venerdì 30 gennaio 2009

Il Concilio e la dignità del sacro (Ratzinger)


Indirizzo di Sua Eminenza il Cardinal Ratzinger, Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, alla Conferenza Episcopale Cilena il 13 Luglio 1988.

Il Concilio e la dignità del sacro
di Joseph Ratzinger


Negli ultimi mesi abbiamo lavorato molto intorno al caso Lefebvre, con l'intenzione sincera di creare per il suo movimento un spazio all'interno della Chiesa, spazio che sarebbe stato sufficiente perché esso potesse vivere. La Santa Sede è stata criticata per questo. Si dice che non ha difeso il Concilio Vaticano II con energia sufficiente; che, mentre ha trattato i movimenti progressisti con severità grande, ha mostrato una simpatia esagerata con la rivolta tradizionalista.Lo sviluppo degli eventi è sufficiente per confutare queste asserzioni. L'[accusa di] rigorismo del Vaticano di fronte alle deviazioni dei progressisti, presentato in modo mitico, è apparsa essere soltanto un discorso vuoto. Finora, infatti, sono stati pubblicati soltanto dei moniti; in nessun caso ci sono state pene canoniche rigorose in senso stretto. Ed il fatto che, quando le cose si sono messe male, Lefebvre ha ritrattato un accordo che già era stato firmato, indica che la Santa Sede, se ha fatto concessioni davvero generose, non gli ha garantito quella licenza completa che egli desiderava.


Lefebvre ha visto che, nella parte fondamentale dell'accordo, era obbligato ad accettare il Vaticano II e le affermazioni del Magistero post conciliare, secondo l'autorità propria di ogni documento. C'è una contraddizione evidentissima nel fatto che è proprio chi non ha perso occasione per far conoscere al mondo la propria disobbedienza al Papa ed alle dichiarazioni magisteriali degli ultimi 20 anni, che pensa di avere il diritto di giudicare che questo atteggiamento è troppo blando e che desidera che si fosse insistito su un'obbedienza assoluta al Vaticano II. Così pure costoro sostengono che il Vaticano ha concesso il diritto di dissentire a Lefebvre, diritto che è stato rifiutato ostinatamente ai fautori di una tendenza progressista.


In realtà, l'unico punto che è affermato nell'accordo, secondo Lumen Gentium 25, è il fatto limpido che non tutti i documenti del Concilio hanno la stessa autorità. Per il resto, è stato indicato esplicitamente, nel testo che è stato firmato, che le polemiche pubbliche devono essere evitate e che è richiesto un atteggiamento di rispetto positivo per le decisioni ufficiali e le dichiarazioni. È stato concesso, in più, che la Fraternità San Pio X possa presentare alla Santa Sede - la quale si riserva l'esclusivo diritto di decisione - le sue difficoltà particolari rispetto alle interpretazioni delle riforme giuridiche e liturgiche. Tutto ciò mostra che in questo dialogo difficile Roma ha unito chiaramente la generosità, in tutto quello che è negoziabile, alla fermezza nel necessario.


La spiegazione che Mons. Lefebvre ha dato, per la ritrattazione del suo accordo, è indicativa. Ha dichiarato che infine ha capito che l'accordo che ha firmato mira soltanto ad integrare la sua fondazione "nella Chiesa Conciliare". La Chiesa Cattolica in unione con il Papa è, secondo lui, "la Chiesa Conciliare", che ha rotto con il suo passato. Sembra effettivamente che non riesca più a vedere che qui si tratta della Chiesa Cattolica nella totalità della sua Tradizione e che il Vaticano II appartiene ad essa. Senza alcun dubbio, il problema che Lefebvre ha posto non è finito con la rottura del 30 giugno. Sarebbe troppo semplice rifugiarsi in una specie del trionfalismo e pensare che questa difficoltà abbia cessato di esistere dal momento in cui il movimento condotto da Lefebvre si è separato con una rottura formale con la chiesa. Un cristiano non può mai, o non dovrebbe, compiacersi di una rottura. Anche se è assolutamente certo che la colpa non può essere attribuita alla Santa Sede, è un dovere per noi esaminarci, tanto circa quali errori abbiamo fatto, quanto quali, persino ora, stiamo facendo. I criteri con cui giudichiamo il passato nel decreto del Vaticano II sull'ecumenismo devono essere usati - come è logico - per giudicare pure il presente.


Una delle scoperte fondamentali della teologia dell'ecumenismo è che gli scismi possono avvenire soltanto quando determinate verità e determinati valori della fede cristiana non sono più vissuti ed amati all'interno della chiesa. La verità che è marginalizzata diventa autonoma, rimane staccata dal tutto della struttura ecclesiastica ed è allora che un nuovo movimento si forma intorno ad essa. Dobbiamo riflettere su questo fatto: che tantissimi cattolici, lontani dalla cerchia stretta della fraternità di Lefebvre, vedono questo uomo come guida, in un certo senso, o almeno come alleato utile. Non bisognerà attribuire tutto a motivi politici, a nostalgia, o a fattori culturali di importanza secondaria. Queste cause non sono capaci di spiegare l'attrattiva che è sentita anche dai giovani, e particolarmente dai giovani, che vengono da molte nazioni davvero differenti e che sono immersi in realtà politiche e culturali completamente diverse. Certamente mostrano ciò che è, da ogni punto di vista, una prospettiva limitata e parziale; ma non c'è alcun dubbio che un fenomeno di questa portata sarebbe inconcepibile se non ci fossero qui all'opera dei valori, che generalmente non trovano sufficienti possibilità di realizzarsi all'interno della Chiesa di oggi. Per tutti questi motivi, dobbiamo considerare tutta la questione soprattutto come l'occasione per un esame di coscienza. Dovremmo non avere paura di farci noi stessi domande fondamentali, circa i difetti della vita pastorale della Chiesa, che emergono da questi fatti. Così dovremmo poter offrire un posto all'interno della chiesa a coloro che lo stanno cercando e domandando e riuscire a eliminare ogni ragione per uno scisma. Possiamo rendere tale scisma privo di motivazioni rinnovando le realtà interne della chiesa.


Ci sono tre punti, io penso, che è importante considerare. Se ci sono molti motivi che potrebbero condurre tantissima gente a cercare un rifugio nella liturgia tradizionale, quello principale è che trovano là conservata la dignità del Sacro. Dopo il Concilio, ci sono stati molti preti che hanno elevato deliberatamente la "desacralizzazione" a livello di un programma, sulla pretesa che il nuovo testamento ha abolito il culto del tempio: il velo del tempio che è stato strappato dall'alto al basso al momento della morte di Cristo sulla croce è, secondo certuni, il segno della fine del sacro. La morte di Gesù, fuori delle mura della città, cioè, dal mondo pubblico, è ora la vera religione. La religione, se vuol avere il suo essere in senso pieno, deve averlo nella non sacralità della vita quotidiana, nell'amore che è vissuto. Ispirati da tali ragionamenti, hanno messo da parte i paramenti sacri; hanno spogliato le chiese più che hanno potuto di quello splendore che porta a elevare la mente al sacro; ed hanno ridotto il liturgia alla lingua e ai gesti di una vita ordinaria, per mezzo di saluti, i segni comuni di amicizia e cose simili. Non c'è dubbio che, con queste teorie e pratiche, hanno del tutto misconosciuto l'autentica connessione tra il vecchio ed il nuovo testamento: s' è dimenticato che questo mondo non è il regno di Dio e che "il Santo di Dio" (Gv 6,69) continua ad esistere in contraddizione a questo mondo; che abbiamo bisogno di purificazione prima di accostarci a lui; che il profano, anche dopo la morte e la resurrezione di Gesù, non è riuscito a trasformarsi nel "santo".


Il Risorto è apparso, ma a quelli il cui il cuore era ben disposto verso di Lui, al Santo; non si è manifestato a tutti. È in questo modo un nuovo spazio è stato aperto per la religione a cui tutti noi ora dobbiamo sottometterci; questa religione che consiste nell'accostarci alla famiglia del Risorto, ai cui piedi le donne si prostravano e lo adoravano. Non intendo ora sviluppare ulteriormente questo aspetto; mi limito sinteticamete a questa conclusione: dobbiamo riacquistare la dimensione del sacro nella liturgia. La liturgia non è un festa; non è una riunione con scopo di passare dei momenti sereni. Non importa assolutamente che il parroco si scervelli per farsi venire in mente chissà quali idee o novità ricche di immaginazione. La liturgia è ciò che fa sì che il Dio Tre volte Santo sia presente fra noi; è il roveto ardente; è l'alleanza di Dio con l'uomo in Gesù Cristo, che è morto e di nuovo è tornato alla vita.


La grandezza della liturgia non sta nel fatto che essa offre un intrattenimento interessante, ma nel rendere tangibile il Totalmente Altro, che noi [da soli] non siamo capaci di evocare. Viene perché vuole. In altre parole, l'essenziale nella liturgia è il mistero, che è realizzato nel ritualità comune della Chiesa; tutto il resto lo sminuisce. Alcuni cercano di sperimentarlo secondo una moda vivace, e si trovano ingannati: quando il mistero è trasformato nella distrazione, quando l'attore principale nella liturgia non è il Dio vivente ma il prete o l'animatore liturgico.


Oltre alle questioni liturgiche, i punti centrali del conflitto attualmente sono la presa di posizione di Lefebvre contro il decreto che tratta della libertà religiosa ed al cosiddetto spirito di Assisi. È qui che Lefebvre stabilisce le linee di demarcazione fra la sua posizione e quella della chiesa cattolica.C'è poco da dire: ciò che sta dicendo su questi punti è inaccettabile. Qui non vogliamo considerare i suoi errori, piuttosto desideriamo chiederci dove vi è mancanza di chiarezza in noi stessi. Per Lefebvre la posta in gioco è la battaglia contro il liberalismo ideologico, contro la relativizzazione della verità. Non siamo ovviamente in accordo con lui sul fatto che - capito secondo le intenzioni del Papa - il testo del Concilio o la preghiera di Assisi inducano al relativismo.


È un'operazione necessaria difendere il Concilio Vaticano II nei confronti di Mons. Lefebvre, come valido e come vincolante per Chiesa. Certamente c'è una mentalità dalla visuale ristretta che tiene conto solo del Vaticano II e che ha provocato questa opposizione. Ci sono molte presentazioni di esso che danno l'impressione che, dal Vaticano II in avanti, tutto sia stato cambiato e che ciò che lo ha preceduto non abbia valore o, nel migliore dei casi, abbia valore soltanto alla luce del Vaticano II. Il Concilio Vaticano II non è stato trattato come una parte dell'intera tradizione vivente della Chiesa, ma come una fine della Tradizione, un nuovo inizio da zero. La verità è che questo particolare concilio non ha affatto definito alcun dogma e deliberatamente ha scelto rimanere su un livello modesto, come concilio soltanto pastorale; ma molti lo trattano come se si fosse trasformato in una specie di superdogma che toglie l'importanza di tutto il resto. Questa idea è resa più forte dalle cose che ora stanno accadendo.


Quello che precedentemente è stato considerato il più santo - la forma in cui la liturgia è stata trasmessa - appare improvvisamente come la più proibita di tutte le cose, l'unica cosa che può essere impunemente proibita. Non si sopporta che si critichino le decisioni che sono state prese dal Concilio; d'altra parte, se certuni mettono in dubbio le regole antiche, o persino le verità principali della fede - per esempio, la verginità corporale di Maria, la Resurrezione corporea di Gesù, l'immortalità dell'anima, ecc. - nessuno protesta, o soltanto lo fa con la più grande moderazione. Io stesso, quando ero professore, ho visto come lo stesso Vescovo che, prima del Concilio, aveva licenziato un insegnante che era realmente irreprensibile, per una certa crudezza nel discorso, non è stato in grado, dopo il Concilio, di allontanare un professore che ha negato apertamente verità della fede certe e fondamentali. Tutto questo conduce tantissima gente chiedersi se la Chiesa di oggi è realmente la stessa di ieri, o se la hanno cambiato con qualcos'altro senza dirlo alla gente. La sola via nella quale il Vaticano II può essere reso plausibile è di presentarlo così come è: una parte dell'ininterrotta, dell'unica tradizione della Chiesa e della sua fede.


