lunedì 30 marzo 2009

Tipicità (e necessità di fedeltà) e universalità della Liturgia


Pubblichiamo questo stralcio dall'intervista rilasciata da monsignor Guido Marini, maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie: "Le cerimonie africane con elementi tipici e universali". La riteniamo significativa per quanto riguarda la recente esperienza africana della quale viene sottolineato il respiro universale presente in tutti gli eventi ecclesiali - con sottolineature importanti in materia liturgica - ed anche per i riferimenti alle "sette", che sono molto pertinenti con quanto andiamo ripetendo da tempo sul Cammino neocatecumenale e i suoi aspetti settari e comunque élitari e di chiusura piuttosto che ecclesiali, nella sua convinzione - negata ad extra ma manifestata e inculcata ad intra attraverso gli insegnamenti trasmessi - che la vera Chiesa è costituita dal Cammino stesso, che ha l'intento e la funzione di 'trasformare' o addirittura 'rifondare' la Chiesa dal suo interno con il pretesto di un malinteso "spirito del concilio"...

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Il Papa incontrando i giornalisti ha voluto sottolineare la bellezza delle celebrazioni liturgiche vissute in Africa, mettendone in risalto la grande dignità e la sacralità, manifestate anche attraverso alcune modalità espressive tipiche della cultura africana. A lei cosa è sembrato?

Sicuramente abbiamo partecipato a celebrazioni liturgiche durante le quali si è respirato il senso del sacro, in un clima di grande dignità, e tutto vi ha contribuito: il canto, il silenzio, la parola, alcune gestualità tipiche della cultura africana, le espressioni di gioia contenuta e religiosa. Sono stati incontri di preghiera molto intensi nei quali si è avuta la grazia di entrare nella bellezza del mistero di Dio e della Chiesa.

Secondo lei come si può conciliare la necessità del rispetto dei canoni della liturgia con la manifesta volontà degli africani di esprimere la loro fede secondo la cultura tradizionale africana che del resto ha innato, come ha voluto ricordare il Papa, il rispetto per il sacro?

Sono del parere che il punto di partenza debba essere sempre la realtà più intima e vera della liturgia, il suo essere celebrazione del mistero del Signore, della sua morte e risurrezione per noi uomini e per la nostra salvezza, preghiera della Chiesa nella quale tutti entriamo in vista di una conversione vera della vita. Quando le diverse espressioni culturali vengono messe al servizio di questa celebrazione è possibile che trovino adeguato spazio ed espressione nella liturgia. Non la devono cambiare, perché la liturgia è un dono prezioso donato alla Chiesa e da essa vissuto nella continuità della sua tradizione, che non è modificabile soggettivamente e arbitrariamente; possono però offrirle una forma espressiva culturale, tipica e arricchente. Mi pare di poter affermare che questo è quanto è stato vissuto nei giorni della visita di Benedetto XVI in Africa.

Le sette religiose basano il successo del loro proselitismo proprio sulla capacità di mimetizzarsi con la cultura africana. Visto che gli africani sembrano tenere molto all'inserimento nelle loro celebrazioni di elementi tipici della loro cultura cosa si può fare per aiutarli a identificarsi sempre meglio e sempre di più con la celebrazione della messa?

Il discorso riguardante le sette comporta una molteplicità di problematiche, tra l'altro complesse. Penso, tuttavia, che per quanto attiene alla liturgia la possibilità che la cultura africana possa trovare adeguata collocazione nella celebrazione dei misteri del Signore sia senza dubbio di aiuto a superare il pericolo dell'adesione alle sette. Ritengo che sia importante anche ricordare che non tutte le espressioni culturali sono compatibili con la liturgia della Chiesa: vi può essere la necessità di educazione e di purificazione. È questo, d'altra parte, il cammino necessario di ogni cultura che si incontra con il Vangelo: ne rimane sanata e purificata e diventa capace di dargli una nuova espressione storica.

Il Papa è sembrato gradire le forme espressive manifestate durante le celebrazioni africane.

Mi sembra di sì, considerando anche le parole avute al riguardo da Benedetto XVI durante l'incontro con i giornalisti sull'aereo durante il viaggio di ritorno dall'Africa. Mi pare che il gradimento sia rivolto al fatto che in tali celebrazioni si è vissuto un intenso senso del sacro e del mistero, che grande è stato il raccoglimento, nonostante la grande folla di partecipanti, e che si è realizzata una fruttuosa compresenza di elementi tipici locali e di elementi universali. Si stavano vivendo delle celebrazioni liturgiche in Africa, ma si stava vivendo al contempo una celebrazione liturgica della Chiesa universale.

Compagni di viaggio e di apostolato

Riprendiamo questo bilancio finale di due mesi di attività del bellissimo blog del Barnabita P. Giovanni Scalise "Senza peli sulla lingua" http://querculanus.blogspot.com/



""Che dire? Ringraziamo il Signore. Ho l'impressione che il blog sia stato accolto con grande interesse, anche se, per il momento ha una diffusione abbastanza limitata. Ciò che mi sembra particolarmente apprezzato è la fedeltà alla Chiesa coniugata con una grande libertà di giudizio. Le due cose potrebbero apparire tra loro contrastanti (e di fatto il piú delle volte lo sono). In realtà, quella libertà scaturisce proprio dalla fedeltà. Siamo realmente liberi solo quando siamo, o perlomeno cerchiamo di essere fedeli. L'amore per la Chiesa ci permette di dire senza esitazione quel che pensiamo. Se facciamo delle critiche, non lo facciamo per distruggere, ma per costruire. Abbiamo un solo punto di riferimento: la verità. Non perché, come qualcuno potrebbe pensare, abbiamo la pretesa di possederla, ma perché ne siamo alla continua ricerca. La verità, e solo la verità. Amicus Plato, sed magis amica veritas, dicevano gli antichi: non siamo iscritti a nessun "partito"; siamo amici di tutti, ma, se ci accorgiamo che qualcosa non va, non ce ne staremo zitti per riguardo a chicchessia. Naturalmente nel rispetto, nella prudenza, nella cautela e nella moderazione.


Ho voluto condividere con voi questi dati e queste riflessioni perché vi considero compagni di viaggio di un'avventura che si sta rivelando interessante. Vi chiedo una preghiera perché il Signore mi dia la forza di continuare questa nuova forma di apostolato.""


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Gli assicuriamo la nostra preghiera, come pure la nostra attenzione, perché ricco di riflessioni e spunti di grande respiro e di autentica fedeltà, considerandoci anche noi, con i nostri limiti, compagni di viaggio e di apostolato...

martedì 24 marzo 2009

Nuovi 'assaggi' dello stile neocatecumenale

Trascriviamo questo post, pervenuto sul terzultimo thread ormai oltrepassato, perché è un significativo capolavoro di pseudo-logica ipocrita di conio neocatecumenale, partorito da qualcuno che si attribuisce il nick di "Suor Pia". Abbiamo inserito le nostre annotazioni in corsivo blu

Scusate, ma... che è qui? In che secolo siamo? Gente che si sfida a colpi di Diritto Canonico, anatemi incrociati, un Papa al quale si fa dire tutto e il contrario di tutto, addirittura un pazzo (chè tale sembra) che a suon di versetti dell'Antico Testamento invita a "odiare" il coniuge se....

Si dà del demonio a Kiko, si dà del posseduto da un demone a un vescovo col quale non si è d'accordo, si giustifica tutto e il contrario di tutto, con tanto di corredo di letteratura giuridica ecclesiastica. [questo periodo parla di cose completamente inventate sul nostro esprimerci, sperando così di costruire un'apologetica del Cammino NC sulla menzogna buttata lì con noncuranza: chi leggesse solo questo potrebbe anche crederci!]

Si entra nel vissuto matrimoniale della gente con la delicatezza di un maglio, dando pure consigli "fà cosi'...fà colà...". [chi è che entra nel vissuto matrimoniale degli altri: noi, che abbiamo dato voce ad una dolorosa testimonianza o i catechisti ai quali è subordinato ogni momento del vivere personale e familiare?]

Ma di che parlate? E soprattutto, PERCHE' parlate con parole di odio, di condanna, di divisione, di mancanza d'amore? Gesù è salito sulla Croce pregando e non maledicendo Roma, il sinedrio, i farisei e tutti coloro che lo avevano condotto lì. Nè ha lasciato disposizioni perchè la sua morte venisse vendicata. HA PREGATO!!! [e noi chi saremmo: Roma, i farisei o il Sinedrio???? E Gesù chi sarebbe, il Cammino nc???? ]

Il livore e le frustrazioni che traspaiono chiaramente nei post di molti, si sanano solo con la preghiera. Non vi piace il CN? E non entrateci! [livore e frustrazioni? Ma i documenti e le testimonianze, non contano nulla???? La questione di entrare o non entrare nel cammino non riguarda noi, riguarda che si conosca cos'è realmente e non cosa ne viene sbandierato con pubblicit´del tutto ingannevole!]

