mercoledì 29 settembre 2010

Una vera famiglia cristiana

Può sembrare un'articolo anomalo nel nostro contesto. L'ho letto su L'Ottimista e lo pubblico come testimoninanza insolita, perché: 1. si tratta di una storia vera; 2. dimostra come non ci sia bisogno di una comunità neocatecumenale perché esista una famiglia davvero cristiana.
http://www.lottimista.com/component/content/article/24-in-evidenza/713-lamore-familiare-vince-il-razzismo-e-lipocrisia-.html

Lunedì 26 luglio al Fiuggi Family Festival è stato proiettato uno splendido film: The Blind Side, diretto da John Lee Hancock e interpretato, tra gli altri, da Sandra Bullock. Una di quelle pellicole che fanno ridere e che commuovono. Una storia vera che suscita speranza e ottimismo. Una bellissima vicenda che vede come protagonista una famiglia bianca, ricca e cristiana, la quale senza ipocrisia e con tantissimo amore adotta un giovane adolescente di colore.

Una storia che inizia con un passaggio in auto e l’invito a passare la notte ed il pranzo del giorno del ringraziamento insieme, e che finisce con una rivoluzione sociale all’interno e fuori della famiglia.
Si tratta della storia vera di Michael Oher, un ragazzo di colore nato in condizioni difficilissime e che, grazie a questa adozione, scopre di essere amato e di avere una famiglia, diventa bravo a scuola ed eccellente nel gioco del football, fino a diventare un vero e proprio campione.
Eppure Oher, all’inizio della vicenda sembra senza speranza, è un ragazzo solo, obeso, triste e silenzioso. La sua vita è stata un inferno. Non ha mai conosciuto il padre, la mamma si trascina tra droga e amanti occasionali. Michael ha almeno dieci fratelli di padri diversi.
All’età di sette anni il piccolo Oher è stato strappato alla mamma e dato in adozione a diverse famiglie da cui è puntualmente fuggito. Così è cresciuto un ragazzo dal fisico gigantesco e potente, ma con il cuore a pezzi. Senza un letto, senza una casa, senza abiti, senza padre, senza nessuno che si curi di lui, in un ambito sociale degradato e disperato, con i suoi coetanei che sopravvivono a malapena tra spaccio di droga, consumo di alcool, prostituzione, uso della violenza e delle armi. La maggior parte di loro muore in giovane età.
Alla vigilia del giorno del Ringraziamento, Michael, che tutti chiamano Big Mike, gira solo e infreddolito per le strade di Memphis. Finché una famiglia bianca, ricca e cristiana, lo incontra e gli offre di andare a dormire da loro. Quest’incontro cambia la vita a Michael, ma anche e soprattutto a tutta la famiglia che lo ha accolto. Esattamente come accade in ogni azione di amore gratuito, la carità cambia la vita e il cuore a tutti quelli che ci capitano dentro.
Michael è docile, buono e molto protettivo. La famiglia lo adotta, lo aiuta negli studi, cerca di ricostruire un rapporto con la madre naturale, lo invita a crescere e a non isolarsi, per questo provano a farlo giocare a football. E così Michael cresce proporzionalmente all’amore che riceve e che ricambia. Un miracolo di umanità che libera le potenzialità del ragazzo. Michael Hoer è diventato uno dei campioni più forti di football americano.
Il film in questione è straordinario e unico del suo genere perché rivoluziona completamente i luoghi comuni e i pregiudizi ideologici che hanno caratterizzato la concezione della famiglia, soprattutto quella bianca e cristiana del sud degli Stati Uniti. Nell’immaginario collettivo, questa tipologia di famiglia è razzista e ipocrita, non a caso Memphis, la città dove è ambientato il film, è stata oggetto di inchieste sulle attività del gruppo razzista Ku Klux Khan, mentre in questo film si scopre la determinazione con cui la famiglia protagonista ama profondamente il ragazzo adottato fino al punto da rompere le relazioni con chi nutre ancora pregiudizi.
Nessun buonismo mieloso, nessuna manifestazione ideologica e ipocrita, ma tanto amore vero verso colui la cui infanzia è stata più difficile. Cominciando dalla mamma adottiva impersonata da Sandra Bullock, al bambino più piccolo che insegna a Mike a giocare a football e gli fa da manager, alla sorella più grande che lo accoglie e lo protegge, causando un certo disagio nelle sue amiche, fino al padre saggio e sincero, tutta la famiglia adottiva cambia la sua vita in funzione del nuovo arrivato.
In una scena del film, vista la felicità che illumina il volto della Bullock, una sua amica le dice: “Stai cambiando la vita a questo ragazzo”; la Bullock gli risponde: “no, è lui che sta cambiando la vita a me ed alla mia famiglia”. Ed il film racconta in maniera brillante come attraverso atti di amore, nessun obiettivo è precluso agli umani.
È altresì evidente come la famiglia è l’ambiente preposto a generare ed educare all’amore. Imperdibile la scena in cui la Bullock strapazza le montagne di muscoli dei ragazzi della squadra di football, e li sprona spiegando che sono una famiglia e che come una famiglia si devono difendere.
Per la sua intensità e bellezza, nel 2009, il film The Blind Side ha vinto: i premi Academy Award come miglior attrice per Sandra Bullock; l’Academy Award nomination come miglior film; Sandra Bullcok per questo film ha anche vinto i premi Golden Globe come miglior attrice protagonista, il Critics Choiche Award come miglior attrice e lo Screen Actors Guild Award come miglior performance femminile.
Resta inspiegabile, come ha sottolineato nell’introduzione alla visione del film, Alessandro Zaccuri, direttore artistico del Fiuggi Family Festival, il perché questo film, che pure negli Stati Uniti ha raccolto incassi notevolissimi, non sia stato distribuito nelle sale italiane...
Paradossale anche la vicenda della Bullock, che per questo film ha vinto l’Oscar, ma a marzo aveva ricevuto anche il 'Golden Raspberry Awards' meglio conosciuto come “Razzie Awards” cioè il “premio pernacchia d’oro” per il peggior film dell’anno che è stato All About Steve. Ebbene, il film peggiore, All About Steve è stato distribuito nelle sale in Italia, mentre lo splendido The Blind Side non ha avuto la stessa sorte. Di fronte a tale ingiustizia, il quotidiano Avvenire ha invitato lettori e simpatizzati a mobilitarsi affinché il film The Blind Side venga fatto conoscere anche nel nostro paese.

martedì 28 settembre 2010

Sul domani della Fraternità di S. Pio X

Durante un amichevole incontro, alcuni amici m’han chiesto quale potrebb’esser il domani della Fraternità S. Pio X, a conclusione dei colloqui in atto fra la medesima e la Santa Sede. Ne abbiam parlato a lungo ed i pareri eran discordi. Per questo esprimo il mio anche per iscritto, nella speranza – se non è presunzione e Dio me ne guardi! - che possa giovare non solo agli amici, ma anche alle parti dialoganti.

Rilevo anzitutto che nessuno è profeta né figlio di profeti. Il futuro è nelle mani di Dio. Qualche volta è possibile preordinarlo, almeno in parte; in altre, ci sfugge del tutto. Bisogna inoltre dare atto alle due parti, finalmente all’opera per una soluzione dell’ormai annoso problema dei “lefebvriani”, che fin ad oggi han lodevolmente ed esemplarmente mantenuto il dovuto silenzio sui loro colloqui. Tale silenzio, però, non aiuta a preveder i possibili sviluppi.

Di “voci”, peraltro, se ne sentono; e non poche. Quale sia il loro fondamento è un indovinello. Prenderò dunque in esame qualcuno dei pareri espressi nell’occasione predetta e dirò poi articolatamente il mio.
  1. Ci fu chi giudicava positivo un recente invito ad “uscire dal bunker nel quale s’è asserragliata durante il postconcilio per difendere la Fede dagli attacchi del neomodernismo”. Fu facile rilevare la difficoltà d’un giudizio a tale riguardo. Che la Fraternità sia stata per alcuni decenni nel bunker è evidente; purtroppo c’è ancora. Non è invece evidente se vi sia entrata da sé, o se vi sia stata da qualcuno, o dagli avvenimenti sospinta. A me pare che, se proprio vogliamo parlare di bunker, sia stato Mons. Lefebvre ad imprigionarvi la sua Fraternità quel 30 giugno 1988, quando, dopo due richiami ufficiali ed una formale ammonizione perché recedesse dal progettato atto “scismatico”, ordinò vescovi quattro dei suoi sacerdoti. Fu, quello, il bunker non dello scisma formalmente inteso, perché pur essendo “rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice” (CJC 751/2), mancò il dolo e l’intenzione di crear un’anti-chiesa, fu anzi determinato dall’amore alla Chiesa e da una sorta di “necessità” incombente per la continuità della genuina Tradizione cattolica, seriamente compromessa dal neomodernismo postconciliare. Ma bunker fu: quello d’una disobbedienza ai limiti della sfida, del vicolo chiuso e senza prospettive d’un possibile sbocco. Non quello della salvaguardia di valori compromessi.

    E’ difficile capire in che senso, “per difendere la Fede dagli attacchi del neomodernismo”, fosse proprio necessario “asserragliarsi in un bunker”. Vale a dire: lasciar libero il passo all’irrompere dell’eresia modernista. E di fatto il passo fu ininterrottamente contrastato. Se pur in una posizione di condanna canonica, e quindi fuori dai ranghi dell’ufficialità ma con la consapevolezza di lavorare per Cristo e per la sua Chiesa, una santa cattolica apostolica e romana, la Fraternità attese anzitutto alla formazione del clero, questo essendo il suo compito specifico, fondò e diresse seminari, promosse e sostenne dibattiti teologici talvolta d’alto profilo, pubblicò libri di rilevante valore ecclesiologico, dette conto di sé mediante fogli d’informazione interna ed esterna: il tutto allo scoperto, dimostrando di quale forza – lasciata purtroppo ai margini - la Chiesa potrebbe avvalersi per la sua finalità d’universale evangelizzazione. Che gli effetti dell’attiva presenza lefebvriana possan esser giudicati modesti o che di fatto non sian molto appariscenti, può dipender da due ragioni:

    • dalla condizione canonicamente abnorme in cui opera,
    • e dalle sue dimensioni; si sa che la mosca tira il calcio che può.