(Questa affermazione risulta evidentemente comprovata dalla sottostante immagine tratta dalle catechesi kikiane che, nell'illustrare la "Storia della Salvezza" ANNULLANO l'intera Tradizione a partire da Costantino fino al Vaticano II, dal quale il Cammino pretende 'rifondare' la nuova Chiesa, aggiungendo altri elementi spuri: luteranesimo, giudaismo e gnosticismo - ndR)


Non c'è il minimo dubbio che, nei movimenti spirituali dell'era post-conciliare, vi è stato frequentemente un oblio, o persino una soppressione, della questione della verità: qui forse ci confrontiamo con il problema oggi cruciale per la teologia e per il lavoro pastorale. La verità è ritenuta essere una pretesa che è troppo elevata, un trionfalismo che non può essere assolutamente ancora consentito. Vedete chiaramente questo atteggiamento nella crisi che colpisce la pratica e l'ideale missionario. Se non facciamo della verità un punto importante nell'annuncio della nostra fede e se questa verità non è più essenziale per la salvezza dell'uomo, allora le missioni perdono il loro significato. In effetti la conclusione è stata tirata, ed è stato tirata oggi, che in futuro dobbiamo soltanto cercare che i cristiani siano buoni cristiani, i buoni musulmani dei musulmani, i buoni Indù dei buoni Indù, e così via. E se arriviamo a queste conclusioni, come facciamo a sapere quando uno è "un buon" cristiano, o "un buon" musulmano? L'idea che tutte le religioni sono - a prenderle sul serio - soltanto i simboli di ciò che finalmente è incomprensibile, sta guadagnando terreno velocemente in teologia e già ha penetrato la pratica liturgica. Quando le cose giungono a questo punto, la fede è lasciata alle spalle, perché la fede realmente consiste nell'affidarsi alla verità per quanto è conosciuta. Dunque, in questa materia, ci sono tutte le ragioni per ritornar sulla retta via. Se ancora una volta riusciremo a evidenziare e vivere la pienezza della religione cattolica circa a questi punti, possiamo sperare che lo scisma di Lefebvre non sia di lunga durata.

Fonte Rinascimento Sacro 6/12/2007. Photo thanks to LDCaterina of Oriens.

Forse avremo nella Chiesa anche i Tradizionalisti Anglicani?

Damian Thompson, l’autorevole direttore del periodico britannico Catholic Herald e redattore al Telegraph, riporta in un lungo post la notizia che, secondo fonti australiane (The Record) si potrebbe risolvere presto la situazione della Traditional Anglican Communion, ossia di quel gruppo di anglicani di sensibilità tradizionale (e per questo la cosa ci interessa molto) che si sono da tempo staccati dalla comunione con l’Arcivescovo di Canterbury ed hanno chiesto di essere riammessi "in blocco": sono mezzo milione – come i lefebvriani - tra fedeli e sacerdoti, anche se per la Chiesa la loro ordinazione anglicana non è valida, come chiarito fin dai tempi di leone XIII. I loro esponenti hanno sottoscritto in segno di adesione il Catechismo della Chiesa Cattolica e l’hanno depositato presso un Santuario mariano in Inghilterra.
Riuniti con Roma, essi conserverebbero il diritto alla liturgia anglicana, che per come è celebrata da questi "tradizionalisti anglicani" è vicinissima alla Messa tridentina; manterrebbero il loro clero sposato, ma non il Vescovo che ora li guida perché, secondo la tradizione della Chiesa, sia cattolica sia ortodossa, solo i celibi accedono all’episcopato: lodevole quindi che il loro "capo" cerchi la comunione pur sapendo che, essendo sposato, retrocederà al rango di presbitero (beh: pensiamo che almeno monsignore lo diverrà).
Questa riunificazione inoltre avrebbe effetti travolgenti ben al di là della Traditional Anglican Communion, servendo da esempio anche a quei numerosi gruppi anglicani, rimasti all’interno della Comunione Anglicana e quindi dipendenti da Canterbury, che esprimono fortissimo disagio per la recente ammissione delle donne all’episcopato (e in precedenza, negli Anni ’90, al sacerdozio), nonché per l’ammissione a ruoli importanti nel clero di omosessuali in piena "attività" e conviventi con altri uomini: argomento su cui ci eravamo già soffermati abbondantemente in questo precedente POST.
Ricordiamo che all’ultima Lambeth Conference a Canterbury (il "Concilio" che gli anglicani tengono ogni dieci anni), il Card. Dias, inviato del Papa, accusò i suoi uditori niente meno che di alzheimer spirituale e di parkisons ecclesiale: alzheimer perché si dimenticano della Tradizione e delle loro radici, parkinsons perché si muovono freneticamente verso le novità, senza sapere dove vanno.
La notizia odierna è che la Congregazione per la Dottrina della Fede avrebbe raccomandato di accordare alla T.A.C. (Traditional Anglican Communion) lo statuto di prelatura personale come l’Opus Dei. Non quindi, una Chiesa uniate come ve ne sono tra le Orientali, ma una sorta di diocesi mondiale con propri apostolati e proprio vescovo.
L’annuncio verrebbe dato subito dopo la prossima Pasqua. Benedetto XVI, che ha assunto un interesse personale nella materia (anche per aggirare le resistenze dell’episcopato inglese, che non vuole guastare i rapporti con Canterbury e soprattutto non vede di buon occhio questi transfughi, giudicati troppo tradizionalisti), collegherà l’evento all’Anno Paolino, visto che Paolo è stato il più grande missionario nella storia della Chiesa. E S. Paolo fuori le Mura è una basilica tradizionalmente legata all’Inghilterra: prima dello scisma, era la chiesa ufficiale dei cavalieri dell’Ordine della Giarrettiera (la massima onorificenza britannica).
Il Primate della T.A.C., l’Arcivescovo John Hepworth, ha dichiarato che i vescovi della T.A.C. saranno invitati a Roma per la beatificazione del Card. Newman, anch’egli un convertito dall’anglicanesimo. _______________ [Fonte: messainlatino.it 30 gennaio 2009

mercoledì 28 gennaio 2009

Definire il Concilio...per risolvere TUTTI I PROBLEMI. Compreso quello Nc!


Fonte: Zenit (Di Walter Brandmüller*)


Il Vaticano II (1962-1965) è stato il Concilio dei superlativi. Mai nella storia della Chiesa un Concilio era stato preparato così intensamente. Certo, anche il Vaticano I (1869-1870) è stato molto ben preparato e probabilmente la qualità teologica dei suoi schemi preparatori era addirittura migliore.

Ma il numero delle sollecitazioni e delle proposte inviate da tutto il mondo e la loro utilizzazione nel Vaticano II superarono quanto che c'era stato fino ad allora. Il Vaticano II si è dimostrato visibilmente il Concilio dei superlativi già quando l'enorme numero di 2440 vescovi entrarono nella basilica di San Pietro.

Se il Vaticano I con i suoi 642 padri circa aveva trovato posto nel transetto destro della basilica, ora aula conciliare era l'intera navata centrale. Nel secolo intercorso fra i due Concili la Chiesa non rivendicava soltanto il ruolo di Chiesa universale ma lo era diventata davvero.

E mai si era verificato, come nel 1962, che un migliaio di giornalisti di tutto il mondo fosse accreditato al Concilio. Così il Vaticano II è stato anche il Concilio più conosciuto di tutti i tempi, divenendo un evento mediatico mondiale di prima grandezza. Altre particolarità di questo Concilio lo fanno spiccare sugli altri. I Concili esercitano le supreme funzioni magisteriali, legislative, giudiziarie, sotto e con il Papa, al quale tutte queste funzioni spettano anche senza Concilio. Non tutti i Concili hanno esercitato ciascuna di queste funzioni. Se il primo Concilio di Lione (1245), con la scomunica e deposizione dell'imperatore Federico II, ha agito come tribunale e ha emanato leggi, il Vaticano I non ha giudicato né emanato leggi, ma ha deliberato esclusivamente su questioni di dottrina. Il Concilio di Vienna (1311-1312) invece ha giudicato, emanato leggi e deliberato su questioni di fede, e lo stesso hanno fatto i Concili del Quattrocento. Il Vaticano II invece non ha giudicato né emanato leggi e neppure deliberato in modo definitivo su questioni di fede e piuttosto ha realizzato un nuovo tipo di Concilio [???], considerandosi un Concilio pastorale, quindi spirituale, che voleva avvicinare la dottrina del Vangelo in modo attraente perché facesse da guida al mondo di oggi.

In particolare non ha espresso condanne dottrinali, come disse con chiarezza Giovanni XXIII nel discorso di apertura: «La Chiesa si è sempre opposta alle eresie. Spesso le ha condannate con la massima durezza»; oggi invece «la Chiesa preferisce fare uso della medicina della grazia», perché «crede che essa corrisponda alle esigenze dell'epoca attuale, preferendo dimostrare la validità delle sue dottrine piuttosto che esprimere condanne». Anche se, alla luce degli sviluppi storici, il Vaticano II si sarebbe rivelato lungimirante se, sulle orme di Pio XII, avesse trovato il coraggio di condannare espressamente il comunismo. Invece il timore di pronunciare condanne dottrinali e definizioni dogmatiche ha fatto sì che alla fine i testi conciliari risultino tra loro diversi: così, per esempio, le costituzioni dogmatiche Lumen gentium sulla Chiesa e Dei Verbum sulla rivelazione divina possiedono il carattere e la natura di documenti dottrinali, ma senza definizioni vincolanti, mentre secondo il canonista Klaus Mörsdorf la dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae «prende posizione senza un contenuto normativo evidente». I testi del Vaticano II possiedono quindi un grado molto diverso di obbligatorietà e anche questo è un elemento assolutamente nuovo nella storia dei Concili. Paragoniamo poi il Vaticano II con il primo Concilio di Nicea (325), con il Tridentino (1545-1563) e il Vaticano I tenendo conto delle rispettive conseguenze.

Salta agli occhi che dopo i due Concili vaticani si è arrivati a uno scisma. Nel 1871 i "vecchi cattolici" per protesta contro le definizioni del primato e dell'infallibilità del Papa si separarono dalla Chiesa, e nel 1988 l'arcivescovo Lefebvre e i suoi sostenitori hanno scelto lo scisma. Per quanto appaiano opposti, i due movimenti concordano nel rifiuto dei legittimi sviluppi nella dottrina e nella vita della Chiesa, fondato su un rapporto distorto con la storia. La speranza deve scaturire proprio dall'esperienza della storia e i Concili hanno bisogno di un lungo respiro, il respiro della storia. Dopo il primo Concilio di Nicea sono cominciate lotte religiose che crebbero di asprezza e violenza prima che alla fine s'imponesse il dogma niceno confermato dal Concilio di Calcedonia (451), attraverso vicende durate oltre un secolo.

Si può fare un paragone anche con la fase successiva al Tridentino, che ha avuto come conseguenza una straordinaria fioritura missionaria, religiosa e culturale dell'Europa rimasta cattolica: Hubert Jedin ha parlato di "miracolo di Trento". Ma sbaglieremmo se ritenessimo che questa fioritura si sia prodotta di colpo: dopo la conclusione del Concilio passò quasi un secolo prima che i suoi decreti dogmatici e di riforma mostrassero efficacia su larga scala. Quasi ogni Concilio, e naturalmente anche il Vaticano II, per struttura, svolgimento e contenuto possiede la sua inconfondibile peculiarità, ma ha in comune con tutti gli altri il fatto che sotto l'aspetto formale in ognuno è stata esercitata collegialmente la suprema autorità dottrinale e pastorale. Dal punto di vista dei contenuti si tratta della presentazione, dell'interpretazione e dell'applicazione della tradizione, alla quale ogni concilio dà il suo contributo specifico. Questo non può ovviamente consistere in un'aggiunta di nuovi contenuti al patrimonio di fede della Chiesa

E neppure in un'eliminazione delle dottrine fino a quel momento tramandate.
.
È piuttosto un processo di sviluppo, chiarimento e distinzione che si sta compiendo, con l'assistenza dello Spirito Santo, e attraverso questo processo ogni concilio con il suo definitivo annuncio dottrinale s'inserisce come parte integrante nella tradizione complessiva della Chiesa. Per questo i Concili guardano sempre avanti, verso un annuncio dottrinale più ampio, più chiaro, più attuale, mai all'indietro. Un Concilio non può contraddire i suoi antecedenti, ma solo integrare, precisare, proseguire. Tutto ciò vale anche per il Vaticano II[Sì o no?] .