E se anche il Papa lo statutizza, e voi non siete d'accordo (anche se non capisco in cosa questo destabilizzi la vostra fede, giacchè suppongo che vi riteniate persone di fede), perchè mettere in dubbio la parola del papa o, più subdolamente, la buona fede di chi lo coopera nei suoi interventi magistrali? [Oltre a basare su documenti ogni nostra affermazione. abbiamo a più riprese ricordato che con l'approvazione del Cammino - peraltro tuttora parziale - non è stato proclamato un dogma di fede al quale tutti i cattolici debbano attenersi. Chi coopererebe col Papa? gli stessi che hanno cattechizzato i neocat nel settembre scorso a Porto S. Giorgio, riscrivendo il Magistero e anche il Vangelo?]

E' questo quello che fa un buon cristiano? State tagliando il ramo sul quale siete seduti voi stessi. O non avete bisogno del papa? O magari quel papa lì va bene, quell'altro no? Ma chi ha il dono dell'infallibilità? Solo il papa, e solo in certe particolari occasioni. Figurarsi voi o io. [Ogni credente ha il dovere di parlare e non tacere quando vede in pericolo la sua fede. Qui non è in discussione l'infallibilità del Papa, ma le storture, comprovate, del Cammino]

Sono stata sposata, madre, poi vedova, tutto in parrocchia e poi nel CN, e ora spendo la mia vita a pregare per il mondo qui nel mio convento nel quale, grazie al discernimento NON SOLO dei catechisti, ma di vescovi e sacerdoti e consorelle, CN e no, sono riuscita a entrare. Il CN è stato per me solo un mezzo datomi dalla Chiesa (il mio Vescovo e il mio Parroco!). [Questo è il grande dramma, che la Chiesa garantisce un'aberrazione come il Cammino!! Com'è strano che qualcuno abbia violato la sua 'clausura' per invitarla a scrivere questo 'pezzo'!]

Posso usare il computer del convento una volta alla settimana, ma la brutta sorpresa di scoprire persone che si dicono nella Chiesa e usano queste parole e votano la loro missione ad dextruendum, con neanche una parola una, che sia d'amore o di comprensione verso l'altro, il diverso, me ne ha fatto passare la voglia. [Meno male almeno potremo risparmiarci i suoi sermoni. Ma dimentica che l'autentica carità non può prescindere dalla Verità e la comprensione verso l'altro non obbliga ad adeguarsi alle sue aberrazioni: questo è becero 'buonismo'! Il 'diverso' è talmente DIVERSO, da essere ALTRA COSA dalla Chiesa che noi amiamo e alla quale profesiamo di appartenere!]

Pensavo che gli orrori dell'Inquisizione fossero un orribile sbaglio del passato, del quale molti pontefici hanno chiesto scusa. Trovo invece qui, frotte di redivivi Torquemada, che dividono il mondo in CN e no, San Pio X e no, e via discriminando. [E' sicura/o, chi scrive, di avere la giusta percezione della realta' di cui sta parlando?]

Suppongo siate in comunione con la Chiesa per la Recita delle Ore. Bene, perchè oltre che alla Mensa Eucaristica è lì, e solo lì, che ci ritroviamo tutti, col nostro fardello di nefandezze, impossibili da nascondere, a chiedere perdono a Dio del peccato più grande che l'uomo continua a commettere: il peccato d'orgoglio.[peccato che proprio nella vostra 'Mensa' è scomparso il Sacrificio di Cristo Signore e quindi è proprio in questa che non ci si puo' incontrare! A prescindere dal fatto che per partecipare al vostro 'rito' - ancora rigorosamente a porte chiuse nonostante lo statuto - è indispensabile appartenere al Cammino!] Preghiamo dunque insieme invocando la misericordia del Signore su tutti noi. Lui solo è Padre, Lui solo è giudice, Lui solo è vita nel matrimonio e in ogni altra vocazione.Ho veramente perso molta speranza nell'uomo leggendovi, e perso anche molta pazienza. Di questo chiedo perdono e sarà mia cura renderne conto al mio confessore e attraverso lui, a Dio. Il Signore benedica il Papa, i Vescovi, i sacerdoti, le anime consacrate, tutti voi, i laici, il Cammino Neocatecumenale e tutte le altre splendide realtà scaturite dalla fonte conciliare e che scorrono nel letto della Chiesa Universale.(Siete ovviamente liberi di scrivere quello che volete ma non risponderò. Nè a obiezioni nel merito nè a spaccamenti in quattro delle parole e della loro interpretazione. Volevo solo dare una testimonianza. Se questo mi fa acquistare un posto sul vostro rogo telematico, bè me ne farò una ragione, e non per questo mi dimenticherò di pregare per voi e per l'unità della Chiesa).Pax vobiscum.
23 marzo, 2009 03:24

Trascrivo la risposta di Michela
A Suor Pia dico: ma lo sai che per un matrimonio 'ricostruito' ce ne sono 4 distrutti?ma conosci le sofferenze di chi subisce gli scrutinii?Queste sono le vere torture, le cacce alle streghe dei giorni nostri!Ti sei chiesta come mai un movimento che ritiene di essere 'linfa della chiesa' produce un numero enorme di fuoriusciti che diventano nemici della chiesa?E te la prendi con noi che abbiamo avuto la grazia di restare nella chiesa, e che soffriamo per i danni che il cammino ha fatto alle persone che in buona fede lo hanno seguito?Leggi le testimonianze degli ex che sono sul sito,confronta gli insegnamenti nc con gli insegnamenti della Chiesa, anche di questo nostro papa, sopratutto sull'Eucarestia, e poi piano piano, con l'aiuto di Dio e soprattutto con l'affidamento a Maria, si solleverà anche per te il velo che impedisce di cogliere la verità nascosta dalle belle parole dei catechisti.
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segue (è solo uno stralcio di un lungo post, anch'esso totalmente 'fuori' dalla realta´di cui parliamo), questa ormai reiterata minaccia: risponde - in corsivo - Michela

MA MI PREMURERO' IO STESSO DI FAR INSERIRE IL VOSTRO BLOG TRA I SITI MONITORATI, ALLA STESSA STREGUA DI QUELLI MUSULMANI CHE INCITANO ALLA GUERRA SANTA CONTRO IL DEMONIO-OCCIDENTE.

Chi scrive questo conosce poco il cammino, e conosce ancora meno i princìpi dei suoi fondatori, che preferiscono agire nell'ombra. Noi saremmo molto contenti che questo blog fosse monitorato dalle forze dell'ordine, e che qualche magistrato si chiedesse come mai i soldi raccolti nel cammino non vengono rendicontati, se vengono donati liberamente o meno. Dare via i propri beni, macchine, gioielli, oppure un mese di stipendio, dopo un paio di mesi di riunioni serali con i catechisti, potrebbe far pensare alla manipolazione mentale, in stile Vanna Marchi.... Se poi tutto questo finisse in mano a qualche giornalista laico, sai che bello scandalo!

sabato 21 marzo 2009

Il Signore Gesù è FEDELE! C'è una soprannaturale armonia tra Due: mons. Fellay e BENEDETTO XVI!

Mons.Fellay, vero dono di Dio alla San Pio X e alla Chiesa tutta, parla nuovamente e CHIARAMENTE riguardo i temi che tanto strumentalmente e PAUROSAMENTE (da parte dei sovversivi di tutte le risme!) sono stati sollevati intorno a Lui e alla Fraternità.

Queste parole sono conosciute da Roma, principalmente da Colui che noi speriamo sia DIRETTO interlocutore della San Pio X (e tutto lo lascia capire):il Papa!

Leggete queste parole, che speriamo preludano AL PIU' PRESTO al riconoscimento CANONICO della Fraternità.

E soprattutto leggiamo in queste parole un altro tassello della Provvidenza Divina, che NON HA LASCIATO LA CHIESA IN MANO AI LUPI. Non c'è niente da fare: gli "arrabbiati" Lupi si rassegnino! NON PREVALEBUNT! Anche se in mezzo a dolori e sofferenze, si ricordino: NON PREVALEBUNT!