    Ma io son profondamente convinto che proprio per questo si dovrebbe ringraziare la Fraternità la quale, in un contesto di secolarizzazione ormai ai margini d’un’era post-cristiana, ed anche di non dissimulata antipatia verso di essa, ha tenuto e tiene ben alta la fiaccola della Fede e della Tradizione.
  2. Nell’occasione richiamata all’inizio, qualcuno riferì d’una conferenza durante la quale la Fraternità fu invitata ad aver maggior fiducia nel mondo ecclesiale contemporaneo, ricorrendo se necessario a qualche compromesso, perché la “salus animarum” esige – l’avrebbe detto un lefefbvriano – che si corra anche questo rischio. Sì, ma non certamente il rischio di “compromettere” la propria e l’altrui eterna salvezza.

    E’ probabile che le parole tradiscan le intenzioni. O che non si conosca il valore delle parole. Se c’è una cosa che, in materia di Fede, è doveroso evitare, è il compromesso. E il richiamarsi della Fraternità – così come d’ogni autentico seguace di Cristo - al “Sì sì, no no” di Mt 5,37 (Giac 5,12) è l’unica risposta alla prospettiva del compromesso. Il testo citato continua dicendo: “tutto il resto vien dal maligno”: dunque anche e segnatamente il compromesso. Almeno nella sua accezione di rinunzia ai propri principi morali ed alle proprie ragioni di vita.

    A dir il vero, anche a me, da quando i colloqui tra Santa Sede e Fraternità ebbero inizio, era arrivata la voce d’un possibile compromesso. Cioè d’un comportamento indegno, dal quale la stessa Santa Sede immagino che rifugga per prima. Un compromesso su quanto non impegna la confessione dell’autentica Fede, è possibile e talvolta plausibile; non lo è mai ai danni dei valori non negoziabili. Sarebbe oltretutto una contraddizione in termini, perché anche il compromesso è un “negotium”. Ed un negozio a rischio: il naufragio della Fede. Mi ripugna, pertanto, il solo pensare che la Santa Sede lo proponga o l’accetti: otterrebbe molto meno d’un piatto di lenticchie e s’addosserebbe la responsabilità d’un illecito gravissimo. Mi ripugna del pari il pensiero d’una Fraternità che, dop’aver fatto della Fede senza sconti la bandiera della sua stessa esistenza, scivoli sulla buccia di banana del rifiuto della sua stessa ragion d’essere.

    Aggiungo che, a giudicare da qualche indizio forse non del tutto infondato, la metodologia messa bilateralmente in atto non sembra aprire grandi prospettive. E’ la metodologia del punto contro punto: Vaticano II sì, Vaticano II no, o sì se. Cioè a condizione che dall’una o dall’altra parte, o da ambedue, s’abbassi la guardia. Una resa a discrezione? Per la Fraternità il mettersi nelle mani della Chiesa sarebbe l’unico comportamento veramente cristiano, se non ci fosse la ragione per cui nacque e per cui dette vita al suo Aventino. Cioè quel Vaticano II che, specie con alcuni dei suoi documenti sta letteralmente all’opposto di ciò in cui essa crede e per cui opera. Con tale metodologia, non s’intravede una via di mezzo: o la capitolazione, o il compromesso.

    Un esito così esiziale potrebb’esser evitato seguendo una metodologia diversa. Il “punctum dolens” di tutt’il contenzioso si chiama Tradizione. Ad essa è costante il richiamo dell’una e dell’altra parte, che peraltro hanno, della Tradizione, un concetto nettamente alternativo. Papa Wojtyla dichiarò ufficialmente “incompleta e contraddittoria” la Tradizione difesa dalla Fraternità. Si dovrebbe pertanto dimostrar il perché dell’incompletezza e della contraddittorietà, ma ancor più impellente è la necessità che le parti addivengano ad un concetto comune, ossia bilateralmente condiviso. Un tale concetto diventa allora il famoso pettine al quale arrivan tutt’i problemi. Non c’è problema teologico e di vita ecclesiale che non abbia nel detto concetto la sua soluzione. Se, dunque, si continua a dialogare mantenendo, l’una e l’altra parte, il proprio punto di partenza, o si darà vita ad un dialogo fra sordi, o, per dimostrare che non si è dialogato invano, si darà libero accesso al compromesso. Soprattutto se accettasse la tesi dei “contrasti apparenti” perché determinati non da dissensi di carattere dogmatico, ma dalle sempre nuove interpretazioni dei fatti storici, la Fraternità dichiarerebbe la sua fine, miseramente sostituendo la sua Tradizione, ch’è quella apostolica, con la vaporosa ed inconsistente e disomogenea Tradizione vivente dei neomodernisti.
  3. Un’ultima questione trattammo nel nostro amichevole incontro, esprimendo più speranze che previsioni concretamente fondate: il futuro della Fraternità. In argomento è sceso pure, recentemente, il sito “cordialiter blogspot.com ”con un’idilliaca anticipazione del roseo domani che già arriderebbe alla Fraternità: un nuovo – nuovo? per ora, non ne ha mai avuto uno – “status” canonico, inizio della fine del modernismo, priorati presi d’assalto dai fedeli, Fraternità trasformata in “superdiocesi autonoma”. Anch’io mi riprometto molto dalla sperata composizione per la quale si sta lavorando, ma con i piedi un po’ più per terra. Tento d’acuire lo sguardo e di vedere che cosa potrebbe domani accadere. Lo specifico della Fraternità, l’ho già ricordato, è la preparazione al sacerdozio e la cura delle vocazioni sacerdotali. Non dovrebbe aprirsi per essa un campo diverso da quello dei Seminari, questo essendo il suo vero campo di battaglia: propri e non propri, nei Seminari assai più che altrove o più che altrimenti potrebbero esprimersi la natura e le finalità della Fraternità.

    Sotto quale profilo canonico? Non è facile prevederlo. Mi pare, comunque, che l’esser una Fraternità sacerdotale dovrebbe suggerirne l’assetto canonico in una forma di “Società Sacerdotale”, sotto il supremo governo della Congregazione “per gl’Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica”. Inoltre, l’aver essa già quattro Vescovi potrebbe suggerire, come soluzione, una “Praelatura” di cui la Santa Sede, al momento opportuno, potrà precisare l’esatta configurazione giuridica. Non mi sembra questo, tuttavia, il problema principale. Più importante è, senza dubbio, sia la composizione all’interno della Chiesa d’un contenzioso poco comprensibile nel tempo del dialogo con tutti, sia la liberalizzazione d’una forza compatta attorno all’idea e all’ideale della Tradizione, perché possa operare non dal bunker ma alla luce del sole e com’espressione viva ed autentica della Chiesa.
27 sett. 2010
Brunero Gherardini

lunedì 27 settembre 2010

Retroterra ecclesiologico dei due messali del Rito Romano

Mi soffermo su alcune riflessioni proposte da p. Matias Augé sul diverso retroterra ecclesiologico che sottostà al Messale di Pio V e a quello di Paolo VI. Si comprendono molte cose...

Questa sarebbe la "nuova Pentecoste" portata dal concilio. Ho voluto di proposito inserire come immagine la bellissima Pentecoste di Duccio, per implorare dal Signore di non privarci di quello stesso Spirito che continua a edificare e fecondare la Chiesa Una Santa, che ci è sempre più difficile riconoscere...
"Il Messale del 1962 riflette quindi un impianto teologico, che ha ancora i suoi punti di forza nell’impostazione gerarchica della Chiesa e nella struttura clericale della liturgia. Se guardiamo il rito liturgico e il suo svolgimento, possiamo asserire che il soggetto della celebrazione è principalmente il ministro ordinato."
Si prende in considerazione il Soggetto dal punto di vista del ruolo visibile, mentre si tralascia completamente la funzione autentica del Sacerdote, Alter Christus, che celebra “in persona Christi”. Soggetto, nel senso proprio, in quanto Corpo Mistico di Cristo, è la Chiesa, nella specie rappresentata del Sacerdote e dall’Assemblea dei presenti (circumstantes).

Ma il vero e Celebrante, Sacerdote, Vittima, Altare e Sacrificio è il Signore Gesù, che ci ha comandato di celebrare i Sacri Misteri fino alla fine dei tempi. E nella cui Offerta dell'Unico Sacrificio da lui compiuto una volta per tutte, ri-presentata al Padre ad ogni celebrazione, è possibile inserire la nostra personale offerta e ricevere i frutti della Redenzione, le Grazie escatologiche necessarie per la nostra Salvezza ed esprimere la nostra gioia, gratitudine e soprattutto la nostra Adorazione. Perché la Liturgia è Actio di Cristo, Opus Dei e non prodotto dell'uomo.
"Il Messale di Paolo VI riflette l’ecclesiologia del Vaticano II, quella della “Lumen Gentium”, che parte dal Popolo di Dio, per arrivare poi alla costituzione gerarchica della Chiesa. Un’ecclesiologia non piramidale, ma di comunione. Ciò è confermato dal Sinodo straordinario dei vescovi del 1985 quando dichiara che l’ecclesiologia di communio è “l’idea centrale e fondamentale dei documenti conciliari”. Una conferma più recente di questa visione ecclesiologica è l’enciclica di Giovanni Paolo II Novo millennio ineunte (06.01.2001), dove si legge: la comunione (koinonía) “incarna e manifesta l’essenza stessa del mistero della Chiesa” (n.42)."
Forse che, da quando Cristo ha fondato la Sua Chiesa a prima del concilio la comunione non incarnava e manifestava l’essenza stessa del mistero della Chiesa?
Koinonia non è la stessa cosa di Communio (non è questa la sede per sviluppare questo discorso. Mi preme di più prendere coscienza delle visione globale che deriva da tutto il resto)
"Possiamo quindi constatare come la celebrazione eucaristica è corale (sacerdos, populus, fideles, omnes…). Il Messale di Paolo VI supera la figura tradizionale del sacerdote “celebrante”, esecutore di un rito per i fedeli più che con loro, a favore di quella più consona del suo ruolo di “presidente” di un’assemblea celebrante. Il sacerdozio gerarchico è funzionale a quello battesimale dei fedeli, per cui nell’esercizio della loro funzione cultuale, i ministri ordinati sono da considerarsi “presidenti” di una comunità celebrante più che “celebranti” di un’azione cultuale. Ma per la loro configurazione a Cristo capo, svolgono un ruolo che non è solo funzionale ma anche sacramentale, perché agiscono in persona di Cristo, e sono segno dell’unità della Chiesa."
Il Sacerdote “celebrante”, non è “esecutore di un rito 'per' i fedeli”, è colui che, impersonando Cristo, offre al Padre il culto autentico, perché il vero celebrante è Cristo. E’ vero che il culto è esercitato da Cristo e quindi anche dal Suo Corpo Mistico che è la Chiesa; ma introdurre il concetto e il ruolo di “Assemblea celebrante”, non tiene conto del proprium di Cristo, il Figlio Diletto nel quale il Padre si compiace e nel quale l’Assemblea e ogni Fedele riceve la propria ‘Configurazione’ a Lui.