Anch'esso non è né più né meno che un Concilio fra gli altri, accanto e dopo altri, non al di sopra né al di fuori, ma all'interno della serie dei Concili generali della Chiesa. Anche il Vaticano II riconosce la sua collocazione nel solco della tradizione. La quantità di richiami alla tradizione nei testi del Vaticano II è impressionante. Il Concilio accoglie diffusamente la tradizione citando i Concili, in particolare il Fiorentino (1439-1442), il Tridentino e il Vaticano I, le encicliche di numerosi Papi, la letteratura patristica e i grandi teologi, primo fra tutti Tommaso d'Aquino, come fonti alle quali attinge. Il cardinale Joseph Ratzinger, in un incontro di qualche anno fa, ha parlato di «un isolamento oscuro del Vaticano II» e ha detto: «Alcune descrizioni suscitano l'impressione che dopo il Vaticano II tutto sia diventato diverso e che tutto ciò che è venuto prima non potesse essere più considerato o potesse esserlo soltanto alla luce del Vaticano II. Il Vaticano II non viene trattato come una parte della complessiva tradizione vivente della Chiesa, ma come un inizio totalmente nuovo. Sebbene non abbia emanato alcun dogma e abbia voluto considerarsi più modestamente al rango di Concilio pastorale, alcuni lo rappresentano come se fosse per così dire il superdogma, che rende tutto il resto irrilevante», mentre «possiamo rendere davvero degno di fede il Vaticano II se lo rappresentiamo molto chiaramente così com'è: un pezzo della tradizione unica e totale della Chiesa e della sua fede». In effetti, negli anni postconciliari era di moda paragonare la Chiesa a un cantiere, in cui si facevano demolizioni e nuove costruzioni o ricostruzioni. Spesso l'ordine di Dio ad Abramo di andarsene dal suo paese era interpretato come un'esortazione alla Chiesa ad abbandonare il suo passato e la sua tradizione. Si parlava con entusiasmo di partenza della nave di Pietro e del suo viaggio verso nuove sponde. Si predicava la partenza in direzione dell'ignoto, del lontano, del nuovo e la parola tradizione era diventata un insulto. Al contrario, bisogna ribadire con forza che un'interpretazione del Vaticano II al di fuori della tradizione contrasterebbe con l'essenza della fede. Su questo sfondo anche la distinzione così in voga tra "preconciliare" e "postconciliare" è molto dubbia sul piano teologico e su quello storico.

Un Concilio non è mai un punto di arrivo o di partenza sul quale possa essere scandita la storia della Chiesa o addirittura la storia della salvezza. Ci sarà un Vaticano III? Non sorprende che alcuni abbiano avanzato una richiesta di questo tipo, anche da parti opposte. Secondo alcuni dovrebbe riunirsi un nuovo Concilio che finalmente abbatta le barriere, realizzi la democratizzazione della Chiesa, consenta l'accesso ai sacramenti a coloro che dopo un matrimonio fallito hanno contratto una nuova unione, apra la strada al matrimonio dei sacerdoti e al sacerdozio femminile, e porti alla riunificazione dei cristiani divisi. Altri pensano che la confusione e la crisi dell'irrequieto periodo postconciliare avrebbero bisogno urgentemente di un Vaticano III che metta ordine e faccia da guida. Una cosa è certa: anche questo nuovo eventuale concilio - magari Nairobiense o Moscoviense - si collocherebbe nel solco della tradizione e sarebbe solo un altro elemento di questa venerabile serie. In ogni caso il Vaticano II non è stato né l'inizio né la fine della storia conciliare e abbiamo il compito di realizzarlo, prima di parlare del futuro.

*presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche

lunedì 26 gennaio 2009

Difesa ad oltranza del Concilio


Stralcio da un articolo dell'Osservatore Romano sulla revoca della scomunica alla FSSPX e alle campagne mediatiche di ogni genere scatenate su molti fronti.

È in forza della convinzione nei confronti del concilio quale avvenimento ispirato dall'alto che si deve leggere il gesto di revoca della scomunica. La riforma del concilio non è ancora del tutto attuata, ma è ormai talmente consolidata nella Chiesa cattolica che non può essere messa in crisi da un magnanimo gesto di misericordia. Ispirato per di più al nuovo stile di Chiesa voluto dal concilio che preferisce la medicina della misericordia alla condanna.La revoca che ha suscitato tanto allarme non conclude una vicenda dolorosa come lo scisma lefebvriano. Con essa il Papa sgombera il campo da possibili pretesti per infinite polemiche, entrando nel merito del vero problema: l'accettazione piena del magistero, compreso ovviamente il concilio Vaticano II. Se infatti è vero che la Chiesa cattolica non nasce con il concilio, è vero altrettanto che anche la Chiesa rinnovata dal concilio non è un'altra Chiesa, ma la stessa Chiesa di Cristo, fondata sugli apostoli, garantita dal successore di Pietro e quindi parte viva della tradizione. Con l'annuncio di Papa Giovanni la tradizione certo non sparisce, ma continua ancora oggi nelle forme proprie di una pastorale e di un magistero aggiornati dall'ultimo grande concilio.

se fosse vero quanto si sostiene con le ultime parole non ci sarebbe stato nessuno scisma da parte di Mons Lefebvre (se proprio tale si deve definire senza tener conto di altri scismi striscianti e non riconosciuti)...
Perché è così necessario difendere il Concilio ad oltranza e non si può riconoscere che ci sono dei punti controversi, da chiarire e da risolvere per amore della Verità?

Un po' di ironia, con molta verità...

Pescato sul blog di Raffaella:

"Pseudo Berlicche" scrive a "pseudo Malacoda":

"Ci siamo distratti per un attimo e guarda che cosa ha combinato il Papa!
Caro Malacoda, calma e gesso! ci siamo distratti un momento, è vero, pensavamo che questo Papa anziano fosse affaticato dalle celebrazioni natalizie, dalla stesura dell’enciclica sociale, dalla preparazione delle omelie che si ostina a voler scrivere da solo nonostante la disponibilità di volonterosi ghost-writers (alcuni persino reclutati e raccomandati da noi personalmente)… e, invece, guarda cos’è successo! Un disastro! Non possiamo negarlo, abbiamo incassato un brutto goal con questa faccenda dello scisma lefebvriano ricomposto.

Non c’è cosa peggiore dell’unità dei cristiani, della fedeltà del gregge che riconosce la bontà del suo pastore e, forte di questa conoscenza e riconoscenza, accetta di seguirlo. E’ un’unità che simboleggia e anticipa in modo fin troppo insopportabile su questa terra l’unione celeste delle anime nell’amore (rabbrividisco solo a scrivere questa parola) per il Nemico, e non a caso da secoli lavoriamo per scavare divisioni e tensioni sempre più profonde e insanabili secondo le istruzioni del nostro padrone, che, lo dice il nome stesso, è colui che divide (e dividendo impera).

Ma non tutto è perduto: grazie al sapiente lavoro che abbiamo fatto in passato possiamo già contare su numerose reazioni indignate proprio all’interno dei cattolici, che ben confondono la semplicità dei fedeli, e la confusione, primo passo per la divisione, lo sappiamo, è nostra preziosissima alleata. Per il resto, animo, abbiamo già un nuovo fronte su cui concentrarci: mi dicono dai piani alti che a questo punto diventerà quanto mai essenziale sabotare qualsiasi riuscita di un incontro tra il Papa e il nuovo patriarca di Mosca e di tutte le Russie.

L’etichetta di "Papa di transizione" che abbiamo appiccicato fin dal principio a Joseph Ratzinger non regge più da qualche tempo, e meno che mai ora che, durante il suo pontificato, uno scisma è finito ed è stato fatto un primo passo verso l’ecumenismo (brrr). L’importante è che resti cosa isolata, e a questo scopo alcuni di noi fra i più esperti sono già in viaggio verso Econe per suscitare nuovi moti di superbia e di orgoglio in chi dovrebbe perfezionare la riunione con la Chiesa di Roma. Urge riuscire a far passare l’avvenimento, agli occhi del mondo, come un errore frutto di debolezza senile del Papa o di meditato revanscismo oscurantista.

Perché, se durante questo pontificato si dovesse realizzare anche un incontro con il nuovo patriarca russo, se si dovessero gettare le basi pure per la ricomposizione dello scisma d’Oriente, rischieremmo di non essere più credibili quando diffondiamo l’idea che con Benedetto XVI la Chiesa sta tornando ai tempi dei roghi e dell’inquisizione. Come potremmo proseguire nella nostra opera di persuasione dell’opinione pubblica quando venissimo continuamente smentiti da fatti sempre più eclatanti, che parlassero da soli? La Verità (altro brivido) brilla di luce propria, nipote mio. Quindi, passi oggi la ricomposizione di uno scisma, tutto sommato, piccolo, ma d’ora in poi… occhio a oriente! Chè se dovessimo fallire anche là, non oso pensarci, si aprirebbero davvero brutti tempi per noi!
tuo pseudo-zio Berlicche"

sabato 24 gennaio 2009

DEO GRATIAS! Sia Benedetto il Papa! Sia Lodato Dio nei suoi Angeli e nei Suoi Santi!


COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

Il Santo Padre, dopo un processo di dialogo tra la Sede Apostolica e la Fraternità Sacerdotale San Pio X, rappresentata dal suo Superiore Generale, S.E. Mons. Bernard Fellay, ha accolto la richiesta formulata nuovamente da detto Presule, con lettera del 15 dicembre 2008, anche a nome degli altri tre Vescovi della Fraternità, S.E. Mons. Bernard Tissier de Mallerais, S.E. Mons. Richard Williamson e S.E. Mons. Alfonso del Gallareta, di rimettere la scomunica in cui erano incorsi vent’anni fa.

A causa, infatti, delle consacrazioni episcopali fatte, in data 30 giugno 1988, da S.E. Mons. Marcel Lefebvre, senza mandato pontificio, i menzionati quattro Presuli erano incorsi nella scomunica latae sententiae, dichiarata formalmente dalla Congregazione per i Vescovi in data 1° luglio 1988.

S.E. Mons. Bernard Fellay, nella citata missiva, manifestava chiaramente al Santo Padre che: "siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l’attuale situazione".
Sua Santità Benedetto XVI, che ha seguito fin dall’inizio questo processo, ha cercato sempre di ricomporre la frattura con la Fraternità, anche incontrando personalmente S.E. Mons. Bernard Fellay, il 29 agosto 2005. In quell’occasione, il Sommo Pontefice ha manifestato la volontà di procedere per gradi e in tempi ragionevoli in tale cammino ed ora, benignamente, con sollecitudine pastorale e paterna misericordia, mediante Decreto della Congregazione per i Vescovi del 21 gennaio 2009, rimette la scomunica che gravava sui menzionati Presuli. Il Santo Padre è stato ispirato in questa decisione dall’auspicio che si giunga al più presto alla completa riconciliazione e alla piena comunione.
[00146-01.02] [Testo originale: Italiano]

DECRETO DELLA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI
Con lettera del 15 dicembre 2008 indirizzata a Sua Em.za il Sig. Cardinale Dario Castrillón Hoyos, Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, Mons. Bernard Fellay, anche a nome degli altri tre Vescovi consacrati il giorno 30 giugno 1988, sollecitava nuovamente la rimozione della scomunica latae sententiae formalmente dichiarata con Decreto del Prefetto di questa Congregazione per i Vescovi in data 1° luglio 1988. Nella menzionata lettera, Mons. Fellay afferma, tra l'altro: "Siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l'attuale situazione".
Sua Santità Benedetto XVI - paternamente sensibile al disagio spirituale manifestato dagli interessati a causa della sanzione di scomunica e fiducioso nell'impegno da loro espresso nella citata lettera di non risparmiare alcuno sforzo per approfondire nei necessari colloqui con le Autorità della Santa Sede le questioni ancora aperte, così da poter giungere presto a una piena e soddisfacente soluzione del problema posto in origine - ha deciso di riconsiderare la situazione canonica dei Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta sorta con la loro consacrazione episcopale.

