martedì 31 luglio 2007

Il cammino Neocatecumenale è un movimento?

Superiamo l'impasse dell'articolo precedente e partiamo con una domanda.
Così scriveva Mic: "I neocatecumenali fino a poco tempo fa rifiutavano di essere considerati un movimento. Ultimamente, invece, per quell'opera di mimetizzazione ai fini dell'approvazione che abbiamo evidenziato, tendono a riferire a sé tutto quanto il Papa dice sui movimenti... un modo come un altro per darsi una bella reimbiancata che, forse potrebbe ahinoi, (ahinoi Chiesa, intendo) anche funzionare..."
Che ne pensate?
La domande sono due:
1. Il cammino NC è o non è un "movimento" e,
2. se davvero ora riconosce di esserlo, può bastare ai fini dell'approvazione?
Miriam

Riflessione sui movimenti

I movimenti hanno tutti un vizio d'origine. Non nascono dalla Chiesa gerarchica, come ogni forma di apostolato cattolico da 1965 anni a questa parte. Non seguono l'insegnamento evangelico, per cui l'apostolo fonda la comunità. In questo caso la comunità si fonda da sola, e poi, FORSE, chiede un parere all'apostolo. Se a voi sembra lo stesso...
Ma non è questa la cosa più importante. Venendo appunto dal basso, e non dall'alto, il movimento non ha il carattere di un'opera religiosa, ma di una opera laica, prestata alla religione. I movimenti, che piaccia o non piaccia, sono dei partiti politici. Non sono gli ordini, in cui uomini vengono autorizzati a vivere secondo una regola, per un fine comune. I movimenti sono aggregazioni ideologiche. Sono gruppi che perseguono una ideologia, che chiamano "carisma", e nel fare questo fanno parte della Chiesa. Lo scopo del movimento, qualunque esso sia, è quello di portare avanti la propria bandiera ideologica, al pari di un partito. E può andare bene, che il movimento sia fondato da un prete, con le sue idee ortodosse (tipo cl), oppure può andare male e finire in balia di pittori marxisti e di chimiche moderniste con seri problemi relazionali. E l'ideologia che si persegue, sarà di volta in volta falsata dal "carisma" del fondatore, ossia, dalle balzane idee che costui aveva in testa, su cosa pensava che la Chiesa fosse. Per cui abbiamo quelli che negano l'unicità della Chiesa di Cristo sussistente nella cattolica (focolarini, sant'egidio, ecc.) perchè secondo i fondatori, la chiesa è un "volemose bbene", abbiamo quelli che pensano che la chiesa sia la pantomima malfatta dell'interpretazione da ubriachi di qualche pazzoide che descriveva male la chiesa delle origini, sbagliando tutto (tipo neocatecumenali), abbiamo quelli che hanno una visione abbastanza sana, ma con qualche scivolone su politica, economia e senso di appartenenza (tipo cl). Eccetera eccetera.
Ovviamente, ognuno è responsabile delle proprie azioni, e ognuno usa il proprio cervello come meglio crede. Se uno fa il cammino e contesta le cazzate evidenti, non "ubbidisce" al catechista, si rifiuta di commettere abusi, rigetta le eresie dei mamotreti, allora, possiamo dire che è piuttosto responsabile, e non è un cialtrone. Sebbene vorrei sapere chi sia, nel caso che sia.
Alex

lunedì 30 luglio 2007

Banchetto o sacrificio?

Partiamo con questa testimonianza:
"Siamo arrivati al Vangelo per la prima prova di celebrazione della Messa antica. Due giovani Sacerdoti, provenienti dal Cammino Neocatecumenale, e dal loro Seminario Redemptoris Mater hanno iniziato a studiare il modus celebrandi la Messa antica. Sopra l'altare, ovviamente ad Crucem, lo schermo con la proiezione del DVD "Celebrer la Messe de toujours" più volte interrotto e ripetuto. Dopo due ore di studio, preceduto dalla recita della Sequenza Veni Sancte Spiritus e da alcune preghiere mariane, si è arrivati, come ho scritto prima, al Vangelo. Nessun trauma , solo tanta devozione e la convinzione che quel rito è un mezzo straordinario di santificazione : la cosa dovrebbe essere d'esempio per tutti !!!"

Io penso che per loro "Parigi val bene una Messa"!!! Lo sanno che l'Offertorio del VO parla esplicitamente di vittima? e sapete che fino a qualche anno fa avevano abolito il gloria il credo e l'Orate Fratres? E quanto all'offertorio credo sia ormai ben nota la catechesi eretica di Carmen...

Inserisco come esempio lampante un'obiezione neocatecumenale e il mio commento

""Le 4 orazioni fatte PRIMA, RIPETO PRIMA, dell'epiclesi ovvero del momento in cui si invoca la discesa dello spirito santo su pane e vino, sono già chiamate sacrificio, offerta. Chiaramente questo mostra un concetto di sacrificio tipico dell'AT (e su questo nessuno dica di più dopo essersi letto la LETTERA AGLI EBREI!!). Il sacerdote OFFRE IL SACRIFICIO quel pezzetto di pane...a nome di tutti, ma la chiama OSTIA che certo in italiano è la particola, ma in latino è hostia cioè VITTIMA SACRIFICALE!!!!!""