Questo è cammino di tutta la vita e non abilita il credente a celebrare il culto “in persona Christi” come il Sacerdote, che in virtù dell’Ordine Sacro ne riceve il potere in base alla successione Apostolica. Nella “partecipazione” ai Sacri Misteri e non nella “celebrazione” di essi, ogni fedele insieme all’Assemblea di cui fa parte viene invece inserito nel fiume di Grazia che scaturisce perennemente dal costato di Cristo per ottenere, proprio grazie alla partecipazione che è anche continua offerta di se stesso in quella di Cristo, la graduale e sempre più piena assimilazione e connaturalità al Suo Signore e Maestro.

Il credente non possiede ancora in pienezza questa connaturalità, ma la riceve in base alla fedeltà e alla generosità, soccorse dalla Grazia, con cui procede nel suo cammino di Fede. Può mettersi alla Presenza del Padre per presentare la sua offerta in quella di Cristo, ma come potrebbe permettersi di offrire ciò che, Unico, Cristo ha offerto una volta per tutte?

Certo se il sacrificio è abolito e resta la Cena, allora è l’Assemblea il soggetto, che fa memoriale della cena. Ma questa è un’altra Chiesa e mi ricorda Lutero…
“Tutta la ricchezza di ministeri e i diversi compiti dei ministri non dovranno far dimenticare che il vero soggetto della celebrazione è sempre l’assemblea dei fedeli (cf SC 26)” [CEI, Nota pastorale: Il rinnovamento liturgico in Italia, Roma 1983, n. 10].
E’ un discorso coerente ma dettato da una diversa interpretazione ecclesiologica : l'essere Chiesa=essere Assemblea in luogo di essere Membra del Corpo Mistico=Fruire della Grazia. Di qui una diversa interpretazione della Messa, non più ri-presentazione e ri-attualizzazione del sacrificio espiatorio ed impetratorio scaturito dalla Passione di Nostro Signore, ma gioiosa agape fraterna in ricordo del Cristo Mistero Pasquale, come detto sopra. Non che il Sacrificio non faccia parte del Mistero Pasquale tutto intero e non ci doni il Risorto, ma non bypassando la Croce... E’ questa la crisi terribile che stiamo vivendo... un grande fraintendimento nascosto in parole che hanno nesso logico solo per chi non conosce il vero cattolicesimo e converge nella "nuova Chiesa" rifondata, non riformata, dal Concilio.

E’ per questo che Kiko Arguello può dire - diversamente da Papa Giovanni Paolo II nell' "Ecclesia de Eucharistia" - "senza Assemblea non c'è eucaristia, l'eucaristia scaturisce dall'Assemblea"!!! e tutto il resto... E nessuno l'ha mai ripreso e mai lo riprenderà... e noi siamo ancora qui a pestare sui tasti con l'angoscia sempre più stringente nel cuore. Ma mai perdendo la fiducia nel Signore, che è anche oggi in agonia (agonia è situazione di 'agone'= lotta con le tenebre) con noi e con questa Sua Chiesa sconvolta
"Il ricupero di fatto dell’assemblea all’azione liturgica comporta, come più volte abbiamo indicato, il compito delicato e impegnativo, mai concluso (forse anche disatteso), della formazione liturgica del clero e dei fedeli. La mancanza di una adeguata formazione, potrebbe implicare una falsa concezione della partecipazione dei fedeli (ridotta alla sola dimensione esteriore e carente di quella interiore (di ciò parleremo un'altra volta)."
mi chiedo quale formazione per quale Liturgia, quella celeste-terrestre insieme o quella solo terrestre: che è potuta scaturire dalle tremende (ora intuiamo quanto) parole di Paolo VI nell'allocuzione conclusiva del Concilio il 7 dicembre 1965: "la religione del Dio che si è fatto uomo, si è incontrata con la religione (perché tale è) dell'uomo che si fa Dio"..."riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo."... "Ma bisogna riconoscere che questo Concilio, postosi a giudizio dell’uomo, si è soffermato ben più a questa faccia felice dell’uomo, che non a quella infelice. Il suo atteggiamento è stato molto e volutamente ottimista. Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno."

L’antropocentrismo in luogo del Cristocentrismo. Capito da dove nasce tutto?

sabato 25 settembre 2010

Si sta affermando un cattolicesimo debole?

Riciclo questa riflessione che è ancora attualissima:
Dalla discussione su queste pagine, sovviene una strana sensazione.

Si ha l'impressione che si stia affermando, in forma nebulosa eppur percepibile, la concezione inquietante di un cattolicesimo "debole", sorta di corrispettivo del pensiero debole in campo filosofico, di cui le "aperture" ad un movimento eretico come il Cammino neocatecumenale costituiscono esito paradigmatico.

E' come se, nello sforzo di aprirsi e di dialogare con le altre fedi e visioni teologiche, si stia sommessamente rinunciando ad alcuni cardini della fede cristiana cattolica.

Alla base di questa concezione "debole" della nostra fede appare un pasticcio di temi irenici, sincretici, ecumenici e relativisti, anche a causa di una interpretazione eccessivamente estensiva del Concilio Vaticano II.

Si tendono così a tollerare commistioni tra aspetti dottrinali di fedi diverse tra loro, dimentichi dei moniti della Humani generis.

Insomma, sembra passare il concetto di ricercare anche forzosamente ciò che unisce, più che riconoscere ed accettare serenamente ciò che divide.

Un esempio viene dal dibattito tra cattolicesimo e religione ebraica, di cui è testimonianza di rango il dialogo a distanza tra Benedetto XVI ed il rabbino Neusner, mentre invece ne è esempio deplorevole il patto tra neocatecumenali e Lubavitcher, nonchè i simboli e rituali ebraici importati dal Cammino nelle proprie prassi eretiche.

Ora, fermo restando il rispetto reciproco cui devono tendere tutte le fedi fondate su grandi verità dogmatiche ed imponenti sistemi valoriali, francamente non si comprende la ragione di una rinuncia progressiva ad alcuni motivi della propria identità religiosa, dall'unicità del messaggio cristiano, alla specificità dei fondamenti teologici derivanti dalle Scritture e dai Vangeli , alla stessa natura del Figlio di Dio.

Non si comprende del perchè, per incrementare il dialogo pacifico e costruttivo su scala mondiale, si debbano ammorbidire i dogmi che stabiliscono, secondo noi cattolici, il primato della Chiesa di Cristo nella storia umana.

Si deve ricercare il confronto ed il dialogo, perchè è ciò che richiede la convivenza pacifica in un mondo sempre più stretto ed affollato, lacerato da minacce e violenze, prevaricazioni ed ingiustizie macroscopiche.

Ma ciò non può significare ammainare la bandiera di Cristo per innalzarne una frammista di simboli e temi di altre culture e credenze, in nome di una concezione decisamente arrendevole e piuttosto ambigua della nostra fede.

Del resto, il cattolicesimo è l'unica fede i cui appartenenti ne mettono in discussione dall'interno i dogmi fondanti, vera e propria madre di tutte le debolezze e contraddizioni che finiscono per esplodere dentro e fuori la Chiesa (separatismi, crisi vocazionali, secolarismo, corruttela, pedofilia, et similia)

Se pure l'intento ultimo fosse quello di arginare islamismo ed ateismo mondiali, forzare unioni anomale per unificare il cristianesimo non pare buona cosa.

Si rischia, come già sta accadendo, di portare nella Casa del Signore molta distruttiva zizzania, insieme al grano. E forse si rischia molto di più: la grande apostasia!

mercoledì 22 settembre 2010

Identikit dell'autentico Catechista

GUIDA PER I CATECHISTI - Città del Vaticano 1993

Ciò che il catechista propone non sia una scienza meramente umana, neppure la somma delle sue personali opinioni, ma il contenuto della fede della Chiesa, unica in tutto il mondo, che egli vive per primo, che ha esperimentato e di cui è testimone.
(...)
La CEP insiste sul principio che una buona selezione dei candidati è la condizione preliminare per avere catechisti idonei. Di conseguenza, come si è già detto, incoraggia a mirare prima di tutto alla qualità, fin dalla scelta iniziale. Occorre che i Pastori abbiano questa convinzione come un ideale da raggiungere, anche se con gradualità, e non accettino facilmente dei compromessi. Inoltre, suggerisce di puntare sulla formazione dell'ambiente, promuovendo la conoscenza del ruolo del catechista nella comunità e soprattutto tra i giovani, così che siano più numerosi coloro che si sentono attratti ad impegnarsi in questo servizio ecclesiale.