Con questo atto si desidera consolidare le reciproche relazioni di fiducia e intensificare e dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa Sede Apostolica. Questo dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie, vuol essere anche un segno per promuovere l'unità nella carità della Chiesa universale e arrivare a togliere lo scandalo della divisione.

Si auspica che questo passo sia seguito dalla sollecita realizzazione della piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità San Pio X, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del Magistero e dell'autorità del Papa con la prova dell'unità visibile.
In base alle facoltà espressamente concessemi dal Santo Padre Benedetto XVI, in virtù del presente Decreto, rimetto ai Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta la censura di scomunica latae sententiae dichiarata da questa Congregazione il 1° luglio 1988, mentre dichiaro privo di effetti giuridici, a partire dall'odierna data, il Decreto a quel tempo emanato.

Card. Giovanni Battista Re
Prefetto della Congregazione per i Vescovi
[00145-01.02] [Testo originale: Italiano]

venerdì 23 gennaio 2009

L'opposizione al Magistero Petrino impedisce l'unità dei cristiani

VATICANO - LE PAROLE DELLA DOTTRINA
a cura di don Nicola Bux e don Salvatore Vitiello -
L’opposizione al Magistero petrino impedisce l’unità dei cristiani

In non poche Lettere pastorali non si cita più il Papa quale termine di paragone dell’autenticità e garante della cattolicità dell’insegnamento episcopale, ma il Cardinale o il teologo, il laico, magari non credente, o il monaco di grido del momento, ritenendoli interpreti autorizzati dell’insegnamento ufficiale della Chiesa.

Inoltre talora si dà l’impressione di pensare che una loro dichiarazione, anche se difforme dalla verità cattolica, abbia uguale peso di un intervento pontificio. Si procede analogamente in campo ecumenico ed interreligioso, ritenendo che la voce di un rabbino o di un imam possa esprimere il pensiero di tutto il popolo ebraico o il mondo islamico, quando questi non hanno una "gerarchia", ma sono solo periti o dottori "privati" non essendo né sacerdoti né "Vescovi". Cosa è successo?

Dimenticando che Lumen gentium ha riaffermato che la Chiesa è il popolo di Dio gerarchicamente ordinato, si pratica una rimozione e una sorda opposizione al Magistero della Chiesa, costituito dall’inscindibile e necessario legame tra il Vescovo di una Chiesa particolare e il Supremo Pastore della Chiesa universale. Quasi possa essere concepibile una "responsabilità locale" non in stretta dipendenza e relazione teologica, e perciò giuridica, con il Supremo Pastore. Gli storici ritengono che tutto ciò sia incominciato nel 1968 con la contestazione all’enciclica di Paolo VI Humanae vitae.

Sebbene, grazie ai mass media, qualche spezzone – senza capo né coda – della parola del Papa arrivi a domicilio, i fedeli comuni hanno, tuttavia, il diritto di riceverla nella sua interezza da parte dei Pastori delle Chiese particolari e dei sacerdoti e laici loro collaboratori. Dagli Apostoli in poi, quel che ha fatto "funzionare" la Chiesa è stato l’assiduità all’insegnamento, una delle condizioni per diventare un cuor solo e un’anima sola.

E’ la traditio o trasmissione della fede che avviene massimamente nella catechesi e nella liturgia, in specie nelle omelie. Senza tradizione della fede non c’è ricezione da parte dei fedeli. Il paradosso a cui si è giunti è che si parla tanto di ricezione dei documenti ecumenici, ma nello stesso tempo si mette il silenziatore o peggio si censura il magistero petrino.

Giova sempre ricordare che il magistero del Vescovo è autentico solo se è in comunione effettiva (ed affettiva) con quello del Papa. A cinque anni dal Concilio, l’8 dicembre 1970, Paolo VI mise in guardia da "una tendenza a ricostruire, partendo dai dati psicologici e sociologici, un Cristianesimo avulso dalla tradizione ininterrotta che lo ricollega alla fede degli Apostoli, e ad esaltare una vita cristiana priva di elementi religiosi".Un tale fenomeno produce divisioni e contrapposizioni nella Chiesa. Forse i cattolici sono stati contagiati dall’autocefalia ortodossa e dal libero arbitrio protestante? Si è dato a credere che esista, come in politica, una diarchia o triarchia tra Roma, Costantinopoli e Mosca? Ma questo non ha nulla a che fare con i principi cattolici dell’ecumenismo enunciati dal Vaticano II.

Che dal mondo si debba attaccare la Chiesa, è fisiologico, ma che debba avvenire dall’interno, è preoccupante. Ciò infatti condiziona, almeno da un punto di vista umano, l’efficacia dell’evangelizzazione. Non di rado i fedeli quando ascoltano un sacerdote o un Vescovo predicare in modo difforme dal Papa, avvertono la confusione che ciò genera e domandano l’uniformità dell’insegnamento!

E’ una opposizione e talora un disprezzo per la Chiesa odierna in nome di quella futura, una ermeneutica che va sempre un Papa indietro: si esalta oggi Giovanni Paolo II da parte di chi lo ha bollato come reazionario e conservatore mente era in vita. La disobbedienza è un peccato da confessare, anche perché finisce per causare nei fedeli l’indifferenza verso il Magistero, oltre alla confusione e al disorientamento. Solo il Magistero vivente, del Papa e dei Vescovi in comunione con Lui – sottolineiamo "in comunione con Lui"– costituisce l’orientamento sicuro della barca della Chiesa anche nel nostro tempo, al fine di aiutare a formare il giudizio di fede e di morale, per scegliere il bene e rifiutare il male alla luce della verità di Cristo. Lui ha affidato a Pietro "le mie pecore", cioè tutte. Questa è l’ermeneutica cattolica.
(Agenzia Fides 22/1/2009)

Approfondiamo cos'è l'actuosa participatio

La "partecipazione attiva" o "actuosa participiatio" alla Liturgia, non nasce dal Concilio, ma già vi troviamo accenni nella bolla Divini Cultus di Pio XI e nella Mediator Dei di Pio XII mentre, ancor prima, fu lo stesso Pio X ad assumere la terminologia "partecipazione attiva" nel linguaggio ufficiale, lasciando intendere che uno degli scopi che desiderava intraprendere nella sua riforma liturgica e pastorale era quello di far rinascere l'autentico spirito cristiano (compito che in realtà spetta ad ogni generazione di credenti) attraverso un'attiva partecipazione ai misteri da parte dei fedeli. Per questo indirizzò egli stesso il Movimento Liturgico a sviluppare e studiare bene il tema e i modi di attuazione. Nel motu proprio Tra le sollecitudini, del 22 novembre 1903, egli precisa infatti che "prima e indispensabile fonte è la partecipazione attiva".

Naturalmente, al di là di queste indicazioni Magisteriali pre-conciliari, che dimostrano ancora una volta come il Concilio doveva rinnovare e non "rifondare" la Chiesa, non possiamo pensare che la "actuosa participatio" non si realizzi o non si sia realizzata anche prima del concilio, per ogni anima credente che vivesse con Fede i Sacri Misteri celebrati dalla Santa e Divina Liturgia, rendendovisi presente, così come ogni volta lo fa il Suo Signore...

L’affermazione "la liturgia non si spiega ma deve parlare da sé", tanto di moda oggi per giustificare la Riforma postconciliare, non significa che uno non debba sapere cosa "accade" nella Liturgia e non debba conoscere il senso dei vari momenti, significati, gesti, simboli, come un soggetto ‘passivo’. Il senso del mistero si perde innanzitutto quando si cerca di trasformare un ‘evento’, Opus Dei, (come il Vetus Ordo) in ‘narrazione’, opera dell’uomo, con al centro l’Assemblea anziché Cristo (come nel Novus Ordo)… non che l’Assemblea non abbia valore, dal momento che essa è pur sempre costituita dal ‘Popolo dei salvati’, che si fa presente alla celebrazione per partecipare al Sacrificio di Cristo ri-presentato al Padre e per accoglierne tutti i meravigliosi beni escatologici che ne scaturiscono; da cui nasce il rendimento di grazie".

L’actuosa participatio promossa e raccomandata anche dal concilio non è determinata dal protagonismo dell’Assemblea, ma dal vivere con consapevolezza e con le giuste disposizioni d’animo (apertura di cuore, atteggiamento di accoglienza e gratitudine, stato di grazia conservato o riacquistato…)

Il valore pedagogico e catechetico dell’Eucaristia non è solo in quello che si ascolta e a cui si partecipa, ma anche e soprattutto in quello che accade ad Opera del Signore e che si accoglie nella Fede… Stare, esserci, starci: la povertà che si lascia raggiungere. Necessità dell'essere visitata. Anche lasciarsi attraversare è partecipazione consapevole, attiva, fruttuosa (actuosa participatio!!)

Vorrei specificare che essere amanti della Tradizione viva della Chiesa non significa essere "Tradizionalisti" tout court e portatori di una ideologia sclerotizzante e non aperta al nuovo. Significa essere aperti al nuovo con le radici salde nella Tradizione, e soprattutto nei Fondamenti della Fede, nella consapevolezza che la Chiesa non è stata ri-fondata dal Vaticano secondo, ma diffidando da molti abusi introdotti da una arbitraria applicazione dello stesso…

Più volte mi è stato obiettato dai post-conciliari più accaniti che actuosa participatio è un tantino di più di una mera "disposizione interiore dell’assemblea." Ma caspita se è vero che è di più! Ed io non intendo certo limitarla a questo! Quindi: la diposizione interiore (porta di accesso) è unita alla consapevolezza (fondamento e novità: mozioni e intuizioni, preghiere e sentimenti suscitati dallo Spirito) e aggiungo la partecipazione con tutto il proprio essere a quello che ‘accade’… occorre avere ben presente questo importate dato della ‘consapevolezza’ di ciò che si sta ‘vivendo’ e che ‘accade’. Se uso il termine consapevolezza, che in genere fa venire l'orticaria a molti nostri interlocutori abituati a mettere da parte l'uso della ragione - non credo ci sia bisogno del dizionario e non è nemmeno un termine esclusivamente teologico - vuol dire che nel discorso che faccio sono presenti sia la dimensione intellettiva che quella spirituale, entrambe caratterizzanti l'essere umano discretamente evoluto.

Molte volte mi si è obiettato, sempre dai cosiddetti postconciliari: "Poi che significa "partecipazione con tutto il suo essere" in concreto? solo essere presenti a livello fisico, psicologico, intellettuale, spirituale o anche "fare" qualcosa? che so: cantare, rispondere , svolgere un ministero eventualmente, e questo sia come singolo che come assemblea."