E' proprio questo il punto! Gesù non è venuto ad abolire l'A.T, ma a portarlo a compimento e non è la lettera agli Ebrei che dice che Lui è nello stesso tempo, altare, sacerdote, vittima e sacrificio, oltre che il "pastore bello"?
Se non comprendiamo più il senso di vittima sacrificale non comprendiamo più la nostra Fede e quello che il Signore ha detto, compiuto e ci ha lasciato! Se è vero che ogni cristiano - ed è questo il difficile ma nel Signore non impossibile - dovrebbe essere in Cristo Eucaristia vivente, ecco perché tutto sta andando a rotoli!
Adesso capite perché, molto luteranamente comincio a credere, hanno abolito tutte quelle stupende preghiere dell'Offertorio? E non dimentichiamo che in quel concetto di 'vittima' non c'è né ascesi imposta, né moralismo, né masochismo, c'è una Grazia operante. Cosa intendiamo allora quando diciamo "Agnello di Dio che togli (il verbo ebraico ha il significato di: alza prende su di sé per portar via) il peccato del mondo? Pensi che siamo chiamati a qualcosa di diverso? E in che modo posso 'portar via' il peccato mio e degli altri se non 'assumendomelo' e in qualche modo 'portandolo alzandolo' in offerta al Padre, nel mio Signore? Non sempre ci riesco e per questo sono una cristiana ancora in fasce... ma cos'altro è essere cristiani?
Miriam

lunedì 23 luglio 2007

Di nuovo per tener desta l'attenzione

Ancora una volta mi servo di un intervento di Arbiter per l'articolo di apertura della nuova pagina, perché fa il "punto nave" della situazione ed è bene che ripartiamo da qui

Cari amici,
non dobbiamo mai dimenticare che non abbiamo a che fare con un fenomeno religioso ordinario ma con la più organica, articolata, diffusa minaccia alla Chiesa cattolica dai tempi antichi: tale è il Cammino neocatecumenale e per grazia di Dio si sta cominciando a prenderne atto nelle stesse gerarchie, per lungo tempo sorde agli allarmi di santi sacerdoti come padre Zoffoli e don Conti.

Credo di aver evidenziato in altri post del perchè il Cammino non sia rapportabile agli altri movimenti ecclesiali, del perchè vada affrontato con un'analisi globale, del perchè richieda contromisure tanto chiare ed inequivoche quanto rigorose ed organiche da parte della Chiesa, per il livello di infiltrazione del movimento nel mondo cattolico, per la radicalità degli stravolgimenti posti in essere, per il potenziale distruttivo verso la stessa Chiesa.

Naturalmente, questo blog è una spina nel fianco per i neocatecumenali ed i loro simpatizzanti: per le cose che dice, per come le dice e perchè viene letto sia da laici che da sacerdoti, nel nostro Paese come all'estero. Ovvi sono pertanto i tentativi di introdurre confusione nella discussione: "Trucchi della Comunicazione", distorsioni e diversivi dall'obiettivo principale che è la pubblica denuncia dell'eresia neocatecumenale e delle aberrazioni ad essa correlate. Ovvie le accuse più strampalate: dal giustizialismo, al volersi sostituire alle gerarchie nel giudizio, all'essere il verbo di questa o quella fraternità, e così via, fino a scendere ai livelli più infimi con le offese ed oscenità vere e proprie.

Noi pensiamo di rendere un servizio di sensibilizzazione sul grave problema, per dovere di credenti e per condivisione della battaglia condotta in tale àmbito da veri e santi sacerdoti. Non siamo infallibili perchè l'errore è umano, ma non siamo neppure stolidamente accondiscenti verso quanti minano dalle fondamenta la Dimora di Nostro Signore e nel momento in cui lo fanno, nella loro distorsione coscienziale, pretendono addirittura di esserne considerati salvatori!

domenica 15 luglio 2007

Teniamo desta l'attenzione

Cari amici,
All'origine di tutta questa triste vicenda neocatecumenale talvolta appare delinearsi una oscura, sulfurea amnesia collettiva. E' come se duemila anni di esperienza storica, di battaglie e guerre fisiche e spirituali, di confronti e scontri dialettici per l'affermazione della fede siano rimasti come sospesi, inabili a far scorgere dietro la nebbia sollevata la natura reale dell'eresia che stava sbarcando nella Dimora di Dio.

La giustificazione spesso portata è che tutto è stato svolto in gran segreto, a cominciare dalla conoscenza della dottrina blasfema, e quando infine ci si è resi conto della situazione, il movimento era cresciuto troppo per frenarlo.

Tuttavia, sentinelle che hanno lanciato l'allarme per tempo ve ne sono state. Ma sono rimaste inascoltate e anche dileggiate o redarguite. Dobbiamo pertanto ammettere che alla base della espansione e del radicamento del Cammino neocatecumenale vi sono miopie, errori macroscopici e simpatie in buona o cattiva fede dentro la stessa Chiesa.