Intervista al Superiore della San Pio X (da "il Foglio").
Fonte: "MessaInLatino"

Monsignor Fellay, dopo la pubblicazio­ne della lettera del Papa ai vescovi sulla vicenda della Fraternità San Pio X, in un comunicato ufficiale, avete detto di voler considerare il Concilio Vaticano II e l'in­segnamento postconciliare alla luce della tradizione. Come si dice in gergo giornali­stico, è una notizia?

"Come si dice in ger­go teologico, è la sostanza. Significa che il filtro, la luce che darà il suo vero senso al­l'insegnamento postconciliare sarà sem­pre il deposito della Rivelazione. Lo stru­mento per fare chiarezza é il magistero perenne e costante del Papa a cui Dio ha affidato la missione di salvaguardare e trasmettere la fede. In filosofia si dice che un atto è preordinato al suo oggetto. In questo caso, l'atto è il magistero, l'oggetto è il deposito della fede, cioé la Tradizione che San Vincenzo di Lerins definisce co­me 'ciò che è stato creduto sempre, ovunque e da tutti'. Il Papa è il supremo custo­de della Tradizione".

Proprio il Papa, spie­gando che la Chiesa non nasce con il Con­cilio Vaticano II ma due millenni prima, dice anche che la Tradizione non si può fermare al 1962. Cosa ne pensa?

"Noi non vogliamo arrestare la Tradizione al 1962. Se siamo stati capaci di seguire tutto l'in­segnamento della Chiesa dalla sua nasci­ta agli anni Sessanta, con tutti i suoi svi­luppi, significa che non siamo, come si usa dire, dei ‘fissisti’. E' vero abbiamo posto dei problemi sul Concilio Vaticano II, che peraltro si è autodefinito ‘concilio pastorale’ e non ‘dogmatico’. Questo dipende dall’evidente impossibilità di inserire nella continuità della Tradizione alcune novità che ne sono scaturite. Ricordiamoci che la Tradizione, secondo l'insegnamento della Chiesa, è una fonte della Rivelazio­ne divina, non è un balocco nelle mani de­gli uomini, neanche dei tradizionalisti. Gli sviluppi in questo ambito richiedono omogeneità, possono essere un passaggio dall'implicito all'esplicito, ma non possono mai essere in opposi­zione a quanto insegnato nel corso dei secoli. La ragion d'essere della Chiesa, gui­data dal Papa, sta nella conservazione del depo­sito della fede che le è stato consegnato da No­stro Signore".

Lei pone un legame ontologico fra il Papa e la Tradi­zione. Sicuramente, la revoca della sco­munica che vi aveva colpiti nel 1988 invi­ta a guardare in que­sta direzione. Ma non tutti lo fanno vo­lentieri.

"Certamente non lo fanno volentieri coloro che non hanno più voluto ascoltare il richiamo della Chiesa alla militanza, al distac­co dal mondo, alla neces­sità di seguire i comanda­menti per trovare la salvezza eterna. Tut­ti questi sono profondamente insoddisfat­ti da un passo simile".

Uno dei passaggi salienti della lettera del Pontefice è quello in cui si mostra consapevole della crisi di fede in cui si trova anche il mondo cattolico. Qual è, a suo avviso, il risvolto più preoccupante di questa situazione?

"Se, fondamentalmen­te, la crisi della Chiesa è una crisi di fede, per conseguenza immediata è anche una crisi dei ministri che devono tramandare questa fede, i sacerdoti. Se è in crisi il sa­cerdote, le grazie che devono essere tra­smesse agli uomini attraverso il suo mini­stero, in particolare attraverso il sacrifìcio della messa, non passeranno più o passe­ranno molto più difficilmente. Dunque è necessaria una riforma del sacerdozio, un ritorno al senso della vocazione e alla san­tità sotto tutte le forme. Il sacerdote è un altro Cristo, niente di meno".

A questo proposito, pur non mancando di severità in alcuni passaggi, il Papa ha dimostrato nei confronti dei sacerdoti della Frater­nità San Pio X un'attenzione piena di de­licatezza. Che cosa provate?

"Penso che se il Papa ha visto in alcuni nostri sacerdoti degli eccessi o delle rigidità, vede anche qualche cosa ­di più. Vede la sincerità, la serietà. Vede l'amo­re per la Chiesa e per la fede, l'amore per le anime. Un amore pronto a sopportare molte sofferenze per compie­re la missione di salvare le anime".

Nella sua lettera, il Papa, riferendosi alle ordinazioni episcopali celebrate da monsignor Lefebvre dice testualmente "Un'ordina­zione episcopale senza il mandato pontificio si­gnifica il pericolo di uno scisma". Non dice "è uno scisma". Dun­que voi non siete mai stati staccati da Ro­ma?

"Noi lo abbia­mo sempre detto. Le ordinazioni episco­pali avvennero effetti­vamente senza l'accordo esplicito di Papa Giovanni Paolo II. Ma, in quelle circostan­ze storiche, era evidente che non si trat­tasse di un atto di ribellione alla Santa Sede, né del tentativo di stabilire una gerarchia parallela che, effettivamente, avrebbe potuto dare luogo a uno scisma. Monsignor Lefebvre, quando decise di procedere alle consacrazioni, prese tutte le necessarie cautele al fine di evitare qualsiasi pericolo di scisma. Oggi, vent'anni dopo, siamo veramente felici che Roma lo riconosca".

A parte alcuni intellettuali, molti catto­lici hanno visto questa lettera del Papa come l'occasione di rimettere in riga un episcopato poco propenso all'obbedienza. In alcuni punti. Benedetto XVI mostra di essersi sentito tradito. L'Osservatore Ro­mano mette il dito nella piaga accusando una parte della Curia romana per la fuga di notizie circa il caso Williamson, creata apposta per colpire Benedetto XVI. Cosa significa tutto ciò?

"Quando noi parliamo del problemi del Concilio VaticanoII, ci riferiamo anche a problemi di questo genere, che oggi vengo­no evidenziati dal Papa. Non siamo noi a dirlo, ma la storia, che durante il Concilio si fronteggiarono due parti, una tradizio­nale, rappresentata soprattutto dalla Cu­ria romana, e un'altra progressista. Fu quest'ultima a vincere e mise fin da subi­to nel mirino il papato. Oggi dimostra di essere stanca, non sa parlare alle nuove generazioni che vogliono qualcosa di più sano e di più santo. Tuttavia, non ha cessa­to di operare e si batte con le armi più di­verse. La nostra vicenda è solo l'ultima in ordine di tempo".

Dunque è il Papa il ve­ro bersaglio?

"E' evidente. Il mondo pro­gressista, che si è alleato con lo spirito moderno liberale, appena vede la Chiesa le­vare la sua voce forte e chiara per ristabi­lire la verità, reagisce attaccando il Papa".

Con la sua lettera, il Papa riporta il con­fronto con la Fraternità San Pio X sul suo piano naturale, quello della dottrina. Que­sto significa che il Santo Padre vi giudica interlocutori degni di attenzione. Con quale animo e con quali aspettative vi preparate a questo dibattito?

“E' ciò che chiedevamo da tempo. Abbiamo sempre detto che il più grave problema dei testi conciliari sta in certe ambiguità che offro­no la possibilità di interpretazioni multi­ple. Dal testo di un Concilio ci si attende la chiarezza e non l'ambiguità che obbli­ga a considerazioni successive per stabi­lirne la corretta interpretazione. Altri­menti ci si chiederà sempre che cosa sia più importante: il testo o l'interpretazione del magistero? Inoltre, bisogna dire che c'è anche un problema filosofico. I docu­menti conciliari non sono stati scritti se­condo il linguaggio della 'philosophia perennis', ma secondo quello della filosofìa moderna. Da questo scendono altre que­stioni interpretative. Perciò riteniamo che bisognerà lavorare molto e bisognerà met­tere in conto delle difficoltà. Ma noi ci stiamo preparando seriamente. Quando si lavora per il bene della Chiesa, le diffi­coltà non fanno paura".

Monsignor Fellay, chi sono questi tradizionalisti?

"Sono cat­tolici che vogliono vivere come i cattolici di tutti i tempi, che cercano la salvezza imitando i santi e seguendo ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. Insomma, so­no dei cattolici normali ben attenti a non farsi sorprendere dalle sirene che li invi­tano ad accasarsi in un mondo ostile a No­stro Signore".

giovedì 19 marzo 2009

Cammino NC: metodi e ingranaggi non cambiano...

Pubblichiamo questa testimonianza, pervenuta ieri dalle iscrizioni al sito, che dimostra ancora una volta come metodi e ingranaggi nel Cammino NC siano sempre gli stessi... è bene non dimenticarlo!

Ho frequentato il CN per 10 anni con mio marito, da tre anni ne sono uscita, ma mio marito è rimasto e si trova alla tappa della Redditio.