In quanto ho espresso non mi pare risulti 'strano' che possa significare tutto quanto esplicitato in concreto qui sopra; la differenza tra il Vetus ed il Novus Ordo è che tutte queste cose accadono, ma in maniera molto differenziata sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Mi spiego meglio: Se partecipo ad una celebrazione Novus Ordo ’sembra’ che la partecipazione sia maggiore, perché questa prevede maggiori spazi alle risposte, alle Letture se sono un "lettore", alle monizioni, ad altri atti propri della liturgia, che configurano un ‘fare’… in questo caso la partecipazione è veramente actuosa se a questo ‘fare’, qualunque esso sia, corrisponde anche tutta la consapevolezza di cosa accade (non solo di cosa sto facendo) e la capacità partecipativa (disposizione interiore). Se partecipo ad una celebrazione Vetus Ordo, apparentemente, ‘faccio’ molto meno perché le risposte sono di meno, i canti anche, ma non sempre è un male ;)

Ma davvero ‘fare’ è soltanto quello che si compie materialmente? In realtà è più presente la dimensione del Mistero, quella del silenzio, dell’Adorazione… Non si vorrà sostenere che nel vivere consapevolmente e profondamente queste dimensioni, rapportate al momento e all’atto liturgico che si compie, c’è solo ‘passività’! Forse nel mio intimo accadono molte più cose - e non sto parlando in termini ’spiritualisti’ o intimistici, ma dico quello che davvero succede - che poi si traducono in vita… perché ci sono momenti così intensamente vissuti alla Presenza del Signore che quello che sei: difficoltà, problemi, resistenze, doni e altro… di una persona-in-relazione, ti si svelano e non possono rimanere gli stessi se ti esponi all’azione dello Spirito, che coinvolge te e contemporaneamente l’Assemblea di cui fai parte, che oltretutto non ha confini, perché si estende alla Chiesa di ieri di oggi e di domani…Mi stupisce che discorsi come questo, che forse non si fanno abbastanza, tanto siamo proiettati unicamente nel ‘fare’ materiale - che non sottovaluto, ma che non assolutizzo - possano sembrare complicati anche per dei sacerdoti, cosa che ho dovuto constatare con doloroso rammarico...

Concludo con alcune parole del card Ratzinger stralciate da: Introduzione allo spirito della liturgia, e con due brani della Sacramentum Caritatis:

Il Concilio Vaticano II ci ha proposto come pensiero guida della celebrazione liturgica l'espressione participatio actuosa, partecipazione attiva di tutti all'Opus Dei, al culto divino. Ciò a buon diritto: il Catechismo della Chiesa Cattolica, difatti, sottolinea che l'espressione riguarda il servizio comune, si riferisce, cioè, a tutto il popolo santo di Dio (cfr. CCC 1069).
In che cosa consiste, però, questa partecipazione attiva?
Che cosa bisogna fare?
Purtroppo questa espressione è stata molto presto fraintesa e ridotta al suo significato esteriore, quello della necessità di un agire comune, quasi si trattasse di far entrare concretamente in azione il numero maggiore di persone possibile il più spesso possibile.
La parola "partecipazione" rinvia, però, a un'azione principale, a cui tutti devono avere parte. Se, dunque, si vuole scoprire di quale agire si tratta, si deve prima di tutto accertare quale sia questa "actio" centrale, a cui devono avere parte tutti i membri della comunità. Lo studio delle fonti liturgiche permette una risposta che, forse, in un primo tempo può sorprendere, ma che è del tutto ovvia se si prendono le mosse dai fondamenti biblici su cui abbiamo riflettuto nella prima parte.
Con il termine "actio", riferito alla liturgia, si intende nelle fonti il canone eucaristico. La vera azione liturgica, il vero atto liturgico, è la oratio: la grande preghiera, che costituisce il nucleo della celebrazione liturgica e che proprio per questo, nel suo insieme, è stata chiamata dai Padri con il termine oratio. Questa definizione era corretta già a partire dalla stessa forma liturgica, poiché nella oratio si svolge ciò che è essenziale alla liturgia cristiana, perché essa è il suo centro e la sua forma fondamentale. La definizione dell'Eucaristia come oratio fu poi una risposta fondamentale tanto per i pagani che per gli intellettuali in ricerca. Con questa espressione si diceva infatti a quelli che erano in ricerca: i sacrifici di animali e tutto ciò che c'era e c'è presso di voi e che non può appagare nessuno, sono ora liquidati. Al loro posto subentra il sacrificio-parola. Noi siamo la religione spirituale, in cui ha luogo il culto divino reso per mezzo della parola; non vengono più sacrificati capri e vitelli, ma la parola viene rivolta a Dio come a Colui che sostiene la nostra esistenza e questa parola si unisce alla Parola per eccellenza, al Logos di Dio che ci innalza alla vera adorazione. Forse è utile osservare anche che la parola oratio all'inizio non significa "preghiera" (per questo esisteva il termine prex), ma il discorso solenne tenuto in pubblico, che ora riceve la sua più alta dignità per il fatto che si rivolge a Dio, nella consapevolezza che esso proviene da Dio stesso e da Lui è reso possibile.
Ma finora abbiamo solamente accennalo a ciò che è centrale. Questa oratio - la solenne preghiera eucaristica, il "canone" - è davvero più che un discorso, è actio nel senso più alto del termine. In essa accade, infatti, che l’actio umana (così come è stata sinora esercitata dai sacerdoti nelle diverse religioni) passa in secondo piano e lascia spazio all’actio divina, all'agire di Dio. In questa oratio il sacerdote parla con l'io del Signore - "questo è il mio corpo", "questo è il mio sangue" - nella consapevolezza che ora non parla più da se stesso, ma in forza del sacramento che egli ricevuto, che diventa voce dell'altro che ora parla e agisce. Questo agire di Dio, che si compie attraverso un discorso umano, è la vera "azione", di cui tutta la creazione è in attesa: gli elementi della terra vengono trans-sustanziati, strappati, per cosi dire, dal loro ancoraggio creaturale, ricompresi nel fondamento più profondo del loro essere e trasformati nel corpo e nel sangue del Signore. Il nuovo cielo e la nuova terra vengono anticipati.
La vera "azione" della liturgia, a cui noi tutti dobbiamo avere parte, è azione di Dio stesso. E questa la novità e la particolarità della liturgia cristiana: è Dio stesso ad agire e a compiere l'essenziale. Egli introduce la nuova creazione, si rende accessibile, così che noi possiamo comunicare con Lui in maniera del tutto personale, attraverso le cose della terra, attraverso i nostri doni.



Sacramentum caritatis - Autentica partecipazione
52. Il Concilio Vaticano II aveva posto giustamente una particolare enfasi sulla partecipazione attiva, piena e fruttuosa dell'intero Popolo di Dio alla Celebrazione eucaristica.(155) Certamente, il rinnovamento attuato in questi anni ha favorito notevoli progressi nella direzione auspicata dai Padri conciliari. Tuttavia, non dobbiamo nasconderci il fatto che a volte si è manifestata qualche incomprensione precisamente circa il senso di questa partecipazione. Conviene pertanto mettere in chiaro che con tale parola non si intende fare riferimento ad una semplice attività esterna durante la celebrazione. In realtà, l'attiva partecipazione auspicata dal Concilio deve essere compresa in termini più sostanziali, a partire da una più grande consapevolezza del mistero che viene celebrato e del suo rapporto con l'esistenza quotidiana. Ancora pienamente valida è la raccomandazione della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, che esortava i fedeli a non assistere alla liturgia eucaristica « come estranei o muti spettatori », ma a partecipare « all'azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente ».(156) Il Concilio proseguiva sviluppando la riflessione: i fedeli « formati dalla Parola di Dio, si nutrano alla mensa del Corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per mezzo di Cristo Mediatore siano perfezionati nell'unità con Dio e tra di loro ».(157)

Catechesi mistagogica
64. La grande tradizione liturgica della Chiesa ci insegna che, per una fruttuosa partecipazione, è necessario impegnarsi a corrispondere personalmente al mistero che viene celebrato, mediante l'offerta a Dio della propria vita, in unità con il sacrificio di Cristo per la salvezza del mondo intero. Per questo motivo, il Sinodo dei Vescovi ha raccomandato di curare nei fedeli l'intima concordanza delle disposizioni interiori con i gesti e le parole. Se questa mancasse, le nostre celebrazioni, per quanto animate, rischierebbero la deriva del ritualismo. Pertanto occorre promuovere un'educazione alla fede eucaristica che disponga i fedeli a vivere personalmente quanto viene celebrato. Di fronte all'importanza essenziale di questa participatio personale e consapevole, quali possono essere gli strumenti formativi adeguati? I Padri sinodali all'unanimità hanno indicato, al riguardo, la strada di una catechesi a carattere mistagogico, che porti i fedeli a addentrarsi sempre meglio nei misteri che vengono celebrati.(186) In particolare, per la relazione tra ars celebrandi e actuosa participatio si deve innanzitutto affermare che « la migliore catechesi sull'Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata ».(187) Per natura sua, infatti, la liturgia ha una sua efficacia pedagogica nell'introdurre i fedeli alla conoscenza del mistero celebrato. Proprio per questo, nella tradizione più antica della Chiesa il cammino formativo del cristiano, pur senza trascurare l'intelligenza sistematica dei contenuti della fede, assumeva sempre un carattere esperienziale in cui determinante era l'incontro vivo e persuasivo con Cristo annunciato da autentici testimoni. In questo senso, colui che introduce ai misteri è innanzitutto il testimone. Tale incontro certamente si approfondisce nella catechesi e trova la sua fonte e il suo culmine nella celebrazione dell'Eucaristia. Da questa struttura fondamentale dell'esperienza cristiana prende le mosse l'esigenza di un itinerario mistagogico, in cui devono sempre essere tenuti presenti tre elementi.
....

giovedì 22 gennaio 2009

SIA LODATO DIO! SIA LODATO DIO! LA SAN PIO X E' STATA FINALMENTE ACCOLTA!


Fonte: Papa Ratzinger Blog

Te Deum laudámus: * te Dóminum confitémur.
Te ætérnum Patrem, * omnis terra venerátur.
Tibi omnes ángeli, *
tibi cæli et univérsæ potestátes:
tibi chérubim et séraphim *
incessábili voce proclamant:

Sanctus, * Sanctus, * Sanctus *
Dóminus Deus Sábaoth.
Pleni sunt cæli et terra * maiestátis glóriæ tuae.
Te gloriósus * Apostolórum chorus,
te prophetárum * laudábilis númerus,
te mártyrum candidátus * laudat exércitus.
Te per orbem terrárum *
sancta confitétur Ecclésia,
Patrem * imménsæ maiestátis;
venerándum tuum verum * et únicum Fílium;
Sanctum quoque * Paráclitum Spíritum.

Tu rex glóriæ, * Christe.
Tu Patris * sempitérnus es Filius.
Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem, *
non horruísti Virginis úterum.
Tu, devícto mortis acúleo, *
aperuísti credéntibus regna cælórum.
Tu ad déxteram Dei sedes, * in glória Patris.
Iudex créderis * esse ventúrus.
Te ergo, quæsumus, tuis fámulis súbveni, *
quos pretióso sánguine redemísti.
ætérna fac cum sanctis tuis * in glória numerári.

Salvum fac pópulum tuum, Dómine, *
et bénedic hereditáti tuæ.
Et rege eos, * et extólle illos usque in ætérnum.
Per síngulos dies * benedícimus te;
et laudámus nomen tuum in sæculum, *
et in sæculum sæculi.
Dignáre, Dómine, die isto *
sine peccáto nos custodíre.
Miserére nostri, Dómine, * miserére nostri.
Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos, *
quemádmodum sperávimus in te.
In te, Dómine, sperávi: *
non confúndar in ætérnum.

ORA FRATELLI DELLA SAN PIO X, AIUTATECI!

RINGRAZIAMO TUTTI LA MADONNINA DI FATIMA! E vedete: il diavolo fa le pentole ma non i coperchi!!

mercoledì 21 gennaio 2009

Se l'errante sono io...


Amici,

i recenti avvenimenti che hanno visto l'ingresso del cammino NC a pieno titolo nella Chiesa, con l'approvazione - sia pur sub condicione da parte del Papa, dal momento che egli che ha espressamente dichiarato: "L’unità dei discepoli del Signore appartiene all’essenza della Chiesa ed è condizione indispensabile perché la sua azione evangelizzatrice risulti feconda e credibile" - ci inducono ad un nuovo 'punto nave' della situazione, per definire e inquadrare il nostro impegno nell'obbedienza: alla Verità ed alla Chiesa di Cristo e al Suo Vicario, che ne devono essere i custodi.