Non si dimentichi, poi, che l'apprezzamento da parte dei fedeli per questo ruolo è direttamente proporzionato al modo con cui i pastori trattano i loro catechisti, ne valorizzano le attribuzioni e ne rispettano le responsabilità.
(...)
18. Criteri di selezione. Per scegliere un candidato al compito di catechista occorre sapere quali criteri sono "essenziali" e quali no. Ai fini pratici, è indispensabile che in tutte le Chiese sia fissato un elenco di criteri di selezione, di modo che quanti sono incaricati a scegliere i candidati abbiano punti di riferimento. Stilare tale elenco con criteri che siano sufficienti, precisi, realistici e controllabili, spetta all'autorità locale, l'unica in grado di valutare le esigenze e le possibilità di farvi fronte.
(...)
La necessità di preparare i catechisti è richiamata con convinzione e senza soste dal Magistero della Chiesa, perché qualsiasi attività apostolica "che non sia sostenuta da persone veramente formate - nel Magistero integrale della Chiesa - è condannata al fallimento".
(...)
Sono anche da raccomandare le iniziative parrocchiali o diocesane finalizzate alla formazione interiore dei catechisti, come le scuole di preghiera, le convivenze di fraternità e di condivisione spirituale, i ritiri spirituali. Queste iniziative non isolano i catechisti, ma li aiutano a crescere nella spiritualità propria e nella comunione tra di loro.

Ogni catechista, infine, sia convinto che la comunità cristiana è luogo idoneo anche per coltivare la propria vita interiore. Mentre guida e anima la preghiera dei fratelli, il catechista riceve a sua volta da essi uno stimolo e un esempio per mantenersi nel fervore e per crescere come apostolo.

23. Preparazione dottrinale. E' evidente la necessità della preparazione dottrinale per i catechisti, allo scopo di acquisire il contenuto essenziale della dottrina cristiana e di essere in grado di comunicarla in modo chiaro e vitale, senza lacune o deviazioni.
(...)
Per quanto riguarda i contenuti, rimane attuale e valido il quadro completo della "formazione teologico-dottrinale, antropologica, metodologica" come è presentato dal Direttorio Catechistico Generale, emanato dalla Congregazione del Clero, nel 1971.
(...)
- Dovendo diventare animatore della preghiera comunitaria, il catechista ha bisogno di approfondire convenientemente lo studio della Liturgia. [ovviamente la Santa e Divina Liturgia, non quella kikiana]

- Occorre insistere perché la formazione teologica sia globale e non settoriale. I catechisti infatti, hanno bisogno di vivere una comprensione unitaria della fede, che favorisca appunto l'unità e l'armonia della loro personalità e anche del loro servizio apostolico.

- L'attitudine all'ubbidienza apostolica ai Pastori, in spirito di fede, come Gesù che "spogliò se stesso assumendo la condizione di servo (...), facendosi obbediente fino alla morte" (Fil 2,7-8; cf Eb 5,8; Rm 5,19). Questa obbedienza apostolica sia accompagnata da un atteggiamento di responsabilità, in quanto il ministero di catechista, dopo la scelta e il mandato, è esercitato dalla persona chiamata e resa idonea interiormente dalla grazia dello Spirito.

In questo contesto dell'ubbidienza apostolica diventa quanto mai opportuno il mandato o la missione canonica, come viene fatto in molte Chiese, in cui emerge il legame tra la missione di Cristo, della Chiesa con quella del catechista.
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in 20 anni che fo la catechista non ho mai incontrato un solo catechista Necatecumenale agli incontri di formazione Diocesana...
parlando fra di noi quando anche ci si presentava da comunità a comunità parrocchiale, i NC erano sempre assenti....
essi ricevono evidentemente un mandato segreto, occulto! i Catechisti della Parrocchia fanno festa con tutti i fedeli, ricevono il mandato nella Messa della domenica aperta a TUTTI, tutti sono invitati E TUTTI I FEDELI LI CONOSCONO... sanno dove abitano ed hanno anche i loro numeri di telefono...
i catechisti NC sono completamenti estranei alla Parrocchia e servono esclusivamente i loro gruppetti... e nessuno li conosce, neppure il Vescovo...
Caterina

Inoltre nessuna delle direttive ecclesiali attribuisce ai catechisti il potere assoluto che nel Cammino neocatecumenale viene esercitato perfino sui sacerdoti. Se non saranno sanate tante discrasie, la confusione e il degrado spirituale continueranno a propagarsi nella Chiesa, nella quale un iniziatore come Kiko Arguello risulta più potente e riceve più obbedienza di molti vescovi messi insieme, per non dire del Papa, le cui direttive nel Cammino non sono mai state attuate.

lunedì 20 settembre 2010

Luci ed ombre dall'Inghilterra. Un momento di disorientamento

Non intendo affatto sminuire il grande successo spirituale e morale, nonché politico e diplomatico del Papa nel Regno Unito. Ma colgo alcuni frammenti significativi delle sue parole che trovano diretta applicazione del nostro impegno. Le trascrivo e cercheremo di commentare e riflettere insieme.

Dall’Omelia durante la beatificazione del card Newmann:
... “Ed in verità, quale meta migliore potrebbero proporsi gli insegnanti di religione se non quel famoso appello del Beato John Henry per un laicato intelligente e ben istruito: “Voglio un laicato non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene dove si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il proprio credo così bene da dare conto di esso, che conoscono così bene la storia da poterlo difendere” (The Present Position of Catholics in England, IX, 390). Oggi quando l’autore di queste parole viene innalzato sugli altari, prego che, mediante la sua intercessione ed il suo esempio, quanti sono impegnati nel compito dell’insegnamento e della catechesi siano ispirati ad un più grande sforzo dalla sua visione, che così chiaramente pone davanti a noi.”
Ci si è allargato il cuore perché vi riconosciamo il nostro sentire e, soprattutto, l’evidente contrasto con quello che sono a rappresentano i catechisti del cammino neocatecumenale.
E, poi, ci sono cadute le braccia, sentendo dare ai vescovi nel pomeriggio di ieri a Birmingham, queste indicazioni doubleface:

“Come sapete, è stato di recente costituito un Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione dei Paesi di lunga tradizione cristiana, e desidero incoraggiarvi ad avvalervi dei suoi servigi per affrontare i compiti che vi stanno innanzi. Inoltre, molti dei nuovi movimenti ecclesiali hanno un carisma particolare per l’evangelizzazione e son certo che continuerete ad esplorare vie appropriate ed efficaci per coinvolgerli nella missione della Chiesa.”
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Ma non sa il Papa che i catechisti del cammino, che avrebbero a suo dire un carisma particolare per l’evangelizzazione, non sono formati dalla Chiesa e portano sì una nuova evangelizzazione; ma è così ‘nuova’ che è diversa dalla Rivelazione Apostolica?

E non sa che, ovunque essi vanno, non avviene l’implantatio ecclesiae, ma quella delle cellule del cammino che non si integreranno mai con le chiese locali, così come non si integrano mai in nessuna parrocchia? In realtà le vie appropriate per coinvolgerli nella Pastorale della Chiesa, quanto all’Italia sono belle che trovate: è la pastorale della Chiesa che è divenuta pastorale del cammino e non viceversa come il Papa sembra intendere; ma, se egli ha riconosciuto che il cammino presenta problemi e va ‘purificato’, dovrebbe anche sapere che la sua auspicata integrazione non può avvenire se non con la conseguenza di un ulteriore e sempre più deleterio inquinamento dottrinale e liturgico.

Tuttavia, dato che i ‘movimenti’ sono enfaticamente considerati frutto della primavera del Concilio e questo, ma solo per definizione, è in continuità con la Tradizione, allora porre questioni metterebbe in crisi questo assunto intoccabile: del resto il principio di ”inclusività” fa posto a tutti senza guardare troppo per il sottile, soprattutto se si possono fregiare del conio conciliare, e così si lascia proliferare l’errore –che nessuno chiama più con il suo nome– soprattutto quando vengono presentati numeri (non importa a che prezzo) e cospicue entrate in moneta sonante.

Viceversa, date le premesse surriportate, a noi sembra non aver più garanzie. In realtà si tratta di garanzie solo apparenti, de jure: gli insegnamenti ci danno sempre conferma; ma inesistenti nella prassi, de facto: gli insegnamenti vengono costantemente vanificati e bypassati nella cosiddetta pastorale.

Infatti, visto che per come stanno le cose si promuove l’eresia, va a finire che sarà sempre più emarginata l’ortodossia. La conseguenza paradossale, la beffa oltre al danno, potrebbe portare le realtà Tradizionali, che osano ergersi a difendere la vera Fede, a correre il rischio di esser strumentalizzate, maliziosamente e farisaicamente, dalla cultura egemone e da interlocutori come i nostri, i quali presenterebbero compattamente chiunque si presenti come anti-eretico o anti-modernista, come ribelle o come filo-protestante (di certo un protestantesimo di nuovo conio del tutto arbitrario se ricondotto al Magistero di sempre, a differenza di quello –molto vicino al Protestantesimo reale– in cui è scivolata e va scivolando sempre più inesorabilmente la Chiesa). Finora ci hanno provato senza riuscirci ma, andando avanti, al momento vedo solo incognite, salvo interventi della Provvidenza.

venerdì 17 settembre 2010

Un lezione dall'attualità

Seguendo il Viaggio del Papa nel Regno Unito, abbiamo colto una sua significativa dichiarazione sulla Chiesa, che prendiamo come spunto di riflessione, prima di riprendere il nostro percorso su riflessioni più puntuali:

Domanda - Il Regno Unito, come molti altri Paesi occidentali, è considerato un Paese secolare, con un forte movimento di ateismo anche con motivazioni culturali, tuttavia vi sono anche segni che la fede religiosa, in particolare in Gesù Cristo, è tuttora viva a livello personale. Che cosa può significare questo per cattolici e anglicani. Si può fare qualcosa per rendere la Chiesa come istituzione anche più credibile e attrattiva per tutti?