Le cause principali che mi hanno indotta a lasciare la CN sono le seguenti: non trovavo giusto dare la decima (avrei preferito fare del bene personalmente), le molte imposizioni pedisseque da parte dei catechisti che ho trovato davvero assurde ed inoltre perchè mi sentivo continuamente giudicata dai "fratelli", anzichè aiutata, specie quando ho sofferto, per circa un anno, di forte depressione.

La decisione di abbandonare la comunità è stata molto travagliata, ho impiegato un anno per prendere la decisione definitiva in quanto provavo forti sensi dicolpa. Non mi sono mai pentita di aver lasciato la CN, anzi ho quasi l'impressione di essere scampata ad un pericolo. Sono molto serena e continuo ad essere, come dicono loro "la cristiana della domenica". Dopo aver lasciato la CN, ho sempre incoraggiato mio marito a continuare, in quanto non volevo che fosse influenzato dalla mia decisione. Ma è da un po' di tempo che incomincio ad essere stanca, in quanto vedo che mio marito antepone tutti i suoi impegni neocatecumenali alla famiglia, infatti mi lascia da sola anche durante gli eventi più importanti. Ma dopo una lunga riflessione con molta amarezza penso che mio marito, frequentando assiduamente la Parola di Dio, in questi anni avrebbe dovuto migliorare il nostro rapporto di coppia, invece peggiora ogni giorno di più: non esiste alcun dialogo tra noi e tutto si spegne sempre di più. E' talmente grande la mia rabbia che proprio questa sera gli hodato l'ultimatum (tempo concesso 15 gg): o lascia la CN o ci separiamo in quanto ritengo che essa sia una setta che abusa psicologicamente delle persone che vi fanno parte.

martedì 17 marzo 2009

Per la 'santificazione' dei sacerdoti e altro...

Carissimi,
finalmente riesco a scrivere con un po' di calma!
Giovedì scorso, a Roma, diversi di noi di sono incontrati con Don Elio Marighetto e Don Gino Conti per fare il punto sul nostro impegno e verificare le coordinate del nostro percorso ormai quasi triennale.

Ognuno di noi ha portato il dono e il contributo della sua esperienza pregressa, del suo 'sentire cum ecclesia' ed ha espresso il proposito, rivelatosi unanime di continuare, nella propria situazione, quanto il Signore ha già cominciato a suscitare. Rispetto all'iniziale per forza di cose generico e orientativo "informare correttamente" e "dare voce a chi non ha voce", raccogliendo le testimonianze e le esperienze dei 'fuoriusciti' dal Cammino, è ora emersa una realtà in corso di promettenti sviluppi: una "pastorale per i fuoriusciti". All'inizio l'avevamo pensata e indicata, ma occorreva attendere che la Grazia e le buone volontà ne permettessero la maturazione. Ebbene, in alcune regioni d'Italia, per l'iniziativa di alcuni di noi, in qualche caso coinvolti anche con le realtà locali di supporto, sta prendendo l'avvio un'attività del genere a livello diocesano e quindi - fatto irrinunciabile - con la guida di sacerdoti.

Questo significa che il problema è riconosciuto e sentito e, quindi, che il nostro lavoro di formichine pazienti un solco l'ha comunque tracciato. Speriamo che il nostro impegno possa continuare a dare i suoi frutti, molti dei quali restano tuttora nascosti, anche se recentemente abbiamo avuto contatti che dimostrano quanti siano coloro che seguono con interesse e assiduità, pur senza intervenire e darcene diretto riscontro.

Ma, al di là dei numeri - che non sono il nostro forte né ci interessano molto perché non andiamo in cerca di successo e di risultati già prefissati - continueremo ad approfondire la nostra identità cristiana cattolica, a smascherarne le contraffazioni e a condividerne le ricchezze con chi, come noi, è innamorato del Signore e della Sua Chiesa di sempre, senza lasciarsi ingabbiare da ideologie o da 'cattivi maestri' di nessun genere...

A questo proposito ci piace sottolineare ancora una volta che il nostro impegno non è mai stato 'contro' nessuno, tanto meno le persone e che anche in questa fase esso non si pone come un 'anti-Cammino', ma semplicemente come una realtà parallela - minuscola e di nessuna rilevanza numerica e di potere - rispetto al Cammino stesso e a qualunque altra deriva post-conciliare. Esso ora assume sempre di più il volto di "percorso alternativo" a qualunque stortura, nella Chiesa e per la Chiesa che, attraverso l'informazione, la riflessione e il confronto, in comunione con Benedetto XVI, si prefigge di 'star dentro', vivendoli con partecipazione e consapevolezza, agli sviluppi pastorali che deriveranno dalla revisione 'dottrinale' promossa dal Santo Padre d'intesa con la FSSPX e la Dottrina della Fede, nella convinzione che è una Grazia Grande, se non un Miracolo nei frangenti attuali e pregressi, che ciò sia potuto accadere e possa proseguire.
Questo nostro "percorso alternativo", che abbiamo collocato nel cuore di Gesù e di Maria, nostra Madre, a Dio piacendo, oltre a proseguire sul Web, si articolerà anche nelle Parrocchie o in quei contesti nei quali la situazione già lo consente e consentirà, tenendo conto che per alcuni di noi, esso assume anche il volto, più nascosto ma non meno fecondo, dell'accompagnamento e dell'assistenza di persone e situazioni con seri problemi di salute...

Abbiamo ricevuto da Don Gino Conti e ve la trasmetto, la 'consegna' di pregare per la "santificazione dei sacerdoti" (nel Rosario quotidiano, aggiungendo la Coroncina della Misericordia). Anche per questo abbiamo accolto con grande gioia e speranza le recenti parole del Papa alla Congregazione per il Clero, che dimostrano quanto egli sia consapevole dei problemi da noi più volte evidenziati con sofferenza e quanto anche 'sapientemente' ne abbia indicato le soluzioni, portatrici dei correttivi essenziali per ricondurre i sacerdoti - che sono i primi santificatori del Popolo di Dio - nell'alveo della Tradizione viva della Chiesa di sempre.
Credo che sia il modo più bello e gioioso per ripartire!

Coraggio! Sursum corda! Habemus ad Dominum!

lunedì 16 marzo 2009

Abbé Barthe: esiste un'opposizione romana a Benedetto XVI?

Pubblichiamo come spunto della nostra riflessione questo breve stralcio di un testo messo a disposizione da messainlatino.it

""Mano a mano che prosegue il pontificato di Benedetto XVI, vediamo svilupparsi la sua volontà di riportare ordine, con prudenza ma allo stesso tempo con tenacia, in una Chiesa gravemente turbata in tutte le sue parti dopo quasi mezzo secolo.

Rimessa in ordine, ma in quali ambiti in particolare? Per il futuro molti sperano in una " riforma della riforma " liturgica, preannunciata dalla qualità delle attuali celebrazioni pontificali. In seguito, alcuni pensano che dovrebbe intervenire con una " riforma della riforma " dottrinale dei punti del Vaticano II che hanno troppo sovente dato luogo a una " interpretazione di rottura ". Ma per il momento, è a una " riforma della riforma " politica a cui stiamo assistendo : gli uomini " di rottura " vengono, uno dopo l’altro, rimpiazzati nei posti di maggiore responsabilità da uomini " di continuità " – per riprendere le parole del Discorso di Benedetto XVI alla Curia del 22 dicembre 2005 –, prelati allineati con il Papa, teologi, liturgisti, amministratori, specialmente sullo scacchiere complesso qual è la Curia romana. Troppo lentamente ? E’ che, rimettere a posto l’" ermeneutica " del Vaticano II la più concreta e la più efficace possibile, quella che uomini nuovi, attraverso atti in sintonia con quella gerarchia e quei fedeli, intenzionati a voltar pagina ad un periodo disastroso, incontrano difficoltà e resistenze estremamente potenti, agguerrite e determinate. ""
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Si parte dalla consapevolezza che la carità non esiste al di fuori della verità, come ha detto più volte lo stesso Papa. E oggi nella Chiesa si corre il rischio di non sapere più dove sia la Verità, perché chi l'ha voluta rendere progressista e al passo coi tempi che cambiano (dal Concilio in poi…) non ha la sensibilità 'sapienziale' necessaria a fermarne la corsa verso un progresso sempre più accelerato, in sintonia coi tempi che cambiano…. E allora intorno a che cosa stabilire il rapporto di carità? Ciò che muta in continuazione non può aggregare, tanto meno unificare: verranno sempre fuori ragioni di contrapposizione in nome di una visione più avanzata, sempre in divenire, della ‘verità’ ! Il proposito del papa "di far risplendere davanti agli uomini e alle donne di oggi la luce di Cristo: non la propria luce, ma quella di Cristo", rimarrà inattuabile se ognuno nella chiesa oggi vede quella luce di Cristo a modo suo, in base alla sua "visione del mondo" in perenne divenire. Siamo al culmine della parabola relativista - di cui il Cammino NC è una delle facce - che, per effetto dell'apertura provocata dal Concilio, è penetrata anche nella Chiesa. Si rendono conto i tanti oppositori del Papa su tanti fronti che la Verità ha un Nome: Gesù Cristo, Signore, e che Egli è lo stesso ieri, oggi e sempre?