Per "fare di ogni comunità un’articolazione viva e ben inserita nel Corpo mistico di Cristo", come espressamente richiesto dal Papa, sarà necessario che il Cammino rinunci alle sue pretese di elitarismo nonché di identità ambigua che, mentre dichiaratamente e formalmente si pone al servizio della Chiesa, di fatto tende a sovvertire i fondamenti del 'sensus fidei' cattolico sostituendoli con una nuova pseudo-rivelazione.

Non stiamo qui a ripercorrere tutti gli elementi portanti e le sfaccettature di questa affermazione - ampiamente documentata nel sito e confermata dai recenti atti della Convivenza di Porto S. Giorgio, da noi esposti e discussi in precedenti thread e da altre testimonianze altrettanto recenti - e riteniamo che sia intendimento del Papa ricondurre in un alveo cattolico questa "Fondazione", forse per il fatto che i suoi metodi risultano coinvolgenti e ne sono stati minimizzati o addirittura omessi gli atti di disobbedienza e gli effetti deleteri sulle persone.

Gli ultimi thread hanno realisticamente affrontato alcuni aspetti concreti della nuova pastorale che vedrà coinvolte molte parrocchie romane, rivisitando e ricordando i rischi di fagocitamento di ogni tipo di pastorale diocesana, alla quale i NC dovrebbero invece adeguarsi secondo le parole del Santo Padre.
Alcuni di noi, nel continuare su questa strada, vedono nella nostra azione di 'sentinelle' e di 'osservatorio' della realtà concreta così come andrà configurandosi e come ci sarà dato verificare, il rischio di non assecondare la volontà del nostro Papa.

A titolo personale ritengo di non correre questo rischio, perché il Papa richiama all'unità e ricorda che il Cammino è "una delle tante vie" suscitate dal Concilio e non la "nuova Chiesa" dallo stesso rifondata come predicato fino ad oggi. E' esattamente quello che ho sempre sostenuto, non per portare avanti una mia opinione personale o reazioni emotive ancora legate all'esperienza del Cammino - abbandonato in quanto riscontrato difforme dalla Chiesa cattolica nei termini ampiamente documentati e sviluppati sul sito, dei quali al momento presente non è possibile dare alcuna smentita riferita a cambiamenti sostanziali intervenuti negli insegnamenti e nella prassi - ma per amore della Verità e per la Sua custodia e difesa, innanzitutto nel mio cuore e attraverso una conversione continua ad Essa, in base agli insegnamenti ricevuti dalla Chiesa di sempre.

Qualcuno ha osservato che questo può ingenerare 'chiusura' nei confronti del Cammino e non aiutare i NC ad integrarsi.

Ci ho riflettuto molto e devo osservare due cose:

1. E' un fatto che si continua a riscontrare, in presenza di fatti concreti, una sostanziale permanenza della identità del cammino e dei suoi comportamenti
2. E' maturata la consapevolezza che non è possibile aiutare l'integrazione di chi, in presenza della realtà di cui al punto 1), determinata dalla organizzazione verticistica del Cammino stesso e dalla persistenza dei suoi iniziatori sulle loro posizioni di sempre, non intende prendere in considerazione le direttive del Papa e del Magistero passato e presente e continua a portare avanti insegnamenti e metodi 'sposati' in pieno ed acriticamente assorbiti e fatti propri. Anche perché, molto realisticamente, ogni nostra affermazione supportata dagli insegnamenti evangelici e Magisteriali non può scalfire - come di fatto non l'hanno salfita fino ad oggi le direttive ben note e ripetutamente ricordate dei Papi - l'autorità indiscussa che hanno i catechisti-megafono potente ed efficace degli iniziatori

Date queste premesse, se chiusura c'è non è da parte nostra e non possiamo cominciare a vedere 'bianco' solo per un auspicio amorevole del Papa, quello che bianco NON E', a meno che davvero non si comincino a vedere segnali concreti di cambiamento... dei quali tuttavia finora non è dato prendere atto.

Inoltre, in coscienza, non mi sento di riconoscere che le critiche partano da miei preconcetti o da mie ferite: non credo di essere immune né dagli uni né dalle altre, che tuttavia credo sanate dalla misericordia del Signore e dalla vita di Fede viva seguìta all'allontanamento dal Cammino, avvenuto molti anni prima che iniziasse questo impegno, frutto della riprovazione di molti di noi di fronte agli stravolgimenti della realtà messi in atto da interviste e dichiarazioni - inequivocabilmente FALSE - successive alla famosa Lettera di Arinze.

Inoltre ancora faccio notare che l'alimentazione di questo blog, avviene con dati e fatti non costruiti da noi, ma tratti dagli accadimenti del momento, confrontati con la realtà che conosciamo e che sperimentiamo anche attraverso i post dei nostri interlocutori, nonostante recenti notevoli tentativi di 'mimetizzazione' in senso cattolico.

Per quanto mi riguarda e come già iniziato da qualche tempo, il nostro giro di boa consisterà nel continuare ad inquadrare la "Chiesa e il postconcilio" senza focalizzarci unicamente sul Cammino NC, ma senza perderne di vista gli sviluppi e le nuove realizzazioni sempre in confronto con il Magistero di sempre e senza nessuna chiusura nei confronti delle persone, ma senza alcuna tolleranza dell'errore, la cui confutazione è sempre prova di carità e di speranza per gli erranti. Se l'errante sono io, vi prego di correggermi...

lunedì 19 gennaio 2009

Che significa: "La Chiesa siamo noi"?

Kiko Argüello nell'intervista concessa alcuni giorni fa a Piermarini, da anni suo portavoce su RadioNC Vaticana:

"E anche pensiamo che oggi sia un evento storico per la Chiesa, perché è la prima volta nel Cammino che le comunità che hanno finito un lungo periodo di preparazione, di riscoperta del battesimo, si offrono alla Chiesa per partire ed evangelizzare le zone più difficili".


C'è una contraddizione nelle parole del Marrano critpo-giudeo - forse un lapsus freudiano! - dal momento che sono quarant'anni che si offrono (è un termine abusato per dire si impongono) alla Chiesa per la cosiddetta "nuova evangelizzazione": talmente nuova che, anziché essere quella di Cristo e dei suoi Apostoli, è quella Kicarmeniana, per nulla cambiata nonostante le direttive dei Papi (la Convivenza di porto S. Giorgio, di cui abbiamo documentato ampi stralci, docet)...

Più che altro è un evento storico per il cammino, perché con la 'migrazione' delle comunità, riesce ad imporle anche là dove sarebbe difficile reimpiantarle dall'inizio, dato che risulta da molte testimonianze che le nuove catechesi non hanno più l'impatto di una volta e si sta verificando la 'fusione' di molte di comunità.

Ecco, quindi, che si è data al Cammino la possibilità di espandersi anche in presenza di difficoltà di reperimento di nuovi adepti, forse anche per effetto delle numerose denunce e testimonianze tra cui le nostre... Proprio l'altro ieri le onde di Radio Maria, trasmettevano le voci spiegate di cantori NC, che rispondevano a un canto del loro iniziatore: "La Chiesa siamo noi"... Altro che "unità nella diversità" e "una delle tante vie", richiamati dal Papa nel suo recente discorso!

venerdì 16 gennaio 2009

MA E' STATO APPROVATO ANCHE LO SMANTELLAMENTO DELLE PARROCCHIE?

"Così arriviamo a un nuovo tipo di Parrocchia, una parrocchia atomica, costituita da piccole comunità cristiane, tutte in cammino di conversione, in cammino catecumenale... anche se voi avete comunità molto povere e non lo vedete ancora, credete che questo è vero, perché giungeremo a questo..." (Orientamenti alle equipes dei catechisti per le catechesi dell'annuncio)


Volendo essere chiari e coerenti, mettendo un po' da parte il politically correct, dovremmo dire che dopo il 13 giugno scorso e , a maggior ragione, dopo il 10 gennaio di quest'anno, anche il concetto stesso di Parrocchia deve aver avuto una correzione fortissima in senso neocatecumenale. In effetti la Chiesa NC si fonda, come ben si vede dal grafico che dai neocatecumenali viene solennemente e dettagliatamente proposto ai catechizzandi durante la " fase di conversione", su una struttura che della vecchia giurisdizione parrocchiale conserva ben poco. O stiamo sbagliando?

In effetti, tutte le parrocchie NC sono strutturate sul modello della figura inserita (scannerizzata dal testo originale), che - certo non ufficialmente - sarà imposto a tutta la Chiesa se riusciranno a proliferare come stanno tentando di fare tuttora. Noterete che non c'è spazio per nessun altro Gruppo né per nessun'altra realtà ecclesiale che, di fatto, nei loro insegnamenti sono pesantemente criticate e ritenute superate e da sostituire: altro che unità nella diversità come indicato dal Papa!

Forse siamo anche un pochino confusi, come gli oltre quattro milioni di persone che hanno lasciato scandalizzati il Cammino in questi quarant'anni, al termine dei quali solo 600.000 persone nel mondo (cifre ufficiali) restano ancora "in Cammino".

Si tratta però di 600.000 privilegiati, mentre i quattro milioni e passa di fuorusciti siamo evidentemente soltanto degli "sfigati" , o prede del demonio, per usare espressioni con cui spesso siamo apostrofati su questo blog: la seconda è destinata a tutti coloro che abbandonano il Cammino NC, ai quali viene minacciato che "se lasciano il Cammino, lasciano Cristo", ribadendo così l'elitarietà e l'unicità dello stesso e non certo il fatto che esso è "una delle tante vie" per la nuova evangelizzazione post-conciliare, come indicato dal Papa nel recente discorso del 10 gennaio.

Come si svilupperà il "nuovo corso" nella storia della Chiesa?

Per proseguire efficacemente la discussione mi servirò di un importante messaggio di Caterina integrato da alcune puntualizzazioni già emerse, ma da esplicitare con maggiore chiarezza perché riguardano la situazione attuale della Chiesa

Dunque Emma... quando si leggevano una volta i testi dei Pontefici ci insegnavano che questi NoN andavano interpretati a seconda della situazione, ma che così erano e basta, e così andavano applicati... poi sono venute le ENCICLICHE, se non erro dalla fine del '700 e da qui si diceva che tali encicliche andavano COMPRESE... ossia, a loro volta andavano SPIEGATE^___^
Le Udienze il Papa non le concedeva come siamo soliti vedere oggi... fu con san Pio X che si cominciarono a delineare degli incontri con i fedeli, il Papa allora solitamente improvvisava due parole... basandosi sul tema del momento, piccole catechesi che con Pio XII cominciarono ad assumere il volto che oggi conosciamo... Fu con Paolo VI che si avviò l'incontro del mercoledì e delle Udienze dette "particolari", ma solitamente non vi partecipava il Papa a queste, egli delegava qualche cardinale a seconda degli incontri... Giovanni Paolo II volle fare tutto personalmente...^___^

perchè questa cronistoria? perchè è importante per capire come vanno letti i discorsi del Pontefice ^___^ come vanno letti? ALLA LUCE DELLA TRADIZIONE DELLA CHIESA...^___^ non c'è altro da aggiungere... chi interpreta il Magistero Pontificio, il quale è costituito anche dai dicorsi fatti a gruppi di persone, senza considerare la Tradizione della Chiesa, commette un grave errore... e rischia di far dire al Papa ciò che non ha detto... questa regola di fatto vale per chiunque abbia un ruolo nella Chiesa, anche per un Catechista... è quella che il card. Bertone definisce EDUCAZIONE=CULTURA ECCLESIALE... se non ce l'hai fai dire ai testi della Chiesa quello che vuoi ma spesso al di fuori della canonicità o della verità stessa, se ce l'hai allora riesci a comprendere che il Papa non sta affatto imponendo alla Chiesa alcun Cammino semplicemente perchè la Chiesa è già IL CAMMINO per eccellenza, e che il CN, nel nostro caso, è richiamato dal Papa A COLLABORARE DENTRO...^__^

Il Papa NON vuole più collaboratori ESTERNI: la sua preoccupazione, che sta sfociando in questa RIFORMA LITURGICA, ci dice chiaramente che egli sta tentando di riportare all'ortodossia tutte le comunita' parrocchiali al cui interno si trovano appunto anche i NC... ma non solo loro ^___^ E' ovvio che la prima cosa che i NC avrebbero detto dopo quell'incontro sarebbe stato un Urrà, ma cosa succede dopo LA SBORNIA? ^___^ Non era certo ubriaco il Papa, bensì molti del CN che saranno andati li in san Pietro per fare cosa? due possibilità:

1) o VEDERE PIETRO e applaudirlo e allora siamo all'idolatria della Persona;
2) o per ASCOLTARE PIETRO e ricevere un incoraggiamento...

e allora nel primo caso lasciamo perdere non ci sono risposte... ma nel secondo caso attenta, LA PAROLA SEMINATA DAL PAPA HA UN VALORE PARTICOLARE PERCHE' E' SOSTENUTA DALLA PREGHIERA DI GESU', Luca cap. 22,33 ^__^ in questo confermare NON c'è l'elogio, MA LA CATECHESI... E' LA FEDE DI PIETRO A CRISTO CHE DEVE ESSERE CONFERMATA, NON ALTRE PROFESSIONI, comprendi? Può dunque Pietro, oggi con Benedetto XVI, aver confermato con una diversa Professione di fede? ^___^ Se per te lo ha fatto allora abbiamo un Papa eretico... ti pare possbile in Benedetto XVI dopo quanto sta facendo con la Liturgia? ^___^ il termine eresia significa appunto credere in qualcosa di diverso da ciò che si deve professare...