Benedetto XVI - Direi che una Chiesa che cerca soprattutto di essere attrattiva sarebbe già su una strada sbagliata. Perché la Chiesa non lavora per sé, non lavora per aumentare i propri numeri, così il proprio potere. La Chiesa è al servizio di un Altro, serve non per sé, per essere un corpo forte, ma serve per rendere accessibile l’annuncio di Gesù Cristo, le grandi verità, le grandi forze di amore di riconciliazione che è apparso in questa figura e che viene sempre dalla presenza di Gesù Cristo. In questo senso la Chiesa non cerca la propria attrattività ma deve essere trasparente per Gesù Cristo. E nella misura nella quale non sta per se stesso, come corpo forte e potente nel mondo, ma si fa semplicemente voce di un Altro, diventa realmente trasparenza per la grande figura di Cristo e le grandi verità che ha portato nell’umanità, la forza dell’amore, in questo momento si ascolta si accetta la Chiesa non dovrebbe considerare se stessa ma aiutare a considerare l’Altro, e essa stessa vedere e parlare di un Altro. In questo senso mi sembra anche che anglicani e cattolici hanno il semplice, lo stesso compito, la stessa direzione da prendere. Se anglicani e cattolici vedono ambedue che non servono per se stessi ma sono strumenti per Cristo. Amico dello sposo, come dice san Giovanni, se ambedue seguono la priorità di Cristo e non di se stessi, vengono anche insieme. Perché in quel tempo la priorità di Cristo li accomuna e non sono più concorrenti, ognuno cerca il maggiore numero, ma sono congiunti nell’impegno per la verità di Cristo in questo mondo, e così si trovano anche reciprocamente in un vero e fecondo ecumenismo.
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E' evidente che la risposta del Papa colloca la Chiesa all’opposto di un’idea di essa centrata sulle statistiche, sui numeri, sulla visione egemonica e trionfalistica che siamo abituati a cogliere nelle manifestazioni del Cammino NC. Il Papa ha ribadito che una Chiesa che cerca soprattutto di essere attrattiva sarebbe già su una strada sbagliata: «la Chiesa non lavora per sé, per aumentar i propri numeri e il proprio potere». «La Chiesa è al servizio di un Altro»: serve non per sé stessa ma per rendere accessibile agli uomini la verità di Gesù Cristo. La verità della Chiesa - come la Verità che è Una - non dipende dal consenso, insomma.

Ebbene, No! il Papa ha dato una risposta che vale non solo per la Gran Bretagna o per un luogo in cui i cattolici sono numericamente minoritari, ma per tutti. Nella misura in cui la Chiesa è trasparente e fa vedere Cristo, lì sta la sua ragione, non nei numeri, non nei suoi successi mediatici.

Cosa dire di quella strana porzione di Chiesa, ostinata nel definirsi cattolica, ma pertinacemente arroccata nelle sue tecniche di marketing, strategie e metodi dai quali non si transige e che fa del numeri e del trionfalismo, di un coinvolgimento tattico-emozionale le ragioni del suo espandersi? Per non parlare della sue diverse gerarchie, funzioni, prassi, simboli e perfino il rito?

giovedì 16 settembre 2010

“Ho parlato apertamente al mondo, ho sempre insegnato nelle sinagoghe e nel Tempio e non ho detto nulla in segreto …”( Giovanni 18,20)

Con queste parole, riportate dal Vangelo di Giovanni, Gesù rifiuta in modo assoluto ogni forma di iniziazione gnostica, ogni forma, sia pur marginale , di mistero e di segreto nella predicazione.
E’ ancora Lui , del resto, che in altri momenti del Vangelo si scaglia apertamente contro coloro che tengono nascosta la fiammella sotto il moggio per non dispensare gratuitamente la luce ed è sempre Lui che invita a gridare dai tetti le Verità rivelate, e non certo a tappe progressive e misteriose, a rate, ma nella pienezza della Rivelazione, nella pienezza della Verità.

Eppure,nonostante Sant’Ireneo già nel III secolo abbia dimostrato la falsità di ogni dottrina gnostica o di iniziazione a tappe, nonostante la Chiesa abbia combattutto la gnosi, sempre in agguato con infingimenti vari per corrompere la vera Fede cristiana ( attraverso l’introduzione subdola di dottrine e simbologie sincretistiche), nonostante lo stesso Gesù nel versetto del Vangelo che abbiamo ripreso si scagli senza nessuna ombra di dubbio contro ogni forma di mistero, di segreto iniziatico nell’annuncio del Regno di Dio, ancora oggi alcune realtà gnostiche agiscono indisturbate e a volte anche osannate da alcuni pastori.

Leggiamo infatti all’art.8, § 1 dello Statuto neocatecumenale definitivo: “ Il Neocatecumenato consta delle catechesi iniziali…e dell’itinerario neocatecumenale, ispirato dalle tre fasi dell’iniziazione cristiana: precatecumenato, catecumenato ed elezione, divise in tappe, scandite da passaggi segnati da alcune celebrazioni.”E’ appena il caso di aggiungere che le tappe di cui trattasi non hanno nulla a che vedere con quelle. non certo segrete, previste dall'OICA per il catecumenato battesimale ( più volte citato a sproposito), ma restano assolutamente secretate per l’iniziando , cui vengono di volta in volta “svelate” nell’arco di un percorso ultraventennale. Inoltre i “passaggi” da una tappa all’altra avvengono solo in base all’esclusiva valutazione di “catechisti” laici ( che si proclamano inviati dalla Chiesa) previ appositi “scrutini” effettuati coram populo, durante i quali l’iniziando deve mettere a nudo davanti a tutti la propria realtà non solo spirituale, ma anche umana.

Un dettaglio:

abbiamo riletto tutte le 27 pagine dello statuto neocatecumenale e cercato di riscontrare quante volte vengono espressamente usati questi termini:

- Gesù Cristo : 5 volte (prevalentemente nel contesto di citazioni di documenti magisteriali);
- Santa Trinità: zero volte;
- Spirito Santo: 1 volta;
- “Spirito”: 1 volta;
- Madonna: zero volte;
-“Maria”: 4 volte;
- Immacolata Concezione: zero volte;
- Assunzione di Maria Vergine al cielo: zero volte;
- Credo: zero volte;
- Resurrezione: zero volte;
- Ascensione: zero volte;
- Pentecoste: zero volte;
- Sacerdote: zero volte;
- Presbitero: 1 volta.

No comment.

mercoledì 15 settembre 2010

15 settembre 2010. diciassettesimo compleanno al cielo di don Pino Puglisi, un sacerdote e martire, non "un presbitero in Cammino"!

Quanti anni luce di distanza tra la figura di un sacerdote – martire come Don Pino Puglisi, ucciso proprio diciassette anni fa davanti alla sua chiesa al Brancaccio di Palermo, e le figure di tanti sacerdoti fagocitati dal “Cammino” e ridotti alla schiavitù spirituale di seguire, quasi senza fiatare, un cammino ultraventennale di “ conversione” , “alle dipendenze esclusive” di catechisti-giudici laici. Nell’anniversario della sua nascita al cielo vogliamo ricordare almeno oggi Don Pino con questo semplice thread e con una preghiera spontanea per lui e per le vocazioni sacerdotali, a cui invitiamo tutti, nel giorno, che la Chiesa, non a caso, dedica alla festa di Maria SS. ma Addolorata.

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Nato nella borgata palermitana di Brancaccio il 15 settembre 1937, figlio di un calzolaio e di una sarta, viene ucciso dalla mafia nella stessa borgata il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno.
Entra nel seminario diocesano di Palermo nel 1953 e viene ordinato sacerdote il 2 luglio 1960. Nel 1961 viene nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del SS.mo Salvatore nella borgata di Settecannoli, limitrofa a Brancaccio, e rettore della chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi.
Nel 1967 è nominato cappellano presso l’Istituto per orfani di lavoratori «Roosevelt» e vicario presso la parrocchia Maria SS.ma Assunta Valdesi. Sin da questi primi anni segue con attenzione i giovani e si interessa delle problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città.
Il primo ottobre 1970 viene nominato parroco di Godrano, un piccolo paese in provincia di Palermo - segnato da una sanguinosa faida - dove rimane fino al 31 luglio 1978 riuscendo a riconciliare le famiglie con la forza del perdono.
In questi anni segue anche le battaglie socia­li di un’altra zona della periferia orientale della città, lo «Scaricatore». Il 9 agosto 1978 è nominato pro-rettore del Seminano minore di Palermo e il 24 novembre dell’anno seguente direttore del Centro Diocesano Vocazioni. Nel 1983 diventa responsabile del Centro Regionale Vocazioni e membro del Consiglio nazionale. Agli studenti e ai giovani del Centro Diocesano Vocazioni ha dedicato con passione lunghi anni realizzando, attraverso una serie di “campi scuola”, un percorso formativo esemplare dal punto di vista pedagogico e cristiano. Don Giuseppe Puglisi è stato docente di matematica e poi di religione presso varie scuole.
Ha insegnato al liceo classico Vittorio Emanuele II a Palermo dal 78 al 93. Dal 23 aprile 1989 sino alla morte svolse il suo ministero sacerdotale presso la Casa Madonna dell’accoglienza dell’Opera Pia Card. E. Ruffini in favore di giovani donne e ragazze in difficoltà. Nel 1992 assume l’incarico di direttore spirituale nel Seminario Arcivescovile di Palermo. A Palermo e in Sicilia è stato tra gli animatori di numerosi movimenti tra cui Presenza del Vangelo, Azione Cattolica, Fuci, Equipe Notre Dame.
Il 29 settembre 1990 è nominato parroco della Parrocchia S. Gaetano di Brancaccio. L’annunzio di Gesù Cristo desiderava incarnarlo nel territorio, assumendone quindi tutti i problemi per farli propri della comunità cristiana. La sua attenzione si rivolse al recupero degli adolescenti già reclutati dalla criminalità mafiosa, riaffermando nel quartiere una cultura della legalità illuminata dalla fede. Questa sua attività pastorale come è stato ricostruito dalle inchieste giudiziarie ha costituito un movente dell’omicidio, i cui esecutori e mandanti sono stati arrestati e condannati. Nel ricordo del suo impegno, scuole, centri sociali, strutture sportive, strade e piazze a lui sono state intitolate a Palermo e in tutta la Sicilia.A partire dal 1994 il 15 settembre, anniversario della sua morte, segna l’apertura dell’anno pastorale della diocesi di Palermo. Il 15 settembre 1999 il Cardinale Salvatore De Giorgi ha insediato il Tribunale ecclesiastico diocesano per il riconoscimento del martirio di don Giuseppe Puglisi, presbitero della Chiesa Palermitana.
La sua vita e la sua morte sono state testimonianze della sua fedeltà all’unico Signore e hanno disvelato la malvagità e l’assoluta incompatibilità della mafia con il messaggio evangelico.
PENSIERI DI DON PINO PUGLISI