Non è un caso che è proprio di Lui che si parli sempre di meno nei discorsi più politici che pastorali che si vanno sviluppando intorno alle vicende e agli eventi cui andiamo assistendo e che vanno accavallandosi in questo nostro tempo. Ci sono TROPPE fonti di "nuova evangelizzazione" ('nuova' nel senso di 'altra') che hanno espunto la Rivelazione cattolica e purtroppo stanno sviluppando e diffondendo un nuovo rapporto dell'uomo con Dio, con se stesso e con gli altri (dato che si tratta di modalità relazionali strettamente interconnesse), che non è quello portato a compimento e introdotto da Gesù, che è l'unico UOMO Nuovo che può condurci, nel Padre, per opera del Suo Spirito, alla Verità tutta intera che si realizza in noi e attraverso noi per mezzo del nostro aderire a Lui in Spirito e Verità (e Letizia) in comunione con il Suo Vicario in terra... ma con che fatica nel ginepraio di 'proposte', 'metodi' e strombazzamenti mediatici e non!

sabato 14 marzo 2009

Il servizio del Primato all’unità della Chiesa

VATICANO - LE PAROLE DELLA DOTTRINA
a cura di don Nicola Bux e don Salvatore Vitiello

Settant’anni fa il Cardinale Eugenio Pacelli, romano, veniva eletto Papa con il nome di Pio XII. Allora, nessuno poteva concepire che il Collegio cardinalizio e quello episcopale non dovessero essere “ tutti unanimi del parlare – secondo le parole dell’Apostolo – perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d’intenti” (1 Cor 1,10).
Anche Giovanni XXIII, nel discorso di apertura del Concilio, poteva parlare di “rinnovata, serena e tranquilla adesione a tutto l’insegnamento della Chiesa nella sua interezza e precisione, quale ancora splende negli atti conciliari da Trento al Vaticano I ”.

Si potrebbe infatti immaginare che la Chiesa, Corpo mistico di Cristo, si esprima in modo disorganico? Si potrebbe concepire l’ecclesiologia di comunione, dimenticando quel che il Concilio ha detto sul Primato (cfr Lumen gentium 13, 22 e 23)?

Allora bisogna che tutti nella Chiesa, Vescovi, sacerdoti e fedeli, riflettano sulle parole miti e argomentate del Santo Padre Benedetto XVI al Seminario Romano Maggiore e all'Angelus di domenica 22 febbraio e facciano cessare le polemiche che "nascono dove la fede degenera in intellettualismo e l’umiltà viene sostituita dall’arroganza di esser migliori dell’altro…questa è una caricatura della Chiesa che dovrebbe essere un cuor solo e un’anima sola". Tali parole manifestano l’esercizio del Primato nella pazienza e ad esso deve corrispondere la docilità umile di tutti i cattolici. Il Santo Padre sa che il Primato ha una "struttura martirologica" perché "la parola di Dio non è incatenata"(2 Tm 2,9) e questo vale per ogni Papa. Il Primato petrino sta ed opera perché la comunione ecclesiale non può essere distruttiva, anzi il Credo la chiama "cattolica". Conviene andare, in proposito, a quanto ha scritto da teologo, nel testo "Introduzione al Cristianesimo": "un’idea fondamentale è documentabile, sin dal principio, come determinante: con questa parola si allude all’unità di luogo: solamente la comunità unita al Vescovo è ‘Chiesa cattolica’, non i gruppi parziali che, per qualsiasi motivo, se ne sono staccati. In secondo luogo, è qui richiamata l’unità delle Chiese locali fra loro, le quali non possono chiudersi in se stesse, ma possono rimanere Chiesa solo mantenendosi aperte l’una verso l’altra, formando un’unica Chiesa […] nell’aggettivo ‘cattolica’ si esprime la struttura episcopale della Chiesa e la necessità dell’unità di tutti i Vescovi fra loro […]" (ed. Queriniana-Vaticana, 2005, p 335).

Dopo aver osservato che questo non costituisce l’elemento primario, ricorda: "Elementi fondamentali della Chiesa appaiono piuttosto il perdono, la conversione, la penitenza, la comunione eucaristica e, a partire da questa, la pluralità e l’unità: pluralità delle Chiese locali, che però restano Chiesa unicamente tramite il loro inserimento nell’organismo dell’unica Chiesa […]. La costituzione episcopale compare sullo sfondo come un mezzo di questa unità […]. Un ulteriore stadio, sempre nell’ordine dei mezzi, sarà poi costituito dal servizio del Vescovo di Roma. Una cosa è chiara: la Chiesa non va pensata partendo dalla sua organizzazione, ma è l’organizzazione che va compresa partendo dalla Chiesa. Tuttavia è al contempo chiaro che, per la Chiesa visibile, l’unità visibile è qualcosa di più della semplice ‘organizzazione’. […] Solo in quanto ‘cattolica’, ossia visibilmente una pur nella molteplicità, essa corrisponde a quanto richiede il Simbolo. Nel mondo dilaniato e diviso la Chiesa deve esser segno e strumento di unità, deve superare barriere e riunire nazioni, razze e classi. Sino a che punto anche in questo compito essa sia venuta meno, lo sappiamo assai bene […] nonostante tutto…invece di limitarci a denigrare il passato, dovremmo soprattutto mostrarci pronti ad accogliere l’appello del presente, cercando di non limitarci a confessare la cattolicità del Credo, ma di realizzarla nella vita del nostro mondo dilaniato" (Ivi, p 336-337).
© Copyright (Agenzia Fides 12/3/2009)

giovedì 12 marzo 2009

Lettera del Papa ai Vescovi sull'Unità nella Chiesa

IL TESTO UFFICIALE

Cari Confratelli nel ministero episcopale! La remissione della scomunica ai quattro Vescovi, consacrati nell’anno 1988 dall’Arcivescovo Lefebvre senza mandato della Santa Sede, per molteplici ragioni ha suscitato all’interno e fuori della Chiesa Cattolica una discussione di una tale veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata. Molti Vescovi si sono sentiti perplessi davanti a un avvenimento verificatosi inaspettatamente e difficile da inquadrare positivamente nelle questioni e nei compiti della Chiesa di oggi.

Anche se molti Vescovi e fedeli in linea di principio erano disposti a valutare in modo positivo la disposizione del Papa alla riconciliazione, a ciò tuttavia si contrapponeva la questione circa la convenienza di un simile gesto a fronte delle vere urgenze di una vita di fede nel nostro tempo. Alcuni gruppi, invece, accusavano apertamente il Papa di voler tornare indietro, a prima del Concilio: si scatenava così una valanga di proteste, la cui amarezza rivelava ferite risalenti al di là del momento. Mi sento perciò spinto a rivolgere a voi, cari Confratelli, una parola chiarificatrice, che deve aiutare a comprendere le intenzioni che in questo passo hanno guidato me e gli organi competenti della Santa Sede.
Spero di contribuire in questo modo alla pace nella Chiesa.

Una disavventura per me imprevedibile è stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della scomunica. Il gesto discreto di misericordia verso quattro Vescovi, ordinati validamente ma non legittimamente, è apparso all’improvviso come una cosa totalmente diversa: come la smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei, e quindi come la revoca di ciò che in questa materia il Concilio aveva chiarito per il cammino della Chiesa. Un invito alla riconciliazione con un gruppo ecclesiale implicato in un processo di separazione si trasformò così nel suo contrario: un apparente ritorno indietro rispetto a tutti i passi di riconciliazione tra cristiani ed ebrei fatti a partire dal Concilio – passi la cui condivisione e promozione fin dall’inizio era stato un obiettivo del mio personale lavoro teologico.

Che questo sovrapporsi di due processi contrapposti sia successo e per un momento abbia disturbato la pace tra cristiani ed ebrei come pure la pace all’interno della Chiesa, è cosa che posso soltanto deplorare profondamente. Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante l’internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie. Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un’ostilità pronta all’attacco. Proprio per questo ringrazio tanto più gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l’atmosfera di amicizia e di fiducia, che – come nel tempo di Papa Giovanni Paolo II – anche durante tutto il periodo del mio pontificato è esistita e, grazie a Dio, continua ad esistere.