Quale la conseguenza? Che una volta lasciata costruire e consolidare la fortezza eretica e la campagna di reclutamento dei propri pretoriani, scudieri, palafrenieri, intellettuali e notabili, ma soprattutto con le armate degli adepti in ogni luogo, tutto è diventato difficile e complicato. Dove prima sarebbe bastato pronunciare un fermo e rigoroso "No" per bloccare il problema ab origine, ora sono mobilitate schiere di teologi per analizzare, confutare ed emendare le dottrine eretiche e altrettante di giuristi per sviscerare le questioni di diritto ecclesiastico.

Noi stessi, nel nostro piccolo, siamo impegnati a discernere, definire e smascherare la fisionomia proteiforme, camaleontica, dissimulatrice degli adepti che sotto varie forme e sintassi si presentano su queste pagine, a volte per confrontarsi e magari chiedere aiuto, altre per contestare, altre ancora per confondere e scompigliare le idee.

Nel frattempo la cittadella neocatecumanale ha continuato a crescere e svilupparsi, diffondendo per il mondo avamposti da cui continuano a fuoriuscire pretoriani e ministri rigorosamente formati secondo il loro insegnamento , con l'obiettivo di portare tra la gente la nuova religione e conquistare nuovi adepti.

Siamo ancora in tempo per fermare il caos dilagante? Basterà l'emendamento dei testi aberranti e la correzione dello statuto per riparare agli errori originari di sottovalutazione? Non sappiamo, in tutta coscienza. Di certo le misure dottrinali adottate dal Papa e la polemica crescente contro la setta in tutto il mondo cattolico per il momento hanno ottenuto il risultato di indurre i capi a fare deserto e silenzio attorno a loro: sono rientrati nella penombra segreta che prediligono, in attesa che si spengano i riflettori puntati su di loro, che si calmino le acque.

La nostra fede ci chiede invece di mantenere quei riflettori accesi, per aiutare il Pastore nella sua impegnativa opera di riportare luce e ordine nella Casa del Signore. Tale è la ragione fondante di questo spazio di discussione.
Arbiter
Vigiliamo e preghiamo!

martedì 10 luglio 2007

Il 29 Giugno è stato il giorno della Fede, e non di Kiko!

Ringrazio francesco.

Il documento della Dottrina Della Fede finalmente ribadisce, speriamo una volta per sempre, l'unicità della Chiesa e della Dottrina IMMUTABILE da lei professata!

Era il 29 giugno il giorno della firma del Documento! Invece della firma di un altro...

CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
RISPOSTE A QUESITI RIGUARDANTI ALCUNI ASPETTI
CIRCA LA DOTTRINA SULLA CHIESA