«Nessun uomo è lontano dal Signore. Il Signore ama la libertà, non impone il suo amore.
Non forza il cuore di nessuno di noi. Ogni cuore ha i suoi tempi, che neppure noi riusciamo a comprendere. Lui bussa e sta alla porta. Quando il cuore è pronto si aprirà».
Il senso della vita
«Ognuno di noi sente dentro di se un'inclinazione, un carisma.
Un progetto che rende ogni uomo unico e irripetibile. Questa chiamata, questa vocazione, è il segno dello Spirito Santo in noi. Solo ascoltare questa voce può dare senso alla nostra vita».
Ho fatto del mio meglio
«Bisogna cercare di seguire la nostra vocazione, il nostro progetto d'amore.
Ma non possiamo mai considerarci seduti al capolinea, già arrivati.
Si riparte ogni volta.Dobbiamo avere, coscienza di avere accolto l'invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito per poter dire: sì, ho fatto del mio meglio».
Come le tessere del mosaico
«Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale.
Ciascuno di noi come le tessere di questo grande mosaico.
Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual'è il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual'è il proprio, perchè si formi l'unico volto di Cristo».
Dio ci dà la forza
«L'amore per Dio purifica e libera.
Ciò non significa che veniamo spersonalizzati ma, anzi, la nostra personalità viene esaltata e potenziata, cioè viene data una nuova potenzialità alle nostre facoltà naturali, alla nostra intelligenza. Viene data una luce nuova alla nostra volontà».
Le porole e i fatti
«E' importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell'uomo per i soldi.
Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste.
Tutte queste iniziative hanno valore, ma, se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti».
Se ognuno fa qualcosa
«Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno
Non è qualcosa che può trasformare Brancaccio. Questa è un'illusione che non possiamo permetterci.
E' soltanto un segno per fornirci altri modelli, soprattutto ai giovani. lo facciamo per poter dire: dato che non c'è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa.
E se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto...»
La testimonianza che diventa martirio
«Il discepolo di Cristo è un testimone. La testimonianza cristiana va incontro a difficoltà, può diventare martirio.
Il passo è breve, anzi è proprio il martirio che dà valore alla testimonianza.
Ricordate S. Paolo: "Desidero ardentemente persino morire per essere con Cristo". Ecco, questo desiderio diventa desiderio di comunione che trascende persino la vita»

martedì 14 settembre 2010

Infiltrazioni neocatecumenali nelle parrocchie. La tecnica del cuculo

Un nostro lettore, che si firma Pietro, ha lasciato questa testimonianza in chiusura di un thread non più rivisitato, che ho riaperto di recente dal link offerto dal quadro dei visitatori. La pubblico, rammaricata di non avergli risposto a suo tempo, perché è attualissima, circostanziata e rivelativa della dinamica distruttiva che il cammino instaura nelle Parrocchie: quella che Caterina chiama efficacemente "la tecnica del cuculo". Del resto è la fotografia dell'esperienza di molti di noi, che si perpetua nel tempo grazie all'incuria di chi ne ha responsabilità.
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Non ho vissuto il Cammino ma ho vissuto 15 anni in una parrocchia romana "devastata" dall'arrivo delle Comunità. Li dove alla fine degli anni 70 esistevano almeno 15 realtà pastorali diverse che animavano con partecipazione tutte le fasce di eta' dai 5 ai 99 anni, alla fine degli anni 80 non e' rimasto che deserto e stanze chiuse.

Non sono in grado di valutare la catechesi del Cammino ma sono in grado di valutare l'impatto catastrofico che essa può avere su un tessuto parrocchiale.

Eravamo tutti cristiani di serie B ai loro occhi, nelle loro parole, nei loro giudizi diretti. La nostra pratica, le nostre tradizioni associative (ACR, AGESCI, GAM, Oratorio, Vincenziane, Oblate etc. etc.), il nostro servizio pastorale reso ai bambini, agli anziani, ai ragazzi, la nostra dimensione e la nostra identità di quartiere, le nostre pratiche educative erano, ai loro occhi, solo alibi dietro i quali celare dubbi irrisolti, mancanza di fede se non vera e propria contiguità con il maligno.

Arrivarono agli inizi degli anni 80. Per un paio di anni nessuno si accorse letteralmente di loro. Celebrazioni al sabato sera, ad ora tardissima, quando la parrocchia si svuotava. Nessuna presenza agli eventi parrocchiali. Nessuno di loro ad una Via Crucis, ad una processione delle palme, alla festa del patrono, alla celebrazione di Cresime e comunioni. C'era solo la grande icona di Kiko che campeggiava all'ingresso degli uffici parrocchiali con la scritta "Catechesi per Adulti". Nessuna partecipazione al Consiglio. Nulla di nulla.

Finché una sera del 1982 uscirono violentissimamente allo scoperto, durante la Messa della Luce. Uno schock per tutta la comunità. La liturgia della parola completamente stravolta, senza preavviso, i cantori messi da parte, i ragazzi volontari con la chitarra esonerati e sostituiti da "semi-professionisti" e tamburelliste varie. Ogni brano della Parola veniva introdotto da uno sconosciuto che prima, dal pulpito, faceva della pubblica analisi dei suoi problemi personali e di fede e poi scaricava sull'assemblea i suoi sensi di colpa, ci additava per un cammino di conversione e di redenzione, secondo lui, mai intrapreso. La celebrazione, con la disposizione di altare e panche completamente stravolta, si prolungò tra battesimi, riti e eucarestia in duplice specie solo per gli adepti, per circa 5 ore. Alla fine delle quali la gente era distrutta, confusa, smarrita.

Noi animatori capimmo che quella sera era cambiato qualcosa nella nostra parrocchia ed essa non sarebbe stata più la stessa.

L'impatto delle Comunità procedette sostanzialmente su due binari. Uno prettamente logistico. Le Comunità crescevano in maniera quasi incontrollata. Avevano bisogno di spazi, di sale per i loro riti. Sale che dovevano essere arredate in modo molto particolare, con strutture fisse, suppellettili preziose. Una volta che una stanza veniva data in disponibilità ad una comunità essa veniva automaticamente sottratta al resto della parrocchia. Ci fu quindi un vero processo di conquista di spazi, con il resto delle associazioni che avendo esigenze logistiche più flessibili, meno rigide, erano costrette a retrocedere sempre di più in spazi angusti, limitati. Il secondo binario fu prettamente pastorale. La pratica neocatecumenale provocò una delegittimazione di fatto di tutte le altre realtà. Davanti ad una professione di fede così potente, così forte, cosi univoca, sostenuta con convinzione dal parroco, tutte le altre associazione vive della parrocchia persero velocemente convinzione in se stesse. Ad eccezione della AGESCI, che era legata a strutture zonali che ne garantivano la identità, tutte le altre, molto locali, si "annacquarono" sono la spinta del disinteresse praticato dal parroco. Il popolo iniziò ad abbandonare la Parrocchia. Per primi andarono via i ragazzi, poi via-via tutti quanti, assorbiti chi dalle realtà vicine, chi da associazionismi lontani, chi dai Neocat stessi.

Ma le Comunità non erano nate per praticare una pastorale parrocchiale e di quartiere. Una volta "digerita la parrocchia" se ne tornarono tranquille ai loro riti del sabato, alle loro adunate, alle loro agapi fraterne e scomparvero dagli eventi liturgici che avevano prima stravolto e condizionato.

Sono ancora li.

Il 90% di loro non appartiene al quartiere, non conosce le sue storie, i suoi anziani, i suoi indigenti. Arriva ogni sabato sera con i loro van e i loro suv stracarichi di bambini, chitarre e tamburelli. Parcheggia rumorosamente in piazza e altrettanto rumorosamente se ne va alle 2 di notte.

sabato 11 settembre 2010

Infiltrazioni neocatecumenali in Asia. Chiesa sempre più inquinata

"Laici cattolici, testimoni di speranza per il bene dei popoli dell'Asia..." articolo del Card Rylko

Proprio il cardinal Rylko, con l'approvazione degli Statuti è uno degli artefici dell'applicazione della dottrina neocatecumenale in giro per il mondo.

Dispensatrice di "missionari laici" pagati dalla congrega neocatecumenale, questi si propagano per il mondo dando la loro interpretazione assai fantasiosa della liturgia della messa unita ad una "catechesi" eretica che è un misto tra cattolicesimo, luteranesimo e giudaismo talmudico con ripresentazioni di oggetti ebraici. L'immagine a lato riproduce la danza davidica, intorno alla 'mensa' che non è un Altare, sulla quale fa bella mostra la channunkkiah: il simbolo dei ricostruttori della vera chiesa [vedi]. Ciò avviene ad Antiochia, dove le quattro comunità neocatecumenali ivi presenti passano come "Chiesa cattolica di Antiochia"... Ed è comprovato che dovunque vanno nella "missio ad gentes" i neocatecumenali non fanno l'implantatio ecclesiae, ma quella del cammino, con le sue proprie strutture, gerarchia, ruoli, insegnamenti, prassi, simboli, rito e con la costituzione di comunità che non si integreranno mai con le realtà locali. Ovviamente la situazione di Antiochia è emblematica di ciò che accade in tutto il mondo. In questo thread analizzavamo nel dettaglio quanto il "diversamente-cattolico" stia diffondendosi in tutto il mondo.

Questo è il cattolicesimo offerto ai popoli dell'Asia? Questa è la prassi cattolica ortodossa che ricorda e rinnovella i secoli di tradizione cattolica per cui sono morti tanti martiri asiatici?