Un altro sbaglio, per il quale mi rammarico sinceramente, consiste nel fatto che la portata e i limiti del provvedimento del 21 gennaio 2009 non sono stati illustrati in modo sufficientemente chiaro al momento della sua pubblicazione. La scomunica colpisce persone, non istituzioni. Un’Ordinazione episcopale senza il mandato pontificio significa il pericolo di uno scisma, perché mette in questione l’unità del collegio episcopale con il Papa. Perciò la Chiesa deve reagire con la punizione più dura, la scomunica, al fine di richiamare le persone punite in questo modo al pentimento e al ritorno all’unità. A vent’anni dalle Ordinazioni, questo obiettivo purtroppo non è stato ancora raggiunto. La remissione della scomunica mira allo stesso scopo a cui serve la punizione: invitare i quattro Vescovi ancora una volta al ritorno. Questo gesto era possibile dopo che gli interessati avevano espresso il loro riconoscimento in linea di principio del Papa e della sua potestà di Pastore, anche se con delle riserve in materia di obbedienza alla sua autorità dottrinale e a quella del Concilio.
Con ciò ritorno alla distinzione tra persona ed istituzione. La remissione della scomunica era un provvedimento nell’ambito della disciplina ecclesiastica: le persone venivano liberate dal peso di coscienza costituito dalla punizione ecclesiastica più grave. Occorre distinguere questo livello disciplinare dall’ambito dottrinale. Il fatto che la Fraternità San Pio X non possieda una posizione canonica nella Chiesa, non si basa in fin dei conti su ragioni disciplinari ma dottrinali.
Finché la Fraternità non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa. Bisogna quindi distinguere tra il livello disciplinare, che concerne le persone come tali, e il livello dottrinale in cui sono in questione il ministero e l’istituzione. Per precisarlo ancora una volta: finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri – anche se sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica – non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa.

Alla luce di questa situazione è mia intenzione di collegare in futuro la Pontificia Commissione "Ecclesia Dei" – istituzione dal 1988 competente per quelle comunità e persone che, provenendo dalla Fraternità San Pio X o da simili raggruppamenti, vogliono tornare nella piena comunione col Papa – con la Congregazione per la Dottrina della Fede. Con ciò viene chiarito che i problemi che devono ora essere trattati sono di natura essenzialmente dottrinale e riguardano soprattutto l’accettazione del Concilio Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi.
Gli organismi collegiali con i quali la Congregazione studia le questioni che si presentano (specialmente la consueta adunanza dei Cardinali al mercoledì e la Plenaria annuale o biennale) garantiscono il coinvolgimento dei Prefetti di varie Congregazioni romane e dei rappresentanti dell’Episcopato mondiale nelle decisioni da prendere.

Non si può congelare l’autorità magisteriale della Chiesa all’anno 1962 – ciò deve essere ben chiaro alla Fraternità. Ma ad alcuni di coloro che si segnalano come grandi difensori del Concilio deve essere pure richiamato alla memoria che il Vaticano II porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa. Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non può tagliare le radici di cui l’albero vive.

Spero, cari Confratelli, che con ciò sia chiarito il significato positivo come anche il limite del provvedimento del 21 gennaio 2009.

Ora però rimane la questione: Era tale provvedimento necessario? Costituiva veramente una priorità? Non ci sono forse cose molto più importanti? Certamente ci sono delle cose più importanti e più urgenti. Penso di aver evidenziato le priorità del mio Pontificato nei discorsi da me pronunciati al suo inizio. Ciò che ho detto allora rimane in modo inalterato la mia linea direttiva. La prima priorità per il Successore di Pietro è stata fissata dal Signore nel Cenacolo in modo inequivocabile: "Tu … conferma i tuoi fratelli" (Lc 22, 32). Pietro stesso ha formulato in modo nuovo questa priorità nella sua prima Lettera: "Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1 Pt 3, 15). Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio. Non ad un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell’amore spinto sino alla fine (cfr Gv 13, 1) – in Gesù Cristo crocifisso e risorto.

Il vero problema in questo nostro momento della storia è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre di più.Condurre gli uomini verso Dio, verso il Dio che parla nella Bibbia: questa è la priorità suprema e fondamentale della Chiesa e del Successore di Pietro in questo tempo. Da qui deriva come logica conseguenza che dobbiamo avere a cuore l’unità dei credenti. La loro discordia, infatti, la loro contrapposizione interna mette in dubbio la credibilità del loro parlare di Dio. Per questo lo sforzo per la comune testimonianza di fede dei cristiani – per l’ecumenismo – è incluso nella priorità suprema.

A ciò si aggiunge la necessità che tutti coloro che credono in Dio cerchino insieme la pace, tentino di avvicinarsi gli uni agli altri, per andare insieme, pur nella diversità delle loro immagini di Dio, verso la fonte della Luce – è questo il dialogo interreligioso. Chi annuncia Dio come Amore "sino alla fine" deve dare la testimonianza dell’amore: dedicarsi con amore ai sofferenti, respingere l’odio e l’inimicizia – è la dimensione sociale della fede cristiana, di cui ho parlato nell’Enciclica Deus caritas est.

Se dunque l’impegno faticoso per la fede, per la speranza e per l’amore nel mondo costituisce in questo momento (e, in forme diverse, sempre) la vera priorità per la Chiesa, allora ne fanno parte anche le riconciliazioni piccole e medie.

Che il sommesso gesto di una mano tesa abbia dato origine ad un grande chiasso, trasformandosi proprio così nel contrario di una riconciliazione, è un fatto di cui dobbiamo prendere atto. Ma ora domando: Era ed è veramente sbagliato andare anche in questo caso incontro al fratello che "ha qualche cosa contro di te" (cfr Mt 5, 23s) e cercare la riconciliazione? Non deve forse anche la società civile tentare di prevenire le radicalizzazioni e di reintegrare i loro eventuali aderenti – per quanto possibile – nelle grandi forze che plasmano la vita sociale, per evitarne la segregazione con tutte le sue conseguenze? Può essere totalmente errato l’impegnarsi per lo scioglimento di irrigidimenti e di restringimenti, così da far spazio a ciò che vi è di positivo e di ricuperabile per l’insieme?

Io stesso ho visto, negli anni dopo il 1988, come mediante il ritorno di comunità prima separate da Roma sia cambiato il loro clima interno; come il ritorno nella grande ed ampia Chiesa comune abbia fatto superare posizioni unilaterali e sciolto irrigidimenti così che poi ne sono emerse forze positive per l’insieme.

Può lasciarci totalmente indifferenti una comunità nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88 scuole, 2 Istituti universitari, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero tranquillamente lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa? Penso ad esempio ai 491 sacerdoti. Non possiamo conoscere l’intreccio delle loro motivazioni. Penso tuttavia che non si sarebbero decisi per il sacerdozio se, accanto a diversi elementi distorti e malati, non ci fosse stato l’amore per Cristo e la volontà di annunciare Lui e con Lui il Dio vivente. Possiamo noi semplicemente escluderli, come rappresentanti di un gruppo marginale radicale, dalla ricerca della riconciliazione e dell’unità? Che ne sarà poi?

Certamente, da molto tempo e poi di nuovo in quest’occasione concreta abbiamo sentito da rappresentanti di quella comunità molte cose stonate – superbia e saccenteria, fissazione su unilateralismi ecc. Per amore della verità devo aggiungere che ho ricevuto anche una serie di testimonianze commoventi di gratitudine, nelle quali si rendeva percepibile un’apertura dei cuori. Ma non dovrebbe la grande Chiesa permettersi di essere anche generosa nella consapevolezza del lungo respiro che possiede; nella consapevolezza della promessa che le è stata data? Non dovremmo come buoni educatori essere capaci anche di non badare a diverse cose non buone e premurarci di condurre fuori dalle strettezze? E non dobbiamo forse ammettere che anche nell’ambiente ecclesiale è emersa qualche stonatura?

A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo.

Cari Confratelli, nei giorni in cui mi è venuto in mente di scrivere questa lettera, è capitato per caso che nel Seminario Romano ho dovuto interpretare e commentare il brano di Gal 5, 13 – 15. Ho notato con sorpresa l’immediatezza con cui queste frasi ci parlano del momento attuale: "Che la libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!" Sono stato sempre incline a considerare questa frase come una delle esagerazioni retoriche che a volte si trovano in san Paolo. Sotto certi aspetti può essere anche così.