Un sacerdote ieri mi criticava l'incontro del Papa con il CN di sabato, peccato però che non è per me credibile, perchè egli critica anche la Riforma di Benedetto XVI sulla Messa... comprendi in quale grave situazione ci troviamo? Un conto dunque che il Papa possa deludere nelle manifestazioni, altra cosa è nel pretendere che il Papa nei suoi incontri dica quello che NOI vogliamo sentire dire ^___^

Un esempio? prendiamo i Vangeli... delle volte divento matta e dico a Gesù: "Signore, certo che potevi sforzarti di più e farci capire meglio cosa intendevi....qui chiunque può interpretare come vuole queste tue parole!!!" ^___^ Poi una voce nel cuore mi rassicura: "Caterì, ti ho dato LA CHIESA, TI HO DATO IL PAPA CHE AMI TANTO, HAI LA TRADIZIONE, HAI IL DEPOSITO DELLA FEDE DAL QUALE ATTINGERE, perchè perdi fiducia?"^___^ si perde fiducia, cara Emma, quando si avanza con le sole proprie forze... quando si da fiducia solo a sè stessi... e di fatto.... abbiamo avuto le eresie, i Protestanti... LE CONTESTAZIONI... Io sono SCANDALIZZATA dall'arroganza, dalla superbia e della presunzione di Kiko che in qualità di fondatore offende la Chiesa, si prende gioco del Pontefice, offusca la TRADIZIONE E IL DEPOSITO DELLA FEDE... per esempio; ma se gli vorrò BENE nel senso che Gesù e la Chiesa mi insegnano, allora LUI e chi mi fu di scandalo PAGHERA' A CARO PREZZO: lo ha detto Gesù ^___^ per questo nutro l'ottimismo e mai il pessimismo... Gesù dice che gli scandali SONO NECESSARI ma guai a colui per il quale lo scandalo avviene... sarà lui a pagare... non è il Papa in difetto, per quanto i suoi atteggiamenti possono non piacerci o possono essere incomprensibili, lo scandalo lo da chi offusca il Magistero Ecclesiale... chi va dal Papa per FARSI VEDERE... cosa risponde Gesù a questi farisei che andavano in piazza PER FARSI VEDERE?: IN VERITA' VI DICO, HANNO GIA' RICEVUTO LA LORO RICOMPENSA...^__^ Lo stesso Gesù ripete a chi va DAL SUO VICARIO PER FARSI VEDERE... per dire "ecco avete visto? il Papa è con me!!" ignorando poi I CONTENUTI DELLE CATECHESI DEL PAPA...

un altro esempio? Il Papa parla al CN solo quando incontra loro o quando parla anche il Mercoledì, le Domeniche all'Angelus e quando ha occasione d altri discorsi pubblici o scritti nel Magistero Ecclesiale?^__^ sembrerebbe che al CN interessi solo quelle pagine in cui il Papa PARLA DI LORO, poi tutto il resto diventa inesistente... ecco il FARSI VEDERE quando si sottolinea esclusivamente questo aspetto del Pontefice... Ma di tutto ciò non ne ha colpa il Papa...^__^
Ciao CaterinaLD
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OK, Caterina: il Papa predica bene, mentre i NC razzolano male. La nostra funzione è continuare a verificare cosa davvero succede per mettere in guardia chi potrebbe cascarci.

E' certo che il discorso si allarga anche al resto della Chiesa nella quale le derive moderniste hanno operato una protestantizzazione selvaggia e il Papa sta cercando di recuperare proprio questo aspetto gravissimo della diluizione, per non dire della perdita dell'identità cattolica determinata dall'applicazione di un "falso spirito del concilio".
Sono DUE gravi e seri problemi, perché minano il cattolicesimo dall'interno anche perché - non nascondiamocelo - i NC operavano dall'interno come Chiesa fin dai primordi, avallati dalla famosa "nota laudatoria" di Bugnini (!?) degli anni '70.

Ma c'è una differenza: la teologia del Cnc non deriva solo dal modernismo insito nelle arbitrarie applicazioni dello "spirito del concilio", che ha in qualche modo favorito il proliferare del Cammino stesso, ma dalla pseudo-rivelazione giudeo-luterano-gnostica del Marrano cripto-giudeo che ne è l'iniziatore; ed inoltre sono stati introdotti metodi e prassi che costituiscono un aggravamento e problemi supplementari. E molte persone ne vengono sviate rimanendone vittime, se non si insiste nel dare una informazione corretta.
Se poi ci sarà dato registrare cambiamenti - non isolati e possibilmente non solo formali come finora - conformi alle direttive del Papa, ben vengano... saremo felici di constatarlo! Dal comportamento degli iniziatori in S.Pietro e dalle recenti dichiarazioni da loro fatte sembrerebbe impossibile; ma non mettiamo limiti alla Provvidenza e vedremo
...

mercoledì 14 gennaio 2009

Il cammino NC farà la sua parte?

Credo che possiamo efficacemente riprendere la nostra discussione dalla seguente risposta di Caterina a "Roma locuta", completa, concreta e che tocca molti punti nevralgici

1) la Comunione Ecclesiale non è solo un punto legato all'obbedienza materiale al Vescovo ed alla Pastorale Diocesana, la Comunione Ecclesiale richiesta dal Papa si attua per mezzo dell'EUCARESTIA... non a caso il Papa sta portando avanti UNA RIFORMA LITURGICA, e poichè anche al CN ha fatto riferimento di GUARDARE A ROMA QUALE MODELLO, il CN sarà intenzionato a sostenere la Riforma Liturgica di Benedetto XVI? altrimenti qui si rischia di andare ad idolatrare la Persona, ma ignorandone le disposizioni ecclesiali valide per l'unità.^___^
Non chiamarmi "anticatecumena" però...^__^ non mi si addice è fuorviante dal momento che il catecumenato esiste nella Chiesa da 2000 anni prima dell'arrivo di Kiko e che è una realtà vissuta anche dai Domenicani dei quali faccio parte com laica da 15 anni ^___^, per il resto concordo...

2) l'obiettività e l'equilibrio è indispensabile, ti ringrazio per aver fatto questo richiamo... ^___^ Guai a vanificare gli sforzi del Papa... sia da parte nostra quanto vostra ma come vedi, ahimè, si parla di "noi e voi", resta palese dunque che il richiamo del Papa all'Unità è una realtà che sottolinea la sua carenza da parte del CN... coraggio allora, fatti promotore nel tuo CN del messaggio del Papa e troverai in me (in tutti noi -ndr) una onesta alleata... ^___^

3) NO! NON dobbiamo smettere di correggerci^__^, ovvio che no.. ma come giustamente osservi occorre NON un altro SPIRITO (vi prego quando parliamo di Spirito Santo e di Spirito che illumina, parliamo sempre della Terza Persona della Trinità UNICO DIO, ergo, maiuscolo, grazie!^___^) non dunque un altro Spirito poichè esso E' UNO SOLO E SEMPRE IL MEDESIMO DIO, nel Credo diciamo che che adorando il Padre e il Figlio anch'Egli viene GLORIFICATO in eguale misura, così quando adoriamo il Padre avviene che adoriamo il Figlio e viceversa...^__^ ed è il medesimo Spirito che ha PARLATO... ergo non un altro Spirito ma bensì abbiamo ENTRAMBI bisogno di accogliere questo Spirito NELL'UNITA' ECCLESIALE, questo ha detto il Papa sabato al CN ed anche a NOI!
l'Unità Ecclesiale la si applica con l'obbedienza non nella creatività... non in ciò che tu stesso condanni: LE PROPRIE IDEE... in tema liturgico, di conseguenza, è necessario PARLARE CON LA MEDESIMA DOTTRINA, altrimenti NON ci sarà mai unità...^__^ Ma mentre "NOI", colpevoli di difetti nei modi con i quali affrontiamo certi argomenti, siamo nell'unità ecclesiale, "VOI" difettate ancora mantenendo purtroppo non poche divisioni all'interno di varie Diocesi... Questo ha detto in sostanza il Papa nel raccomandare ai presbiteri del CN di attenersi ALLE DISPOSIZIONI DELLA SANTA SEDE E DEL VICARIO del Papa a Roma circa proprio LE CATECHESI... ^__^ è importante sottolineare che il Papa non ha fatto alcun riferimento alle catechesi di Kiko... bensì ha fatto un richiamo costante alle catechesi della Santa Sede e della Diocesi... Questo aspetto è di fondamentale importanza, spero che riusciate a comprenderlo^___^

4) concordo: il Papa non ha nè osannato il CN tanto meno intende fossilizzarlo... IL DIALOGO STA ALLA BASE DI OGNI ATTIVITA' ECCLESIALE... guai se venisse meno, per questo ti ringrazio per le parole che hai adoperato...^__^ Tuttavia non si tratta di togliere al CN il terreno parrocchiale, il problema è quando il CN TOGLIE ALLA PARROCCHIA la sua identità per rivestirla quale conquista del CN ^__^ questo è il problema... i parrocchiani NON SONO DELLE PREDE DA CATECHIZZARE...SONO GIA' DEI BATTEZZATI ^___^

diverso è CAMMINARE INSIEME rispettando di ognuno la propria indole e il PERSONALE CARISMA... è assai discutibile infatti che in 40 anni non sia emerso in tutto il CN UNA SOLA PERSONA con i tratti della SANTITA' tipica che ha sempre caratterizzato I SINGOLI all'interno delle proprie specifiche comunità... gli unici deificati e beatificati sono in sostanza i fondatori del CN ancora in vita... un caso eccezionale nella Chiesa che non è toccato neppure alla Chiara Lubich^__^ non so se mi spiego!

Insomma la nostra IDENTITA' E' CATTOLICA NON NC... siamo già catecumeni... il Sacramento della Cresima è il sigillo di tutto questo percorso che non è la fine, bensì L'INIZIO nella Confermazione appunto delle Promesse Battesimali, la nostra cultura E' CATTOLICA NON kikiana o NC... non so se mi spiego...^__^ Questo è il problema fondamentale che se aveste letto con attenzione tanti altri riferimenti di Ratzinger (anche da cardinale) quando parla della TRADIZIONE, sottolinea in riferimento proprio all'UNITA' ECCLESIALE ED ALLA NOSTRA CATTOLICITA' legata indissolubilmente alla Tradizione, altrimenti per quale motivo starebbe avanzando con la Riforma Liturgica CHIEDENDO ALLE PARROCCHIE DI RIMETTERE IL CROCEFISSO SUGLI ALTARI?