In Giappone la prassi neocatecumenale unita ai litigi e discordie generate dai missionari laici con i residenti cattolici ha generato tale situazione, ignorata in Vaticano, che i vescovi giapponesi hanno dovuto recarsi personalmente a Roma per ottenere l'allontanamento di questa setta perdurante da 40 anni senza che sia stata ancora definitivamente approvata( storia eccezionale nella Chiesa!).

Non tollero come cattolico e come amico dei popoli asiatici che tale personaggio compromesso con i fondatori di un nuovo rito e nuova dottrina osi parlare ed imbonire con le sue parole i veri cattolici asiatici che soffrono le miserie dei loro governi.

Le miserie che circondano questi cattolici asiatici bastano ed avanzano per non doversi misurare anche con eresie dottrinali propagate come dottrina cattolica da "missionari" legati solo al verbo di un ex pittore!

Anche in Asia iniziano ad averne abbastanza di dottrine "nuove" e liturgie ben poco cattoliche e molto "strane".

Padre Cervellera, come padre Gheddo sanno bene che in Asia il rispetto e l'osservanza della tradizione sono elementi insostituibili ed intangibili per indicare il sacro ed il rispetto verso la religione!

Il "verbo" neocatecumenale è l'esatto contrario, lacerante e stridente con l'interpretazione tradizionale del cattolicesimo secolare e tradizionale amato dall'Asia ed in tutto il mondo.
Mardunolbo

giovedì 9 settembre 2010

E’ VERAMENTE CRISTIANO UN CAMMINO GNOSTICO A TAPPE CHE SI DEFINISCE CRISTIANO?


Almeno due elementi strutturali del Cammino Neocatecumenale, le sue “tappe” e lo stretto, assoluto mistero che le circonda, anche fra gli aderenti, lasciano sempre fortemente dubbioso chi vi si accosta (la scelta dell'immagine, appartenente all'universo gnostico, non è casuale perché l'iconografia e gli insegnamenti kikiani hanno frequenti riferimenti alla merkavàh: il carro di Ezechiele e la stessa immagine compare nella croce astile usata nel Cnc e in molti altri oggetti di culto).

Continuiamo a porci dunque qualche domanda essenziale su questo singolare percorso gnostico.

I domanda: com’è valutato oggi un percorso di gnosi dal mondo cattolico?

Partiamo dall’analisi che conduce in uno dei suoi ultimi libri (“Risorgimento ed Europa. Miti, pericoli, antidoti”- Fede & cultura) e nella conseguente intervista rilasciata a Zenith, Angela Pellicciari, storica vicina al Cammino ncn, rispondendo alla domanda sui perché la gnosi, di cui la massoneria è espressione, si oppone alla Chiesa cattolica.
Ella afferma: “La gnosi si oppone alla verità rivelata e contesta la realtà del diritto naturale. Il pensiero gnostico non si propone di comprendere il mondo ma di cambiarlo. A partire dalla Rivoluzione Francese e da Napoleone, i frutti dei vari progetti di liberazione dell’umanità non hanno cessato di tradursi in oceani di sangue. Ma questo non è bastato. La gnosi si è sempre rifiutata di prendere atto dei propri errori. Si è sempre rifiutata di riconoscere la verità dei dieci Comandamenti, precipitando nel vortice inarrestabile e spaventoso del mondo senza Dio. Se, dopo le catastrofi di comunismo e nazismo, si è smesso di idolatrare lo stato, l’idolatria è stata trasferita sul singolo ed i suoi desideri. Sposando un relativismo spinto fino alla negazione della realtà, si è giunti a contestare la divisione dell’umanità in due sessi biologicamente distinti, per teorizzare l’esistenza di cinque generi liberamente scelti, partendo da un progetto definito culturale.” No comment!

II domanda: perché la gnosi è “ storicamente” oltre che ontologicamente antitetica al Cristianesimo?

La gnosi pagana suscitò reazioni diverse fra i pensatori cristiani. La polemica antignostica più vivace fu sostenuta da Ireneo e dal suo discepolo Ippolito.. Assai diverso fu l'atteggiamento della corrente filosofico-religiosa cristiana che si formò in Alessandria e che, pur combattendo i sostenitori della gnosi, cercò di assorbire tutto quanto era possibile del loro atteggiamento e della loro concezione. Tanto è vero che fu chiamata la « gnosi cristiana ».Questa corrente ebbe come suoi massimi rappresentanti Clemente di Alessandria ed Origene. Origene ideò il primo grande sistema di filosofia cristiana; sistema che, accolto dapprima con molto entusiasmo. ma fu poi condannato dalla chiesa perché contenente varie teorie ritenute eterodosse.

Il rapporto fra il Verbo (o Logos) e il Padre è visto da Origene in modo abbastanza prossimo a quello in cui lo vedevano Valentino, Saturnilo e Basilide; il Verbo è l'immagine della bontà di dio, ma non è egli medesimo bontà assoluta; è eterno, ma solo in quanto è eterna la volontà del padre che lo ha generato. In breve: è il tratto d'unione fra l'unità divina e il molteplice delle cose create; è l'origine della razionalità delle cose. Essendo puro spirito, Dio non può creare che puri spiriti; questi però, a causa della loro libertà, possono peccare e come effetto del peccato degradarsi da spiriti in anime, da anime in corpi. Poiché, tuttavia, il male porta in sé medesimo la propria punizione, esso è anche causa di emendamento. Ne segue che ogni spirito finirà per redimersi e tornare a dio; e così scomparirà tutta la materia. Le pene inflitte ai malvagi sono temporanee, e tutte le anime si ritroveranno in una eterna beatitudine, dopo la completa distruzione del male (« apocatastasi universale »). Per accordare questa concezione con i testi sacri e in ispecie con l'Antico testamento, Origene fa costantemente ricorso all'interpretazione allegorica.

III domanda: i sacramenti cristiani dell’iniziazione come convivono con i cammini gnostici?

Il Battesimo, la Cresima, la Confessione l’Eucarestia al vaglio del Cammino Neocatecumenale devono essere sottoposti da ogni cristiano che li abbia ricevuti a profondissima revisione (o rivoluzione) allorchè egli entra in questo percorso in cui, attraverso tappe successive e segrete:

- il Battesimo, per definizione, viene “riscoperto” e adeguatamente vissuto dopo un cammino almeno venticinquennale tracciato da tale Arguello ed “ approvato” dalla Chiesa;

- la vera Confermazione Cristiana, a sua volta, parallelamente alla “riscoperta” del Battesimo, può avvenire soltanto quando, all’interno del Cammino, si raggiunge la “tappa di Gerusalemme” o “Elezione”;

- il sacramento della confessione è monco fin tanto che il cristiano- neocatecumenale non sperimenti, viva e superi, tutti gli “scrutini” previsti dal Cammino ed aventi ad unici giudici dei catechisti laici;

- l’Eucarestia vissuta o partecipata negli schemi tradizionali è cosa sostanzialmente diversa dalla “Celebrazione Neocatecumenale”, richiedente, per chi vi voglia prender parte al di fuori del Cammino, almeno una catechesi previa che ne spieghi significati e simbologi, il che è quanto dire...: anche in questa fattispecie vige l'arcano, il mistero da svelare agli eletti...

Alla stregua di tutto ciò è possibile ritenere che questi quattro sacramenti essenziali possano da soli iniziare l'individuo alla vita cristiana, senza l’apporto di quel Cammino Neocatecumenale, che si definisce a sua volta “Iniziazione cristiana” e che la Chiesa ormai autorizza e promuove in mille realtà diocesane e parrocchiali?

E' possibile, in ultima analisi, ritenere veramente e profondamente cristiano un cammino di gnosi, i cui adepti vengono ritenuti sbrigativamente dalla Chiesa membri di un' associazione laica ecclesiale, da essa approvata nel giugno di due anni fa?


lunedì 6 settembre 2010

Ancora sulla situazione della Chiesa

Non è un voltar pagina, ma un completare quanto abbiamo dibattuto nella precedente con questa conclusione tratta dall'utlimo articolo d Francesco Colafemmina:
.... Quindi, in ultima analisi, è vero che non si può parlare esclusivamente di complotto o di semplice imperizia curiale, in riferimento ai molteplici attacchi subiti da Papa Ratzinger in questo quinquennio. Tuttavia, è innegabile che le trame di questo più grande fenomeno di trasformazione della Chiesa Cattolica siano estremamente chiare ed evidenti e in parte ovvie, data la parallela trasformazione della società e delle istituzioni politiche e finanziarie. E per comprendere quale tela andranno a tessere nel futuro, basta attenersi al presente disegno dell'ordito. Fuor di metafora: è possibile comprendere sin da ora dove e come culmineranno gli attacchi al Pontefice? Personalmente ho una teoria: credo che per demolire definitivamente l'autorità morale e dottrinale di Joseph Ratzinger basterebbe incrinarne la limpidezza umana. Ci hanno già provato in quest'ultimo anno cercando di coinvolgerlo in responsabilità gravi nel trattamento di casi di pedofilia, ipotizzando un coinvolgimento di suo fratello in casi di abusi nel coro di Ratisbona, rievocando sue presunte omissioni quand'era Arcivescovo di Monaco. Finora non ci sono riusciti. Sarebbe facile dire che non praevalebunt, se non fosse che queste forze negative sono talmente radicate nel seno della Chiesa da essere ormai indistinguibili, da non appartenere a chiare e nette fazioni. E' come se per attuare un cambiamento variamente auspicato da una maggioranza di Vescovi e sacerdoti, ognuno avesse deciso di sacrificare un po' dell'autorità di questo Pontefice, esponendolo alle ire di un mondo che lo giudica inadeguato. Questa divisione, questo stato di conflittualità interecclesiale non si risolverà facilmente perché è annoso e radicato, specie nel clero. Sono forse i fedeli, invece, i veri difensori di Papa Ratzinger? Non è forse a loro che è rimessa la responsabilità di amare questo pontefice e di difenderlo perinde ac cadaver, come un tempo dicevano i gesuiti?

