia e alle nostre tradizioni. E' la liturgia che ha molto contributo a conservare la fede cristiana nei nostri paesi lungo la storia. Il rito è come una carta d'identità e non solo un modo tra altri di pregare. Vi preghiamo di aver la carità di capire e rispettare l'attaccamento dei nostri fedeli alle proprie liturgie."

Parole forti che sembrano contraddire gli auspici di riforma liturgica, aggiornamento pastorale e inclusione di comunità e gruppi carismatici allogeni, che emergono prepotentemente dal Sinodo.

Francesco Colafemmina