Ma purtroppo questo "mordere e divorare" esiste anche oggi nella Chiesa come espressione di una libertà mal interpretata. È forse motivo di sorpresa che anche noi non siamo migliori dei Galati? Che almeno siamo minacciati dalle stesse tentazioni? Che dobbiamo imparare sempre di nuovo l’uso giusto della libertà? E che sempre di nuovo dobbiamo imparare la priorità suprema: l’amore?

Nel giorno in cui ho parlato di ciò nel Seminario maggiore, a Roma si celebrava la festa della Madonna della Fiducia. Di fatto: Maria ci insegna la fiducia. Ella ci conduce al Figlio, di cui noi tutti possiamo fidarci. Egli ci guiderà – anche in tempi turbolenti. Vorrei così ringraziare di cuore tutti quei numerosi Vescovi, che in questo tempo mi hanno donato segni commoventi di fiducia e di affetto e soprattutto mi hanno assicurato la loro preghiera. Questo ringraziamento vale anche per tutti i fedeli che in questo tempo mi hanno dato testimonianza della loro fedeltà immutata verso il Successore di san Pietro.

Il Signore protegga tutti noi e ci conduca sulla via della pace. È un augurio che mi sgorga spontaneo dal cuore in questo inizio di Quaresima, che è tempo liturgico particolarmente favorevole alla purificazione interiore e che tutti ci invita a guardare con speranza rinnovata al traguardo luminoso della Pasqua.

Con una speciale Benedizione Apostolica mi confermoVostro nel Signore

BENEDICTUS PP. XVI

Dal Vaticano, 10 Marzo 2009

www.vatican.va

mercoledì 11 marzo 2009

Adorazione Eucaristica: distinguere il vero dal falso

Carissimi,

ritengo fruttuoso proseguire la nostra riflessione da questo esaustivo post di A. Rita e dalla mia risposta

Cara Cate, c’è a mio avviso una differenza sostanziale fra la signora che si portava (assurdamente!) l’Ostia Santa al banco per amare il Signore a suo modo (forse sbagliato, non lo so, anche se non ci è dato, non potendo entrare nel suo cuore, sapere esattamente quale fosse il suo modo) e la pseudo adorazione neocatecumenale, o ciò che loro credono essere "adorazione"( termine per altro uscito fuori "dal cilindro nc" molto recentemente, (da quando fingono spudoratamente di essere cattolici), dato che le loro catechesi PULLULANO di frasi kikiane e carmeniane contro l’adorazione nella storia della Chiesa Cattolica, che per essi nella migliore delle ipotesi è semplice sentimentalismo, nella peggiore paganesimo e follia visto che per loro nei Tabernacoli NON C’E’ NESSUNO!) :e la differenza è che la signora è sola, ha preso un’iniziativa da sola, secondo quello che il suo cervello gli dettava in quel momento, o forse il suo cuore, e comunque quello che tentava di immaginare era nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio Padre, nato da Spirito Santo e dalla Vergine Maria, ma un neocatecumenale che riceve il Corpo di Cristo in mano e – fino a ieri – da seduto, non certo perché ricerchi una posizione di rispettosa adorazione (altrimenti all’Elevazione si getterebbe con il volto nella polvere!Ma non lo farà mai, perché si è bevuto la storiella che Israele non si inginocchiava, e quindi "loro adorano Dio però non si prostrano davanti a Lui"!) ma solo perché così comanda Kiko, e questo neocatecumenale NON PUO’ fare adorazione perché manca la condizione per farlo, in mezzo al fracasso micidiale di canti biblici urlati fra bonghi , cembaletti e tamburi, urlati PROPRIO PER IMPEDIRE VOLUTAMENTE un rapporto personale di adorazione con Dio considerato "sentimentale"dalla dottrina kikiana che aborrisce infatti anche il Ringraziamento personale dopo l’assunzione delle Sacre Specie, questo neocatecumenale quello che fa lo fa avendo alle spalle tutta una dottrina eretica che CONTRASTA l’adorazione per partito preso, quello che fa non lo fa da solo, per propria iniziativa, ma con una setta eretica alle spalle, che gli dice quello che deve fare! E se anche, nonostante non sia a deciderlo lui, riesca a superare la struttura che ha alle spalle, riesca a superare il casino dei canti e dei bonghi, riesca a superare le catechesi contro l’adorazione, e se anche gli nascesse lo spirito di adorazione, quel neocatecumenale NON POTRA’ MAI adorare nostro Signore Gesù, perché lui insegue la proiezione mentale di Kiko Arguello, il quale ha detto che il Gesù della Chiesa Cattolica è "un Dio di cartapesta, che non esiste"! Non avevo detto quello che pensavo per rispetto all’esperienza di quel fratello e alla sua sensibilità, perché pur vivendo egli nella menzogna, va comunque rispettato come persona, ma evidentemente invece dovevo esprimermi, perché non ho postato ciò perché la sua eventuale buona fede possa giustificare il Cammino o per giungere a pensare che forse anche il Cammino può condurre all’Adorazione, ma per mettere in risalto il profondo DRAMMA della coesistenza nella Chiesa di più fedi diverse…e questo grazie al liberalismo e al modernismo che hanno imperato nel Concilio!Sei d’accordo con me, Caterina, che stiamo parlando di una setta eretica? Se non sei d’accordo posso capire la tua pazienza ed il tuo ottimismo, resi forti dal fatto che a te personalmente non hanno rovinato né la vita né l’anima, ma se sei d’accordo con me che sia una setta saprai bene che finché si rimane in una setta la speranza di giungere alla Verità tutta intera è annullata della menzogna praticata, perciò la pazienza è mal riposta e l’ottimismo raggiunge la pura utopia. Ed anche quando si esce dalla setta non ci si libera tanto facilmente dallo spirito che teneva schiavi lì dentro e non è improprio, in alcuni casi, pensare di dover fare un cammino di liberazione, con preghiere di liberazione…fatte da chi ha quel preciso ministero, per averne ricevuto il mandato.Rassegnati, non cambieranno mai perché non vogliono, perché pensano - come ha loro instillato il loro Kapo - che il Cammino ha compreso la Verità PIU’ della Chiesa, perché pensano che Kiko, il loro kapo, parli direttamente con Gesù e perciò sia PIU’ illuminato del Papa e quindi quello che lui dice e fa è dogma, perché pensano di essere "la salvezza" della Chiesa che sennò senza di loro rovinerebbe…La pazienza con loro è illusione, c’è stata nei nostri Papi per quarant’anni e purtroppo c’è ancora, quando l’unica cura alle loro anime sarebbe quella di mettere davanti ai loro occhi, CHIARAMENTE, che sono fuori dalla sana dottrina! Hai parlato della difesa a spada tratta dei Vescovi tedeschi verso il Concilio V. II e verso la Nostra Aetate: sono pienamente d’accordo. Sappiamo CHI ha commissionato la Nostra Aetate, sappiamo CHI l’ha scritta, sappiamo CHI C’ERA DIETRO A QUEL DOCUMENTO E QUALE ERA LO SCOPO dei suoi contenuti… Come mai allora non capiamo che una delle principali creature di costoro è proprio Kiko Arguello, al quale è stata ordinata la GIUDAIZZAZIONE (oltre che la protestantizzazione) della dottrina cattolica, e che la principale manovalanza assunta per questa infame opera del Maligno è costituita dagli ignari schiavi di Kiko, cioè dal popolo neocatecumenale? Pensi veramente che ci sia speranza di cambiarli? Solo nel caso che il cambiamento venisse dal basso, dalla buona volontà e buona fede dei piccoletti, i quali però ben sappiamo che verrebbero subito messi a tacere e, ove non tacessero, resi innocui…Ti auguro una buona notte.tua sorella A. Rita
11 marzo, 2009 02:01

Grazie A.Rita, condivido in pieno la tua puntualizzazione, necessaria per non perdere la corretta visione di come stanno realmente le cose...Vedi, però, la loro 'mimetizzazione' come funziona con chi non conosce il Cammino?Ferma restando la buona fede e l'apertura di cuore di tanti, credo, dei quali la conversione iniziale è autentica. Ma, alla fine, strada facendo gli sviamenti sono inevitabili
11 marzo, 2009 08:44

sabato 7 marzo 2009

Cosa sta succedendo nella Chiesa?