Ritengo proprio di sì. Dunque armiamoci di rosari e cominciamo a pregare e a fare una sana opera di apologetica: il destino della Chiesa è certo nelle mani di Dio, ma è anche nelle nostre e contro questi attacchi la preghiera e la salda fede sono certamente le "armi" più belle che lo stesso Sommo Pontefice Benedetto XVI vorrebbe vederci impugnare!
Fonte: http://fidesetforma.blogspot.com/2010/09/attacco-ratzinger-cui-prodest.html
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Francesco Colafemmina prende le mosse dagli attacchi al Papa di cui al recente testo di Tornielli Rodari. Noto come anch'egli sottolinei la necessità della nostra presenza con due tipi di armi: la preghiera e una sana apologetica. La preghiera è la linfa vitale di tutto il resto. Quindi vorrei mettere l'accento su questi due termini:
  • 'apologetica', che sta ad indicare "la difesa" della nostra Fede che, per quanto ci riguarda in questo contesto, si concretizza in una corretta informazione ed in una espressione delle più belle e fondanti verità cattoliche perché non se ne spenga la Luce insostituibile,
  • 'sana', che richiama la necessità di equilibrio e libertà interiore per non scadere nella diatriba né nella polemica né nelle battute pungenti, rimandendo sempre saldi in una serena fermezza che, sola, può lasciar fluire il cuore del messaggio che vogliamo trasmettere, che non è altro che la Buona Notizia della vittoria di Cristo - e nostra in Lui- sul peccato e sulla morte.
A questo proposito ribadiamo che è il peccato che causa la morte e non la paura della morte che causa il peccato, come tramette ai suoi adepti l'iniziatore del cammino NC, facendone addirittura il kèrigma di partenza. Oltretutto, il primo è un fatto ontologico, il secondo semplicemente psicologico, che esclude, come avviene regolarmente in quel contesto, il Soprannaturale.

venerdì 3 settembre 2010

Dove sta andando la Chiesa cattolica?

L'ultimo intervento di Alino focalizza perfettamente la situazione allo stato attuale e ci permette un confronto aperto e chiaro. Per questo lo pubblico con le mie chiose e vedremo dove ci porterà la successiva riflessione. Ho scelto l'immagine dell'Altare cattolico, che meglio rappresenta la primaria funzione della Chiesa che è quella di rendere il vero culto a Dio, fonte e culmine delle Fede celebrata e vissuta. Tutto il resto non è che conseguenza...

Cara Mic, non ridurre il mio contributo solo a questo:
“poi ci si attacca a dati marginali, parlando d'altro per stornare l'attenzione (ci ha già provato Alino)”. Ammetto lo “zero carbonella” (non mi sono offeso). ma ciò che vorrei fare è cominciare a circoscrivere un po’ di questioni, che voi trattate tutte, ma che si fondono insieme in un susseguirsi di tread, e che non capisco quale scopo abbiano oltre l’informazione.

il tuo contributo era "zero" ovviamente sull'argomento del thread; ma aveva introdotto dati sulla "Penitenza" che si stavano incanalando al solito in due monologhi: io che ti facevo il "distinguo" tra gli insegnamenti del Magistero e le catechesi kicarmeniane (citando i testi originali) e tu che sorvolavi su questi rilievi citandomi il CCC, che in teoria al cammino serve solo perché rende possibili le penitenziali comunitarie... quelle neocat, tuttavia, sono pervase da un altro spirito e portano da un'altra parte. Ciò è stato ampiamente provato da riflessioni e testimonianze a iosa, che non ti sfiorano e non ti 'toccheranno' mai: ormai è assodato. Rispetto la tua scelta, ma contesto l'ostinazione a vedere il cammino come "cattolico", quando cattolico non è. Ma questo dato lo approfondimento anche col resto dell'analisi.

Quello che non capisco è se, secondo te, ci sarà mai la possibilità che questo “Osservatorio” accetti il CNC come facente parte della stessa Chiesa. Anche per me questo è un FATTO importante. Per adesso non è possibile, me lo hai detto, e siccome faccio il CNC, questo mi dispiace personalmente, ma dopo un primo sbandamento, posso anche accettarlo, ma solo perché lo ritengo un fatto temporaneo. E lo è temporaneo perché prima o poi sarà pubblicato il direttorio catechetico (non quello del 1972, non quello del 1999, non il mattone, ma quello che dopo il rifiuto del mattone è stato poi vagliato o è ancora al vaglio).

Mi suona strana questa attribuzione di scelta all'Osservatorio e l'importanza che le viene data. Indubbiamente tuttavia è un riconoscere che noi siamo parte della Chiesa Cattolica: da essa e in essa infatti abbiamo ricevuto la Fede che professiamo e che cerchiamo di 'mostrare', diffondere e difendere e questo è un dato incontrovertibile. E in qualche modo è anche il riconoscimento della validità delle nostre affermazioni e disamine. Vedo però che hai capito che da parte nostra manca la possibilità, che non esito a definire ontologica, di riconoscere alcuna "communicatio in sacris" con ciò che è e fa il cammino NC, a prescindere dall'etichetta di 'cattolico' da esso ricevuta con l'approvazione e per effetto dell' "inclusività" post-conciliare che, soltanto, ha potuto permettere l'accoglimento da parte della Chiesa di una entità del genere nel suo seno, senza adeguata 'purificazione' - pur essendo questa necessaria, secondo le stesse parole del Papa felicemente regnante -

Ma questo non sarà possibile qualunque siano le catechesi formalmente approvate; perché sappiamo fin troppo bene - e lo sai anche tu - che le catechesi originarie, che costituiscono la tradizione orale del cammino e lo fanno quello che è, non possono essere abbandonate -e non lo saranno mai-, pena lo snaturamento totale e magari l'effettiva sua cattolicizzazione, che di fatto finora non è mai stata attuata neppure in una virgola e mai sarà attuata, a meno che non intervengano cambiamenti ed eventi al momento non prevedibili, ma dei quali non c'è alcun segnale. Perché, se tutto si risolvesse nella eliminazione (peraltro solo formale) dell'anomalia costituita dal fatto che usate un vostro catechismo non approvato ma rimangono le strutture e il 'segreto' di sempre, nessuno potrà impedire che questa sanatio de iure non sia vanificata de facto dal solito ingranaggio inesorabilmente rigido e codificato che si espande altrettando inesorabilmente da oltre 40 anni.

Non mi meraviglia che tu dica che è solo questione di tempo: con gli sponsor potenti che avete è probabile; ma sarà un altro giorno buio nella discesa della china in cui ormai si trova la Chiesa, che nell'ultimo periodo presenta aspetti a dir poco allarmanti.

A quel punto le mie questioni non saranno più marginali.
Si dovrà cominciare a discutere ad esempio se è corretto che esista un “itinerario di formazione cattolica” a tappe, come indicato nello Statuto del CNC. Se ti fosse chiesto di riscrivere completamente le catechesi, lo riterresti comunque cattolico questo percorso? Mi dici di no, e il tread di Francesco sull’iniziazione cristiana lo chiarisce. Mi dici che le Chiese costruite secondo l’ “estetica kikiana”, non sono cattoliche, ma sono state consacrate.
Io posso anche attendere, come tu gentilmente in effetti fai con me riguardo alle catechesi, ma spesso i silenzi (e parlo anche per me) possono parlare più delle parole.

Le tue questioni non sono marginali neppure ora, perché il 'vulnus' per la Chiesa è serio e anche ignoto ai più, con l'aggravante che esso è mascherato e scarsamente riconoscibile anche per effetto della contestuale 'mutazione genetica' che la Chiesa visibile ha subìto per effetto delle innovazioni post-conciliari di conio modernista, neo-protestante e forse è arrivato il momento di riconoscerne anche la matrice massonica. Di sicuro non è complottismo.

Mi sono sempre rifiutata di aderire a tesi complottiste di ogni genere. Ma, oggi, i fatti parlano da soli e purtroppo quel che dicono ormai è fin troppo chiaro per le poche 'sentinelle' rimaste... E' vero: le chiese neocatecumenali costruite secondo l'estetica kikiana sono state consacrate e purtroppo vi si celebra un rito sincretistico pieno di abusi liturgici di una gravità inaudita: ma a nessuno sembra interessare... Del resto nella Chiesa si parla molto ormai di politica, di morale, di civiltà dell'amore, c'è il 'Cortile dei gentili', come ai tempi del Tempio di Gerusalemme; ma la Verità, che essa è chiamata a custodire e rendere Presente, che ha un Nome ed è il Signore Gesù, è oscurata. Non del tutto nelle parole del Papa e di pochi vescovi e sacerdoti, ma il resto è uno sfacelo! Questo purtroppo è realismo, guardare la realtà in faccia, abbracciare la Croce, con la fiducia che il Signore continua a guidarci, a sostenerci, a indicarci la Via nella quale intendiamo rimanere ben saldi e radicati qualunque cosa accada, in questo tempo che non mi sarei mai sognata di dover vivere.

Ritorno a dire che attendo che la Chiesa faccia il proprio passo ufficiale riguardo al Direttorio, come credo anche voi. Poi però l’ “Osservatorio sul Cammino Neocatecumenale secondo Verità”, in realtà dovrà cambiare nuovamente nome in “Osservatorio della Chiesa Cattolica secondo Verità”, perché tutto sarà approvato e concordato. Nel frattempo ribadisco che accetto volentieri la vostra “osservazione”, altrimenti non scriverei sul blog.
Alino (non AL9000 e di ciccia ne ho fin troppa...) ;)

Se la Chiesa farà anche quest'ultimo 'passo ufficiale', non prendiamoci in giro: sappiamo entrambi che il cammino è e resterà quello che è e fa, a meno che -ripeto, ma non me lo aspetto realisticamente- non intervenga qualche fatto nuovo al momento imprevedibile. Sarà solo l'ultimo 'passpartout' che riceverete (uno dei tanti estorti o donati).

Quanto all'Osservatorio, resterà quello che è finché la sua funzione sarà necessaria... e questo non saremo noi a stabilirlo: sarà il Signore attraverso gli eventi e la storia che Lui vuole scrivere con noi; il che ci metterà in condizione di comprendere e adeguarci alla Sua volontà.