Introduzione
Il Concilio Vaticano II, con la Costituzione dogmatica Lumen gentium e con i Decreti sull'Ecumenismo (Unitatis redintegratio) e sulle Chiese orientali (Orientalium Ecclesiarum), ha contribuito in modo determinante ad una comprensione più profonda dell'ecclesiologia cattolica. Al riguardo anche i Sommi Pontefici hanno voluto offrire approfondimenti e orientamenti per la prassi: Paolo VI nella Lettera Enciclica Ecclesiam suam (1964) e Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Ut unum sint (1995).
Il conseguente impegno dei teologi, volto ad illustrare sempre meglio i diversi aspetti dell'ecclesiologia, ha dato luogo al fiorire di un'ampia letteratura in proposito. La tematica si è infatti rivelata di grande fecondità, ma talvolta ha anche avuto bisogno di puntualizzazioni e di richiami, come la Dichiarazione Mysterium Ecclesiae (1973), la Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica Communionis notio (1992) e la Dichiarazione Dominus Iesus (2000), tutte pubblicate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.
La vastità dell'argomento e la novità di molti temi continuano a provocare la riflessione teologica, offrendo sempre nuovi contributi non sempre immuni da interpretazioni errate che suscitano perplessità e dubbi, alcuni dei quali sono stati sottoposti all'attenzione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Essa, presupponendo l'insegnamento globale della dottrina cattolica sulla Chiesa, intende rispondervi precisando il significato autentico di talune espressioni ecclesiologiche magisteriali, che nel dibattito teologico rischiano di essere fraintese.
RISPOSTE AI QUESITI
Primo quesito: Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha forse cambiato la precedente dottrina sulla Chiesa ?
Risposta: Il Concilio Ecumenico Vaticano II né ha voluto cambiare né di fatto ha cambiato tale dottrina, ma ha voluto solo svilupparla, approfondirla ed esporla più ampiamente.
Proprio questo affermò con estrema chiarezza Giovanni XXIII all’inizio del Concilio1. Paolo VI lo ribadì2 e così si espresse nell’atto di promulgazione della Costituzione Lumen gentium: "E migliore commento sembra non potersi fare che dicendo che questa promulgazione nulla veramente cambia della dottrina tradizionale. Ciò che Cristo volle, vogliamo noi pure. Ciò che era, resta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò, noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò che era semplicemente vissuto, ora è espresso; ciò che era incerto, è chiarito; ciò che era meditato, discusso, e in parte controverso, ora giunge a serena formulazione"3. I Vescovi ripetutamente manifestarono e vollero attuare questa intenzione4.
Secondo quesito: Come deve essere intesa l’affermazione secondo cui la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica ?
Risposta: Cristo "ha costituito sulla terra" un’unica Chiesa e l’ha istituita come "comunità visibile e spirituale"5, che fin dalla sua origine e nel corso della storia sempre esiste ed esisterà, e nella quale soltanto sono rimasti e rimarranno tutti gli elementi da Cristo stesso istituiti6. "Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica […]. Questa Chiesa, in questo mondo costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui"7.
Nella Costituzione dogmatica Lumen gentium 8 la sussistenza è questa perenne continuità storica e la permanenza di tutti gli elementi istituiti da Cristo nella Chiesa cattolica8, nella quale concretamente si trova la Chiesa di Cristo su questa terra.
Secondo la dottrina cattolica, mentre si può rettamente affermare che la Chiesa di Cristo è presente e operante nelle Chiese e nelle Comunità ecclesiali non ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica grazie agli elementi di santificazione e di verità che sono presenti in esse9, la parola "sussiste", invece, può essere attribuita esclusivamente alla sola Chiesa cattolica, poiché si riferisce appunto alla nota dell’unità professata nei simboli della fede (Credo…la Chiesa "una"); e questa Chiesa "una" sussiste nella Chiesa cattolica10.
Terzo quesito: Perché viene adoperata l’espressione "sussiste nella" e non semplicemente la forma verbale "è" ?
Risposta: L’uso di questa espressione, che indica la piena identità della Chiesa di Cristo con la Chiesa cattolica, non cambia la dottrina sulla Chiesa; trova, tuttavia, la sua vera motivazione nel fatto che esprime più chiaramente come al di fuori della sua compagine si trovino "numerosi elementi di santificazione e di verità", "che in quanto doni propri della Chiesa di Cristo spingono all’unità cattolica"11.
"Perciò le stesse Chiese e Comunità separate, quantunque crediamo che hanno delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Infatti lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità, che è stata affidata alla Chiesa cattolica"12.
Quarto quesito: Perché il Concilio Ecumenico Vaticano II attribuisce il nome di "Chiese" alle Chiese orientali separate dalla piena comunione con la Chiesa cattolica ?
Risposta: Il Concilio ha voluto accettare l’uso tradizionale del nome. "Siccome poi quelle Chiese, quantunque separate, hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il Sacerdozio e l’Eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora uniti con noi da strettissimi vincoli"13, meritano il titolo di "Chiese particolari o locali"14, e sono chiamate Chiese sorelle delle Chiese particolari cattoliche15.
"Perciò per la celebrazione dell’Eucaristia del Signore in queste singole Chiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce"16. Siccome, però, la comunione con la Chiesa cattolica, il cui Capo visibile è il Vescovo di Roma e Successore di Pietro, non è un qualche complemento esterno alla Chiesa particolare, ma uno dei suoi principi costitutivi interni, la condizione di Chiesa particolare, di cui godono quelle venerabili Comunità cristiane, risente tuttavia di una carenza17.
D’altra parte l’universalità propria della Chiesa, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui, a causa della divisione dei cristiani, trova un ostacolo per la sua piena realizzazione nella storia18.
Quinto quesito: Perché i testi del Concilio e del Magistero successivo non attribuiscono il titolo di "Chiesa" alle Comunità cristiane nate dalla Riforma del 16° secolo ?
Risposta: Perché, secondo la dottrina cattolica, queste Comunità non hanno la successione apostolica nel sacramento dell’Ordine, e perciò sono prive di un elemento costitutivo essenziale dell’essere Chiesa. Le suddette Comunità ecclesiali, che, specialmente a causa della mancanza del sacerdozio ministeriale, non hanno conservato la genuina e integra sostanza del Mistero eucaristico19, non possono, secondo la dottrina cattolica, essere chiamate "Chiese" in senso proprio20.
Il Sommo Pontefice Benedetto XVI, nell’Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha approvato e confermato queste Risposte, decise nella sessione ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.
Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 29 giugno 2007, nella solennità dei Ss. Pietro e Paolo, Apostoli.
William Cardinale Levada Prefetto