Penso sia utile all'approfondimento delle nostre riflessioni 'aprire' la nuova pagina con questa riflessione di Emma, che chiude la precedente:

- In questo momento in cui la Chiesa sta sbandando, o meglio in cui si contemplano i risultati dello spirito del Concilio e anche di certi testi conciliari purtroppo potenzialmente interpretabili in modo errato, i frutti di un governo che ha rifiutato di punire, sanzionare, reprimere gli abusi, specialmente in materia liturgica, salvo certi casi di evidente eresia ,

- in questo momento in cui si vedono le conferenze episcopali che senza timore contestano e criticano il Papa e la sua autorità, i teologi laici con le loro teorie avere più influenza del Magistero stesso, i pastori più preoccupati della loro parcella di potere che di rispettare e onorare la loro promessa di obbedienza al Santo Padre, così poco attenti e severi nel fare rispettare la sacralità della liturgia, nel correggere gli errori, nel trasmettere la sana dottrina e il Magistero petrino,

- in questo momento in cui sempre più vediamo come siamo arrivati a dover constatare l'onnipotenza di chi crede che con il CV II è nata una nuova Chiesa, che la Chiesa è una democrazia e il Papa colui che deve solo ratificare le decisoni della maggioranza, quando vediamo Benedetto XVI obbligato di ricordarci il senso del Primato petrino, e accorato chiederci a più riprese di pregare per lui,

- in questo periodo di immensa confusione, grande è la tentazione di aggregarsi o rifugiarsi in una comunità dall'identità forte, che ti propone un percorso iniziatico con riti e passaggi e il dovuto segreto, che ti propone il nido rassicurante di una comunità e la guida ferma dei responsabili, lì dentro, come nel cnc, c'è un capo, Kiko Arguello, dall'autorità indiscutibile, beatificato ancora in vita, la guida a cui tutti guardano con ammirazione e a cui tutti obbediscono, lì dentro non c'è spazio per il dubbio, lì si trova la via, la vita la verità, lì realizzo il disegno che Dio ha per me, fuori di lì mi perderei nelle mani del nemico..., sarei un traditore, ritroverei le mie incertezze, i miei dubbi, la mia solitudine.

Scusate questa lunga riflessione senza pausa, ma è questo che mi dicevo, osservando il vento di contestazione sollevato dal ritiro della scomunica ai vescovi della FFSPX.Quanto disordine, disobbedienza, contestazione, CONFUSIONE, DIVISIONE nella nostra Chiesa e non è di certo la FFSPX ad avere provocato tutto ciò, al limite la decisione del Santo Padre ha messo in luce lo stato pietoso della Chiesa, come già era avvenuto in parte con il Summorum Pontificum.

Da qui mi dicevo, visto lo stato catastrofico della Chiesa postconciliare, che grande è e sarà la tentazione di scegliere le sette, o gruppi come il cnc che delle sette ha il profilo e il funzionamento. Lì obbedienza, apparente sicurezza, apparente unità, scopo comune.

Ma grande anche la speranza che sempre più cattolici ritrovino la gioia, la profondità e il tesoro della Tradizione e non la tradizione degli ultimi 40 anni ma quella della Santa Chiesa cattolica in cui si inserisce il CV II. Mi fermo qui, la mia era solo una riflessione di un sabato di marzo!

mercoledì 4 marzo 2009

Il Cammino NC e i giovani - II parte

Faccio seguire una mia riflessione, che chiude la pagina precedente, alla II parte della traduzione dell'articolo del Blog spagnolo....

Per questo [cioè esortati energicamente dai genitori NC - ndR] è normale che entrino in una comunità, col tempo può accadere che questi govani cge nell’infnazia so0no stati obbligati ad entrare in una comunità, non desiderino seguire il cammino, e qui viene il bello, ciò che non si racconta.
Quando un giovane non desidera appartenere al cammino per prima cosa è normale che deve esser presente nella comunità durante la settimana (alla parola e preparazioni della stessa), la scusa che i poveretti sembra adducono è che devono studiare, e i genitori, pressati dai padrini della comunità (assodato che i padrini della comunità sono una coppia scelta dai catechisti perché vigili sulla nuova comunità, come assistenza alle celebrazioni da parte dei suoi membri, fedeltà nei riti, e le proprie esperienze mentre percorrono il cammino) li obbligheranno ad assistere alla stessa, dunque vadano pur male negli studi, l’importante è che siano presenti all’addottrinamento, le tecniche utilizzate dal cammino sono la coazione, se vi in comunità hai tutto, potrai fare quasi tutto, ma se non vai, sappi che ti daranno da mangiare perché la legge lo obbliga, però il resto è sparito dalla tua vita “o hai tempo per la comunità o non hai tempo per nulla”.

Ma arriverà il momento in cui questi giovani avranno 17, 18 o 20 anni e sarà più difficile obbligarli. Non c’è problema: o cammini o vai a farti fottere. Ed è chiaro che un povero giovane di 20 anni, spaventato, senza lavoro, senza esperienza del mondo e con pochissimi amici che non siano della comunità può voler continuare a rimanere nel cammino.Sfortunatamente conosco vari casi di figli di membri della comunità che hanno deciso di lasciare il cammino: ve ne riporterò alcuni. I figli di un fratello della comunità hanno deciso di lasciare il cammino, e i loro genitori, con tutta la tranquillità del mondo, hanno detto loro: “Fuori di casa, sappiate che per noi e per i vostri fratelli siete morti!”. Hanno dato loro un’ora di tempo per raccogliere le loro cose e li hanno buttati in strada. Questa è la prassi raccomandata dagli Itineranti, perché i genitori costringano i loro figli a frequentare la comunità.

Gli stessi genitori, quando vedono i loro figli per la strada, girano lo sguardo dall’altra parte, e ai loro fratelli e sorelle dicono che essi sono figli del demonio (espressione che viene utilizzata continuamente nel Cammino), per non parlare delle “presunte” violenze fisiche e delle manipolazioni psicologiche. In realtà, cacciando di casa i figli e le figlie che non vogliono frequentare il Cammino, questi genitori sconsiderati ottengono solamente che essi rimangano per strada, senza nessuno che li controlli, li difenda, li aiuti, in poche parole li lasciano soli perché SOFFRANO (una tecnica molto usata nel Cammino: si pensi alla pratica di togliere la parola agli ex-membri del Cammino che non vogliono continuare a seguirlo, che porta ad estreme conseguenze come casi di genitori che non parlano più con i figli, intere famiglie divise, etc…). Io e la mia famiglia ci troviamo esattamente in questa fase, per essere “colpevoli” di aver denunciato pubblicamente il fatto che le decisioni di un itinerante andavano contro la Dottrina della Chiesa. È chiaro: questo non si può permettere… e la soluzione è molto facile: bisogna smettere di parlare a questi fratelli.Per concludere, adesso rendo grazie a Dio, che ci ha dato la forza di essere liberi e di essere capaci di lasciare il Cammino. In cambio, il Signore ci ha fatto il DONO di continuare a vivere all’interno della Santa Madre Chiesa, sotto il suo manto e quello dei suoi presbiteri e degli altri gruppi che esistono in essa.Per oggi concludo. Prossimamente continueremo a parlare dei giovani nel Cammino, perché per disgrazia su questo tema c’è molto da discutere.Che il Signore ci benedica tutti.
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Il pericolo, come dissi commentando il discorso del Santo Padre del 10 gennaio, di non "assimilare" la nostra sofferenza o la nostra indignazione, ESISTE

caro Steph, perdonami se mi soffermo solo su questa tua frase... mi riprometto di rileggere attentamente TUTTO il tuo messaggio quando avrò meno problemi.
Penso tuttavia di DOVER affermare con convinzione che su questo blog, come sul sito, non esiste nessun documento o nessuna testimonianza che nascano SOLO da dolore o sofferenza non assimilati! Tutto quel che è scritto, affermato e ripetuto nasce da esperienza concreta e confronto razionale e serio e approfondito con gli insegnamenti della Chiesa... che nessuno che abbia un briciolo di questa esperienza può dire siano gli stessi che diffonde il cammino, sia a livello di contenuti che di prassi!

Il nostro impegno qui sta proseguendo per e con le stesse motivazioni da cui è nato: INFORMARE CORRETTAMENTE e DENUNCIARE LE STORTURE... Poiché, purtroppo, nonostante il 10 gennaio e tutto il resto, le storture sono sempre presenti - e ne abbiamo avuto ampia dimostrazione - ecco che, pur progettando e cominciando ad operare il 'giro di boa', reso necessario anche dalla esigenza di inquadrare il problema nella realtà più ampia e complessa della Chiesa del nostro tempo - così travagliata e confusa, come possiamo purtroppo vedere ogni giorno dalle grancasse mediatiche che sembrano tenere sotto assedio il nostro Papa - eccoci ancora qui a parlare del Cammino e Gianluca e A. Rita e molte risonanze ci hanno dato ampia dimostrazione di quanto sia ancora necessario, mi sembra. O no?