Ma ci sono troppi sordi nella Chiesa, troppi creativi, troppi maestri... chi aiuterà davvero il Papa nel suo difficile ministero e nella Riforma? Il CN farà la sua parte dando per primo dimostrazione di tale obbedienza per AMORE?

martedì 13 gennaio 2009

Il Presidente della Fondazione Nc vs La Realtà dei fatti.L' Intervista...

Merita di essere letta l'intervista uscita su Radio Vaticana. Sapete chi è l'intervistatore? Piermarini! ^_^

In ogni caso, è indicativa. E conferma ciò che abbiamo già avuto modo di analizzare. Ma soprattutto conferma come la Realtà dica una cosa e il Presidente della Fondazione Nc un'altra. Ma questo quanto "frutti" potrà dare? E' il discorso che facevamo prima. Davanti alle sempre più evidenti incongruenze e contraddizioni con la realtà e la Chiesa, il CnC che aspetto mostrerà? A maggior ragione ORA, che non può più essere trattata come una "associazione" privata anche se di fatto continua ad operare come tale... Ma anche questo, potrà continuare SENZA problemi?


Fonte Radio Vaticana

"I frutti del cammino neocatecumenale: messi in luce dal Papa nel discorso per i 40 anni della prima comunità a Roma"

Commento: Già il titolo mostra una faziosità non indifferente. Il Papa ha "confermato" questi "frutti" dopo che per mezz'ora Kiko ne ha fatto sfoggio. Poi si parte con una "sintesi" del discorso del Papa, che estraggo in punti che mi hanno colpito

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Ricordata poi l’approvazione degli Statuti.

“La recente approvazione degli Statuti del ‘Cammino’ è venuta a suggellare la stima e la benevolenza con cui la Santa Sede segue l’opera che il Signore ha suscitato attraverso i vostri Iniziatori”.

Commento: Qui c'è un grosso "errore". E' SPARITO il riferimento del Pontefice al fatto che l'Approvazione è stata opera del PCL. Se è una "sintesi" ed una omissione da "riassunto", come molti penseranno, perchè è "sparita" proprio quella frase?

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“L’inserimento organico del ‘Cammino’ nella pastorale diocesana e la sua unità con le altre realtà ecclesiali – ha aggiunto – torneranno a beneficio dell’intero popolo cristiano, e renderanno più proficuo lo sforzo della Diocesi teso ad un rinnovato annuncio del Vangelo in questa nostra Città”. Ricordato dal Papa anche il frutto rappresentato dai tanti sacerdoti, “una vera primavera di speranza per la comunità diocesana di Roma e per la Chiesa!” e ribadito il mandato missionario.

Commento: e la necessità, anzi CONDIZIONE INDISPESABILE, che i Sacerdoti del RM siano formati secondo le normative universali dei Seminari e che si inseriscano nella Pastorale Diocesana in modo unitario? Anche questa frutto della "sintetizzazione"? Che coincidenza.. Ribadito il "mandato missionario"? Ma dove? Quando? MAH!

Kiko Argüello:
“E anche pensiamo che oggi sia un evento storico per la Chiesa, perché è la prima volta nel Cammino che le comunità che hanno finito un lungo periodo di preparazione, di riscoperta del battesimo, si offrono alla Chiesa per partire ed evangelizzare le zone più difficili”.


Un incontro di gioia e ringraziamento, dunque, come testimonia il canto finale del Te Deum.

Commento: E tutto le altre parti dell'Incontro? Sarà colpa della sintesi...

Roberto Piermarini ha chiesto all’iniziatore del Cammino neocatecumenale Kiko Arguello, cosa ha rappresentato per la Chiesa universale in questi 40 anni questa esperienza ecclesiale


R. – La cosa più importante è l’iniziazione cristiana che si apre nelle parrocchie, come un itinerario di ritorno per i lontani dalla Chiesa. Oggi, di fronte a tutta la secolarizzazione e al cambiamento globale del mondo, pensiamo sia molto importante aiutare i cristiani nelle parrocchie perché abbiano una fede più adulta. Questo credo che sia molto importante per la Chiesa.


Commento: la Chiesa ha una Pastorale Universale di Iniziazione e il Papa ha chiesto venga attuata questa. Bisognerebbe aiutare i CATTOLICI ad avere la Fede "come un Bambino", come dice il Vangelo!

D. – L’approvazione degli Statuti, lo scorso anno, ha dato nuovo impulso al Cammino Neocatecumenale?

R. – Senza dubbio è stato per noi una conferma meravigliosa: dopo tante sofferenze, dopo tanto lavoro in tutto il mondo, alla fine siamo stati riconosciuti dalla Santa Sede come una modalità diocesana di iniziazione cristiana, messa al servizio dei vescovi; uno strumento per la nuova evangelizzazione.

Commento: MAH....


D. – Come è nata l’ispirazione di inviare nelle parrocchie, alla periferia di Roma, comunità che hanno terminato il loro itinerario neocatecumenale?

R. – Possiamo dire che noi non abbiamo progettato nulla, siamo sempre un poco come i figli di Abramo che la lascia la sua terra e sempre segue il piano di Dio. Anche noi ci troviamo a seguire gli eventi che Dio sta preparando. Per esempio, la prima volta che si è realizzata una cosa simile è stata a Parigi quando l’allora cardinale Lustiger, nominò parroco il presbitero della comunità neocatecumenale della parrocchia molto borghese di “Saint’Honoré de l’eau”, in una zona completamente piena di extracomunitari di Parigi, e anche in un ambiente di prostitute, di transessuali, nella parrocchia della “Bonne Nouvelle”. Trovando difficoltà a mandare lì altri preti, perché in quella parrocchia non c’erano praticamente cattolici e visto che la parrocchia era molto difficile, chiese alla comunità neocatecumenale di Saint-Honoré di accompagnare il loro presbitero alla “Bonne Nouvelle”. All’inizio, noi non abbiamo capito questa richiesta, ma poi abbiamo visto che è stato provvidenziale perché i fratelli hanno trovato un appartamento vicino a quella zona, hanno iniziato ad annunciare il Vangelo nelle case e oggi la parrocchia è rifiorita: hanno più di sette comunità con molti lontani, eccetera. Questo, da un lato. Il secondo evento è stato che noi a Roma abbiamo parrocchie che hanno 28 comunità, 25 comunità, una cosa enorme, e ci sono altre parrocchie in cui i presbiteri si trovano in difficoltà soprattutto perché sono pieni di migranti. Abbiamo pensato che forse è arrivato il momento, come dice il Vangelo, che “chi ha due tuniche ne dia una a chi non c’è l’ha” e che le parrocchie che hanno molte comunità, ne avrebbero potuto inviare alcune per aiutare queste parrocchie in periferia. E così, abbiamo radunato i parroci, abbiamo radunato i responsabili e tutti erano completamente d’accordo. Abbiamo parlato con il cardinale vicario Vallini, che è stato molto contento, e anche con il Santo Padre. E adesso, abbiamo già le prime 14 comunità che partono per le zone più difficili di Roma. E questo “esperimento missionario” lo stanno aspettando anche in tante altre parti del mondo: anche a Madrid ci sono molte periferie piene di migranti e se non si aiutano questi migranti, sono presi dalle sette o sono attratti dall’ambiente completamente secolarizzato.


Commento: ma come? Non era il Papa che ha voluto inviare le comunità? Tutti erano completamente d'accordo? Quindi, Signor Kiko, la proposta l'hai fatta tu? E chi era "d'accordo"? Per portare quale "pastorale"? Il Papa chiede che attuiate la Pastorale Diocesana di Iniziazione...

D. – In San Pietro verranno inviati anche 14 “Missio ad gentes”. Si inizia a vedere anche qualche frutto della missione “ad gentes” nelle zone più scristianizzate d’Europa?

R. – Il Papa ha inviato le prime sette “Missio ad gentes” due anni fa; abbiamo pensato, per esempio, alla città dell’ex DDR, Germania dell’Est, ex-comunista, che si chiamava “Karl-Marx-Stadt”, e che oggi è tornata a chiamarsi “Chemnitz”, che è un esempio di quello che ha fatto il comunismo. Anche dopo la caduta del Muro di Berlino la verità qual è? Che oggi è una città senza lavoro, è tutto un fallimento. Ma la cosa più terribile è che 70 anni di comunismo hanno distrutto la fede: in quasi tutte le parrocchie protestanti – in maggioranza luterane - oggi non c’è quasi nessuno, e nemmeno nelle parrocchie cattoliche. Perché in questa città il 98% della gente non è battezzata. Abbiamo scelto Chemnitz per questo. Abbiamo parlato con il vescovo cattolico che è stato molto contento dell’aiuto che avremmo dato. Abbiamo fondato due “Missio ad gentes”. Cosa vuol dire: “Missio ad gentes”? E’ una forma nuova della presenza della Chiesa, non è esattamente una parrocchia ma è quasi come una parrocchia: è una missione. E la bellezza di questa missione è che non si parte dal tempio, ma si parte, come la Chiesa primitiva, da una comunità cristiana come il tempio di Cristo, come il corpo di Cristo risorto. Sono partite quelle famiglie che hanno già concluso il percorso neocatecumenale, piene di figli adulti, e tutti loro hanno accettato di cambiare università, casa, e andare in queste zone così difficili. Visitano le case, predicano per le strade, annunziano il kerygma e invitano la gente nelle proprie case ad “scrutare” la Parola di Dio, a conoscere Gesù Cristo e siamo molto contenti di come vanno le cose. Troviamo gente poverissima, gente distrutta, divorziata, gente alcolizzata… c’è una situazione, in Europa, catastrofica. La secolarizzazione sta portando ad un’apostasia totale e la gente che ha perso la fede è in una situazione di difficoltà grandissima. Così abbiamo voluto una “Missio ad gentes” anche ad Amsterdam. Il vescovo di Amsterdam ha voluto questa esperienza, in una città satellite alla periferia della città completamente nuova, fatta sulla carta, dove non c’è nessuna presenza di chiesa. Anche nel Sud della Francia, i vescovi del Sud della Francia, il vescovo di Avignone, di Montpellier, di Toulon, hanno voluto altre “Missio”, e siamo contenti: e lo sono anche i fratelli che sono lì i quali ripetono che stare in missione, anche se si soffre, è la cosa più bella e più grande della vita!

Commento: questo è un resoconto totalmente FUNZIONALE e cinico-politico. Si chiede un intervento sociologico o l'Annuncio del Cristo per mezzo della Sua Unica Chiesa Cattolica? Avete letto che "ingloba" nella "fede" la chiesa protestante? La "anti-secolarizzazione" è diventata il nuovo dio del cattolicesimo? Poi: il Papa non ha "inviato" le COmunità ma ha dato loro la sua Benedizione poichè partivano per iniziativa di Kiko...

D. – Quale contributo danno le famiglie in missione alla nuova evangelizzazione nelle diocesi dove vengono inviate su richiesta dei vescovi? Ne verranno inviate dal Papa oltre 200, di queste famiglie …

R. – Abbiamo tantissime famiglie già in missione, circa 700; tutti dicono grazie alle famiglie ed anche i vescovi – che le hanno richieste - restano impressionati del fatto che le famiglie, con tutti i figli, lasciano le loro comodità, le loro case, il lavoro, la macchina, e partano per zone completamente nuove, senza conoscere la lingua. In Cina, per esempio, abbiamo più di 50 famiglie. Lì ci dicono i vescovi che senza le famiglie sarebbe stato impossibile evangelizzare, perché le famiglie aprono la strada a Gesù Cristo, perché la famiglia dà una vera testimonianza in quanto comunione di persone e immagine della Santissima Trinità. Questa è una cosa enorme! Anche le comunità in missione mostrano quello che dice Cristo: “Come il Padre ha inviato me, così io invio voi. Come tu Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi un cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”. Cioè arrivare a che una comunità viva la perfetta unità che c’è nella Trinità: questa è la testimonianza che sta aspettando il mondo.

Commento: Numeri e statistiche... Ecco il progetto di un'espansione...