1 GIOVANNI XXIII, Allocuzione dell’11 ottobre 1962: "…il Concilio…vuole trasmettere pura e integra la dottrina cattolica, senza attenuazioni o travisamenti…Ma nelle circostanze attuali il nostro dovere è che la dottrina cristiana nella sua interezza sia accolta da tutti con rinnovata, serena e tranquilla adesione…E’ necessario che lo spirito cristiano, cattolico e apostolico del mondo intero compia un balzo in avanti, che la medesima dottrina sia conosciuta in modo più ampio e approfondito…Bisogna che questa dottrina certa e immutabile, alla quale è dovuto ossequio fedele, sia esplorata ed esposta nella maniera che l’epoca nostra richiede. Altra è la sostanza del depositum fidei, o le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, ed altro è il modo in cui vengono enunciate, sempre tuttavia con lo stesso senso e significato" : AAS 54 [1962] 791; 792.
2 Cf. PAOLO VI, Allocuzione del 29 settembre 1963: AAS 55 [1963] 847-852.
3 PAOLO VI, Allocuzione del 21 novembre 1964: AAS 56 [1964] 1009-1010 (trad. it. in: L’Osservatore Romano, 22 novembre 1964, 3).
4 Il Concilio ha voluto esprimere l’identità della Chiesa di Cristo con la Chiesa Cattolica. Ciò si trova nelle discussioni sul Decreto Unitatis redintegratio. Lo Schema del Decreto fu proposto in Aula il 23. 9. 1964 con una Relatio (Act Syn III/II 296-344). Ai modi inviati dai vescovi nei mesi seguenti il Segretariato per l’Unità dei Cristiani risponde il 10.11.1964 (Act Syn III/VII 11-49). Da questa Expensio modorum si riportano quattro testi concernenti la prima risposta.
A) [In Nr. 1 (Prooemium) Schema Decreti: Act Syn III/II 296, 3-6]
"Pag. 5, lin. 3-6: Videtur etiam Ecclesiam catholicam inter illas Communiones comprehendi, quod falsum esset.
R(espondetur): Hic tantum factum, prout ab omnibus conspicitur, describendum est. Postea clare affirmatur solam Ecclesiam catholicam esse veram Ecclesiam Christi" (Act Syn III/VII 12).
B) [In Caput I in genere: Act Syn III/II 297-301]
"4 - Expressius dicatur unam solam esse veram Ecclesiam Christi; hanc esse Catholicam Apostolicam Romanam; omnes debere inquirere, ut eam cognoscant et ingrediantur ad salutem obtinendam...
R(espondetur): In toto textu sufficienter effertur, quod postulatur. Ex altera parte non est tacendum etiam in aliis communitatibus christianis inveniri veritates revelatas et elementa ecclesialia"( Act Syn III/VII 15). Cf. anche ibidem punto 5.
C) [In Caput I in genere: Act Syn III/II 296s]
"5 - Clarius dicendum esset veram Ecclesiam esse solam Ecclesiam catholicam romanam...
R(espondetur): Textus supponit doctrinam in constitutione ‘De Ecclesia’ expositam, ut pag. 5, lin. 24-25 affirmatur" (Act Syn III/VII 15). Quindi la commissione che doveva valutare gli emendamenti al Decreto Unitatis redintegratio esprime con chiarezza l’identità della Chiesa di Cristo e della Chiesa cattolica e la sua unicità, e vede questa dottrina fondata nella Costituzione dogmatica Lumen gentium.
D) [In Nr. 2 Schema Decreti: Act Syn III/II 297s]
"Pag. 6, lin. 1- 24: Clarius exprimatur unicitas Ecclesiae. Non sufficit inculcare, ut in textu fit, unitatem Ecclesiae.
R(espondetur): a) Ex toto textu clare apparet identificatio Ecclesiae Christi cum Ecclesia catholica, quamvis, ut oportet, efferantur elementa ecclesialia aliarum communitatum".
"Pag. 7, lin. 5: Ecclesia a successoribus Apostolorum cum Petri successore capite gubernata (cf. novum textum ad pag. 6, lin.33-34) explicite dicitur ‘unicus Dei grex’ et lin. 13 ‘una et unica Dei Ecclesia’ " (Act Syn III/VII).
Le due espressioni citate sono quelle di Unitatis redintegratio 2.5 e 3.1.
5 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium, 8.1.
6 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 3.2; 3.4; 3.5; 4.6.
7 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium, 8.2.
8 Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dich. Mysterium Ecclesiae, 1.1: AAS 65 [1973] 397; Dich. Dominus Iesus, 16.3: AAS 92 [2000-II] 757-758; Notificazione sul libro di P. Leonardo Boff, OFM, "Chiesa: carisma e potere": AAS 77 [1985] 758-759.
9 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Ut unum sint, 11.3: AAS 87 [1995-II] 928.
10 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium, 8.2.
11 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium, 8.2.
12 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 3.4.
13 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 15.3; cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lett. Communionis notio, 17.2: AAS, 85 [1993-II] 848.
14 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 14.1.
15 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 14.1; GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Ut unum sint, 56 s : AAS 87 [1995-II] 954 s.
16 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 15.1.
17 Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lett. Communionis notio, 17.3: AAS 85 [1993-II] 849.
18 Cf. ibid.
19 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 22.3.
20 Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dich. Dominus Iesus, 17.2: AAS 92 [2000-II] 758.

sabato 7 luglio 2007

GRAZIE SANTO PADRE! GRAZIE BENEDETTO XVI!

Fratelli carissimi! Pubblichiamo per intero il Motu Proprio Summorum Pontificum.

Oggi in particolare il Santo Padre ha permesso alla Fede Cattolica di splendere in tutta la sua lucentezza! Grazie Santo Padre! Non ci abbandoni mai!
..Ora impegniamoci per risolvere i problemi creati dalle altre deformazioni del post-concilio. Santo Padre! Ci guidi lei! Nostro Pietro!
Sia Lodato e Ringraziato Dio e la Beata Vergine Madre per il dono di Benedetto XVI!

Motu Proprio Summorum Pontificum

"I Sommi Pontefici fino ai nostri giorni ebbero costantemente cura che la Chiesa di Cristo offrisse alla Divina Maestà un culto degno, 'a lode e gloria del Suo nome' ed 'ad utilità di tutta la sua Santa Chiesa'".

"Da tempo immemorabile, come anche per l'avvenire, è necessario mantenere il principio secondo il quale 'ogni Chiesa particolare deve concordare con la Chiesa universale, non solo quanto alla dottrina della fede e ai segni sacramentali, ma anche quanto agli usi universalmente accettati dalla ininterrotta tradizione apostolica, che devono essere osservati non solo per evitare errori, ma anche per trasmettere l'integrità della fede, perché la legge della preghiera della Chiesa corrisponde alla sua legge di fede' (1)".
"Tra i Pontefici che ebbero tale doverosa cura eccelle il nome di San Gregorio Magno, il quale si adoperò perché ai nuovi popoli dell'Europa si trasmettesse sia la fede cattolica che i tesori del culto e della cultura accumulati dai Romani nei secoli precedenti. Egli comandò che fosse definita e conservata la forma della sacra Liturgia, riguardante sia il Sacrificio della Messa sia l'Ufficio Divino, nel modo in cui si celebrava nell'Urbe. Promosse con massima cura la diffusione dei monaci e delle monache, che operando sotto la regola di San Benedetto, dovunque unitamente all'annuncio del Vangelo illustrarono con la loro vita la salutare massima della Regola: 'Nulla venga preposto all'opera di Dio' (cap. 43). In tal modo la sacra Liturgia celebrata secondo l'uso romano arricchì non solo la fede e la pietà, ma anche la cultura di molte popolazioni. Consta infatti che la liturgia latina della Chiesa nelle varie sue forme, in ogni secolo dell'età cristiana, ha spronato nella vita spirituale numerosi Santi e ha rafforzato tanti popoli nella virtù di religione e ha fecondato la loro pietà".
"Molti altri Romani Pontefici, nel corso dei secoli, mostrarono particolare sollecitudine a che la sacra Liturgia espletasse in modo più efficace questo compito: tra essi spicca S. Pio V, il quale sorretto da grande zelo pastorale, a seguito dell'esortazione del Concilio di Trento, rinnovò tutto il culto della Chiesa, curò l'edizione dei libri liturgici, emendati e 'rinnovati secondo la norma dei Padri' e li diede in uso alla Chiesa latina".
"Tra i libri liturgici del Rito romano risalta il Messale Romano, che si sviluppò nella città di Roma, e col passare dei secoli a poco a poco prese forme che hanno grande somiglianza con quella vigente nei tempi più recenti".
"Fu questo il medesimo obbiettivo che seguirono i Romani Pontefici nel corso dei secoli seguenti assicurando l'aggiornamento o definendo i riti e i libri liturgici, e poi, all'inizio di questo secolo, intraprendendo una riforma generale' (2). Così agirono i nostri Predecessori Clemente VIII, Urbano VIII, San Pio X (3), Benedetto XV, Pio XII e il Beato Giovanni XXIII".
"Nei tempi più recenti, il Concilio Vaticano II espresse il desiderio che la dovuta rispettosa riverenza nei confronti del culto divino venisse ancora rinnovata e fosse adattata alle necessità della nostra età. Mosso da questo desiderio, il nostro Predecessore, il Sommo Pontefice Paolo VI, nel 1970 per la Chiesa latina approvò i libri liturgici riformati e in parte rinnovati. Essi, tradotti nelle varie lingue del mondo, di buon grado furono accolti da Vescovi, sacerdoti e fedeli. Giovanni Paolo II rivide la terza edizione tipica del Messale Romano. Così i Romani Pontefici hanno operato 'perché questa sorta di edificio liturgico [...] apparisse nuovamente splendido per dignità e armonia'" (4).

"Ma in talune regioni non pochi fedeli aderirono e continuano ad aderire con tanto amore ed affetto alle antecedenti forme liturgiche, le quali avevano imbevuto così profondamente la loro cultura e il loro spirito, che il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, mosso dalla cura pastorale nei confronti di questi fedeli, nell'anno 1984 con lo speciale indulto 'Quattuor abhinc annos', emesso dalla Congregazione per il Culto Divino, concesse la facoltà di usare il Messale Romano edito dal Beato Giovanni XXIII nell'anno 1962; nell'anno 1988 poi Giovanni Paolo II di nuovo con la Lettera Apostolica 'Ecclesia Dei', data in forma di Motu proprio, esortò i Vescovi ad usare largamente e generosamente tale facoltà in favore di tutti i fedeli che lo richiedessero".
"A seguito delle insistenti preghiere di questi fedeli, a lungo soppesate già dal Nostro Predecessore Giovanni Paolo II, e dopo aver ascoltato Noi stessi i Padri Cardinali nel Concistoro tenuto il 22 marzo 2006, avendo riflettuto approfonditamente su ogni aspetto della questione, dopo aver invocato lo Spirito Santo e contando sull'aiuto di Dio, con la presente Lettera Apostolica stabiliamo quanto segue:

"Art. 1. Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della 'lex orandi' ('legge della preghiera') della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia il Messale Romano promulgato da San Pio V e nuovamente edito dal Beato Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa 'lex orandi' e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della 'lex orandi' della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella 'lex credendi' ('legge della fede') della Chiesa; sono infatti due usi dell'unico rito romano".
"Perciò è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l'edizione tipica del Messale Romano promulgato dal Beato Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa. Le condizioni per l'uso di questo Messale stabilite dai documenti anteriori 'Quattuor abhinc anno' e 'Ecclesia Dei', vengono sostituite come segue:
"Art. 2. Nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare sia religioso, può usare o il Messale Romano edito dal Beato Papa Giovanni XXIII nel 1962, oppure il Messale Romano promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970, e ciò in qualsiasi giorno, eccettuato il Triduo Sacro. Per tale celebrazione secondo l'uno o l'altro Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso, né della Sede Apostolica, né del suo Ordinario".
"Art. 3. Le comunità degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, di diritto sia pontificio sia diocesano, che nella celebrazione conventuale o 'comunitaria' nei propri oratori desiderano celebrare la Santa Messa secondo l'edizione del Messale Romano promulgato nel 1962, possono farlo. Se una singola comunità o un intero Istituto o Società vuole compiere tali celebrazioni spesso o abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti particolari".
"Art. 4. Alle celebrazioni della Santa Messa di cui sopra all'art. 2, possono essere ammessi - osservate le norme del diritto - anche i fedeli che lo chiedessero di loro spontanea volontà".
"Art. 5. § 1. Nelle parrocchie, in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962. Provveda a che il bene di questi fedeli si armonizzi con la cura pastorale ordinaria della parrocchia, sotto la guida del Vescovo a norma del canone 392, evitando la discordia e favorendo l'unità di tutta la Chiesa".
§ 2. La celebrazione secondo il Messale del Beato Giovanni XXIII può aver luogo nei giorni feriali; nelle domeniche e nelle festività si può anche avere una celebrazione di tal genere.
§ 3. Per i fedeli e i sacerdoti che lo chiedono, il parroco permetta le celebrazioni in questa forma straordinaria anche in circostanze particolari, come matrimoni, esequie o celebrazioni occasionali, ad esempio pellegrinaggi.
§ 4. I sacerdoti che usano il Messale del Beato Giovanni XXIII devono essere idonei e non giuridicamente impediti.
§ 5. Nelle chiese che non sono parrocchiali né conventuali, è compito del Rettore della chiesa concedere la licenza di cui sopra".
"Art. 6. Nelle Messe celebrate con il popolo secondo il Messale del Beato Giovanni XXIII, le letture possono essere proclamate anche nella lingua vernacola, usando le edizioni riconosciute dalla Sede Apostolica".
"Art. 7. Se un gruppo di fedeli laici fra quelli di cui all'art. 5 § 1 non abbia ottenuto soddisfazione alle sue richieste da parte del parroco, ne informi il Vescovo diocesano. Il Vescovo è vivamente pregato di esaudire il loro desiderio. Se egli non può provvedere per tale celebrazione, la cosa venga riferita alla Commissione Pontificia 'Ecclesia Dei'".
"Art. 8. Il Vescovo, che desidera rispondere a tali richieste di fedeli laici, ma per varie cause è impedito di farlo, può riferire la questione alla Commissione 'Ecclesia Dei', perché gli offra consiglio e aiuto".
"Art. 9 § 1. Il parroco, dopo aver considerato tutto attentamente, può anche concedere la licenza di usare il rituale più antico nell'amministrazione dei sacramenti del Battesimo, del Matrimonio, della Penitenza e dell'Unzione degli infermi, se questo consiglia il bene delle anime.
§ 2. Agli Ordinari viene concessa la facoltà di celebrare il sacramento della Confermazione usando il precedente antico Pontificale Romano, qualora questo consigli il bene delle anime.
§ 3. Ai chierici costituiti 'in sacris' è lecito usare il Breviario Romano promulgato dal Beato Giovanni XXIII nel 1962".
"Art. 10. l'Ordinario del luogo, se lo riterrà opportuno, potrà erigere una parrocchia personale a norma del canone 518 per le celebrazioni secondo la forma più antica del rito romano, o nominare un cappellano, osservate le norme del diritto".
"Art. 11. La Pontificia Commissione 'Ecclesia Dei', eretta da Giovanni Paolo II nel 1988 (5), continua ad esercitare il suo compito.
Tale Commissione abbia la forma, i compiti e le norme, che il Romano Pontefice le vorrà attribuire".
"Art. 12. La stessa Commissione, oltre alle facoltà di cui già gode, eserciterà l'autorità della Santa Sede vigilando sulla osservanza e l'applicazione di queste disposizioni".
"Tutto ciò che da Noi è stato stabilito con questa Lettera Apostolica data a modo di Motu proprio, ordiniamo che sia considerato come 'stabilito e decretato' e da osservare dal giorno 14 settembre di quest'anno, festa dell'Esaltazione della Santa Croce, nonostante tutto ciò che possa esservi in contrario".

"Dato a Roma, presso San Pietro, il 7 luglio 2007, anno terzo del nostro Pontificato".


Note:
(1) Ordinamento generale del Messale Romano, 3a ed., 2002, n. 397.
(2) Giovanni Paolo II, Lett. Ap. 'Vicesimus quintus annus', 4 dicembre 1988, 3: AAS 81 (1989), 899.
(3) Ibid.
(4) San Pio X, Lett. Ap., Motu proprio data, 'Abhinc duos annos', 23 ottobre 1913: AAS 5 (1913), 449-450; cfr. Giovanni Paolo II, Lett. Ap. 'Vicesimus quintus annus', n. 3: AAS 81 (1989), 899.
(5) Cfr Joannes Paulus II, Lett. ap. Motu proprio data 'Ecclesia Dei', 2 luglio 1988, 6: AAS 80 (1988), 1498.

BXVI-MP/.../SUMMORUM PONTIFICUM VIS 070707 (1790

giovedì 5 luglio 2007

In attesa di notizie sullo Statuto NC...

Il momento è opportuno per aggiungere altre riflessioni, ma in attesa di conferme o smentite mi esprimerò ancora al condizionale.
Nell'ipotesi malaugurata che lo statuto fosse stato realmente approvato, è vero che esso costituirebbe uno strumento per vincolare il Cammino a regole comportamentali certe. Ed è altresì vero che il suo contenuto rispecchierebbe fedelmente il clima in cui esso fosse stato formulato: la preoccupazione del Papa di emanare comunque una piattaforma regolamentare per il movimento, i punti specifici particolarmente curati, i compromessi scaturiti dal braccio di ferro tra le gerarchie pro e contro il Cammino.
Ma è altrettanto indubbio che la sua stessa approvazione, al di là dei contenuti, costituirebbe la legittimazione che il Cammino andava cercando ed una sconfitta per chi vi si oppone. Inutile negarlo o minimizzarlo.
Una sconfitta che non sarebbe solo della piccola parte di credenti che si affaccia su questo blog. La sconfitta sarebbe di un intero mondo cattolico, legato alla tradizione, alla sacralità delle verità di fede, dei simboli, dei rituali consolidati e delle prassi liturgiche. Sarebbe una sconfitta della gran parte della Chiesa e del popolo dei credenti, che ha molto sofferto eresie, stravolgimenti, eversioni, separazioni, divisioni e prevaricazioni di ogni genere a causa del Cammino neocatecumenale. Questo, prima o poi, finiranno per capirlo anche quei neocatecumenali più ragionevoli ed in buona fede.
Stante la situazione complessiva del Cammino, la mole articolata e complessa delle difformità e aberrazioni, meglio sarebbe stato di non accogliere un tale fattore destabilizzante dentro la Chiesa. Se non la scomunica, un prudente congelamento all'esterno e al di fuori dell'organizzazione ecclesiale avrebbe costituito una ragionevole prevenzione.
Occorre ribadirlo ancora. La natura stessa del movimento, dei suoi capi, delle teorizzazioni predicate e delle metodologie seguite costituiscono una oggettiva messa in pericolo della stabilità organizzativa della Chiesa, per gli stravolgimenti radicali in ogni àmbito, dai dogmi alla liturgia, alle prassi, ai ruoli stessi dei ministri, con addirittura la messa in discussione della loro fedeltà alla stessa Chiesa.
La pericolosità congenita del Cammino neocatecumenale, per gli aspetti complessi innanzi richiamati, lo pone in una condizione del tutto particolare e straordinaria rispetto a tutti gli altri movimenti ecclesiali. Ne sono più che mai convinto.
Non vi sono alternative quando si ritrovano da un lato un piromane e dall'altro un fienile, da un lato un lupo e dall'altro un gregge, da un lato un batterio epidemico e dall'altro un nido d'infanzia. La saggezza antica ci dice di tenere lontano il piromane dal fienile, il lupo dal gregge, il batterio dai neonati. Poi, si possono anche fare tutte le valutazioni complicate di politica ecclesiastica, di opportunismi tattici e convenienze strategiche. Ma è chiaro che contravvengono a quella elementare saggezza, corroborata dagli insegnamenti delle Scritture.
A riconferma di ciò, dopo le sette principali aberrazioni del Cammino, mi propongo di evidenziare in un prossimo intervento le principali virtù da esso disattese o violate.

Arbiter

domenica 1 luglio 2007

Dopo Verona


Inserisco questa nuova pagina al buio, sperando di risolvere la situazione:
Due passaggi dalla nota pastorale della CEI dopo Verona:
Alla pastorale si chiede un rinnovamento per “l’approfondimento della comunione e del senso di appartenenza ecclesiale, con gli spazi di corresponsabilità che ne derivano e che riguardano a pieno titolo anche i laici, con l’urgenza di una nuova stagione formativa”.
In conclusione la Nota invita a percorrere “con coraggio” la strada dell’integrazione pastorale fra i diversi soggetti ecclesiali, “una pastorale integrata” per “dare nuovo valore alla vocazione laicale”, “la convergenza tra le aggregazioni” per “una nuova proposta vocazionale”.

Non sembrano emergere né l'elitarismo né l'esclusiva neocatecumenale per la formazione e l'evangelizzazione...

Nel frattempo dobbiamo dire che i neocatecumenali "AVEVANO" lo Statuto; per di più, non solo quello Statuto è nato monco, ma è MORTO altrettanto monco...

Assordante silenzio neocat sulla faccenda (segnideitempi e camineo.info fanno finta di niente)...

Magari stanno aspettando novità questa settimana. Intanto da oggi i neocat sono SENZA STATUTO."